MUBARAK VUOLE MORIRE IN EGITTO

Hosni Mubarak, presidente d’Egitto per oltre trent’anni, è oramai un leone ferito e come tutti i leoni, quando sentono che l’ora della fine è vicina, sfuggono alla vista degli altri, così il rais ha deciso di trascorrere nell’isolamento le giornate seguite alla caduta del suo regime.

Da quando ha lasciato Il Cairo, Mubarak si trova nella sua residenza di Sharm-el-Sheik e pare non abbia alcuna intenzione di abbandonare il suo esilio volontario. Le sue condizioni di salute si sarebbero aggravate, tanto da consigliare alla moglie Susan e al figlio Gamal un improvviso rientro in Egitto da Londra. Finora Mubarak, 82 anni, ha trascorso le sue giornate nella villa sul Mar Rosso assistito dall’altro figlio, Alaa.

Sarebbe sua ferma intenzione concludere i suoi giorni nella terra natia, contro il parere anche dell’equipe medica che si prende cura di lui, propensa invece a un suo ricovero presso una clinica viennese. Per ora l’ex presidente rifiuta qualunque ipotesi di trasferimento, e ha declinato anche l’offerta di ospitalità proveniente dalla vicina Arabia Saudita:

«In sostanza, ha detto che vuole morire a Sharm», ha riferito il funzionario saudita che ha formalizzato l’invito di espatrio respinto.

L’atteggiamento di chiusura rispetto alle pressioni esterne, avrebbe fatto anche un’altra vittima illustre: un tentativo di colloquio telefonico posto in essere dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si sarebbe concluso con un rifiuto immotivato a conversare.

L’assenza di tangibili segni del suo stato effettivo di salute, alimenta il giallo sulla vicenda: un quotidiano locale ha avanzato l’ipotesi che il rais sia in coma, mentre secondo altre indiscrezioni si troverebbe in Germania, dove già in passato è stato sottoposto a intervento chirurgico per un tumore al pancreas. Voci comunque smentite dai familiari.

I DISORDINI DI PIAZZA TAHRIR IN UNA SPLENDIDA ANIMAZIONE

Per meglio capire il dove e il quando si sono svolti i disordini de Il Cairo, basta guardare con calma l’animazione di Piazza Taharir e dintorni realizzata dal New York Times

Cliccando sulla scritta NEXT in alto a sinistra, si da il via a differenti animazioni e panoramiche sul teatro degli scontri dei giorni caldi!

Al di sotto della mappa le foto relative alla schermata in corso

Insomma, un utilissimo strumento rivolto a chi vuole visualizzare meglio il luogo che diventerà fondamentale nella storia dell’Egitto: 6 mappe che si snodano nei 18 giorni della protesta

Ecco il link alla mappa

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Per chi è ferrato in inglese, anche il sito della BBC offre una vasta raccolta di filmati sugli scontri e sui momenti chiave delle sommosse! Divise per settimana, delle immagini riprendono i punti fondamentali delle proteste. Cliccando le immagini si apriranno dei filmati (purtroppo in inglese) con i quali ripercorrere i momenti fondamentali della rivoluzione egiziana.
Ha il pregio in particolare di non limitarsi solo al Cairo ma di offrire un panorama delle altre zone dell’Egitto dove sono avvenuti scontri e proteste (che ci ricorda che l’Egitto è un paese molto grande). LINK AL SITO BBC

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L’EGITTO E’ IN RICOSTRUZIONE E IL SITO DEL PRESIDENTE PURE!!!

Ai cambiamenti politici in Egitto seguono inevitabilmente quelli sul web. Chi raggiunge il sito ufficiale della presidenza egizia (http://www.presidency.gov.eg/) attualmente si trova di fronte questa emblematica schermata che riassume, con una grafica scarna, gli effetti della recente protesta. Sotto la scritta “The Egyptian Presidency” e l’immagine animata della bandiera dell’Egitto campeggia in rosso una frase eloquente: “Il sito è in via di sviluppo e di ricostruzione”. Esattamente come il paese che si è appena liberato dell’ex presidente Mubarak.Fino a pochi giorni fa il sito ospitava un profilo del presidente, notizie sulla presidenza e sulle residenze presidenziali e permetteva l’ascolto dell’inno nazionale.

TRA SCIOPERI E PROTESTE L’EGITTO RIPRENDE IL SUO CAMMINO

di Alberto Negri per Il sole 24 ORE

I berretti rossi della Guardia Repubblicana si guardano intorno soddisfatti, in mezz’ora di parapiglia hanno ripulito piazza Tahrir dagli irriducibili. Sui muri restano striscioni con le foto dei martiri e le auto sono pronte a impadronirsi di nuovo della piazza. Ma il ritorno all’ordine dura poco. Le banche sono chiuse per gli scioperi, la Borsa è sbarrata fino a domenica, il turismo è affondato: l’Egitto è in ebollizione.

I giovanotti della polizia militare vengono sommersi dai lavoratori dello sport in agitazione, poi tocca ai poliziotti che chiedono l’immunità per le antiche e recenti malefatte ma pure immancabili aumenti di paga; quindi è la volta dei dipendenti della Bank of Alexandria, furibondi perché rischiano il posto; infine scendono in campo le guide delle piramidi, rimaste senza lavoro in alta stagione. I berretti rossi, esausti e grondanti, si fanno da parte. Per poi ricominciare, sparando raffiche di mitra in aria nel tentativo di disperdere la folla: gli scontri nella notte si fanno duri e si sente l’ululato delle sirene.

Il nuovo Egitto ricomincia dove era finito quello di Mubarak, con ondate di scioperi che sfidano l’ordine imposto dai militari e dall’uomo forte del momento, Mohammed Tantawi, ottantenne ministro della difesa, capo del consiglio supremo e presidente di fatto. «Nobili egiziani non manifestate più, tornate casa» è l’appello dei militari. Ma i nobili egiziani restano in strada, a gola spiegata, mentre scendono in piazza anche in Iran e in mezzo Medio Oriente, risvegliando l’attenzione di pensosi esperti che ignoravano un mondo in cambiamento, aggrappati a griglie di lettura antiquate.

Attraverso la città con Tarek Niazi, manager cinquantenne che dirige l’azienda di famiglia, l’acciaieria Al Zhara, partner dell’italiana Danieli. Anche lui protesta. Tarek racconta la sua storia mentre siamo imprigionati in un ingorgo nel tunnel dell’Opera. I lavoratori hanno bloccato l’uscita.

«Guadagno 300 lire al mese (45 euro ndr), solo con contratti a termine e da undici anni non ci pagano l’assicurazione medica», urla un operaio nel finestrino. Non solo i salari sono bassi – spiega Tarek – ma gli operai vengono assunti e licenziati di continuo da due entità diverse, il governatorato del Cairo e l’autorità per i tunnel, quindi non sanno mai a chi chiedere gli arretrati».

La bestia nera di Tarek Niazi è Ahmed Ezz, monopolista dell’acciaio e socio di Gamal Mubarak: «La nostra è la più antica fabbrica siderurgica di Alessandria, con Ezz, smaccatamente favorito, abbiamo rischiato di chiudere. Lui avrebbe mai potuto fare soldi senza le tangenti versate alla famiglia Mubarak».

La corruzione infiamma le proteste quasi quanto le questioni salariali. È un paese che dopo 30 anni di silenzio apre i suoi Cahier de doléances. Il clan dei Mubarak è ovviamente nel mirino. Il giallo sulle condizioni di salute del presidente, che si trova nella sua villa di Sharm el Sheikh – secondo alcune fonti in coma – non solleva più di tanto l’interesse degli egiziani più incuriositi dal patrimonio accumulato dai Mubarak.

Mentre si esita a colpire i conti esteri della famiglia, affiorano vicende sempre meno edificanti. Samir Zaher, fratello di Suzanne Mubarak e presidente della lega calcio, ha intascato tangenti per 14 miliardi di lire con la vendita di terreni statali sul Mar Rosso a immobiliaristi russi: un annoso faldone giudiziario, tenuto ben nascosto al tribunale del Cairo, riemerso ieri dalla polvere. Suzanne Mubarak, sua sponsor, amava presentarsi come una signora dedita alle cause umanitarie, partecipando a tutte le conferenze Onu più politicamente corrette ed evanescenti: è anche così che si legittimano dittature e pessimi governi.

Un tremebondo primo ministro, Ahmed Shafiq, generale ultrasettantenne, ha assicurato che nulla cambierà nella politica economica. Shafik in realtà deve fronteggiare una portentosa fuga di capitali e vuole rassicurare le classi medio-alte che l’aliquota fiscale massima resti ferma al 20% dell’imponibile, una tassazione da paradiso fiscale in un paese dove la dichiarazione dei redditi è un fastidioso optional. A parte le forze armate, lo stato egiziano ha fondamenta friabili come la sabbia. Le agitazioni stanno costando il posto a diversi dirigenti incapaci. Ieri è toccato al presidente della Egyptair, Alaa Ashun, protetto di Mubarak.

Nei giornali e alla tv di stato stanno buttando fuori direttori e manager: per salvarli dal linciaggio è intervenuto l’esercito. Il quotidiano Al Ahram è uscito con questo titolo: «Chiediamo scusa ai lettori per avere raccontato bugie per 30 anni». Mohammed Sabrin, il direttore, appare contrito. Si diffonde in lodi sulla stampa occidentale. «Voi in Italia – dice guardandomi negli occhi – non potete capire cosa fosse qui la censura». E mi congeda con gentilezza, infilandomi sotto il braccio una copia del nuovo Al Ahram per scacciare i cattivi pensieri.

APPUNTAMENTO A FAENZA

“Il Faraone: uomo o divinità?” è il titolo della conferenza in programma giovedì 17 febbraio 2011, alle ore 20.45, nella sala polivalente del rione Giallo (via Bondiolo, 85).

Alla serata, organizzata dal rione Giallo, interverrà l’egittologo Flavio Merletti. Merletti cercherà di approfondire uno degli aspetti più controversi e importanti della storia dell’antico Egitto, quello della natura della regalità egiziana: il Faraone era una divinità o un essere umano?

Nel corso della conferenza saranno inoltre proiettate numerose diapositive.