INVESTIRE IN UN IMMOBILE ADESSO IN EGITTO??

Il mercato delle case vacanza sul Mar Rosso sta attraversando una fase di pesante incertezza, legata alle manifestazioni contro il governo egiziano e alle incognite della transizione verso una leadership post-Mubarack che si è dimesso. Cantieri chiusi, mercato fermo, a partire da quello degli affitti, danno il polso di una situazione precipitata in pochi giorni e ancora molto fluida.
Scontri e proteste hanno come epicentro il Cairo, con ricadute su Alessandria, Suez e Luxor, mentre le notizie che arrivano da Sharm El Sheikh parlano di una situazione complessivamente sotto controllo, anche se non vanno dimenticati il coprifuoco, i militari dell’esercito egiziano con carri armati dislocati lungo le strade e, soprattutto nei primi giorni di scontri, collegamenti telefonici a singhiozzo e rete internet semi-bloccata. Qualche episodio di disordine registrato a Hurghada e la situazione sotto controllo, ma surreale, a Marsa Alam completano il quadro delle altre due mete di grande richiamo sulla costa Sud del Mar Rosso, ora completamente svuotate di turisti.
La Farnesina, già dai primi giorni di scontri, ha sconsigliato, così come hanno fatto molti altri Paesi, la partenza di turisti verso tutte le mete egiziane, coordinando il rientro in patria dei connazionali. Ovvia la preoccupazione di Roberto Corbella, presidente dell’Astoi, l’associazione che raccoglie i tour operator italiani: «Il braccio di ferro in essere nel Paese sta costando ai nostri operatori turistici alcuni milioni di euro di perdite di spese aggiuntive per i voli di rientro, a cui vanno aggiunte le mancate vendite di nuove prenotazioni di pacchetti vacanza». Solo dall’Italia ogni anno partono per l’Egitto un milione di turisti, di cui circa 800mila scelgono come destinazione il Mar Rosso, con soggiorni di uno-due settimane per lo più in strutture alberghiere e resort all inclusive. Ma anche in appartamenti e ville in affitto, andando così ad alimentare il mercato delle locazioni e il business di chi ha comprato qui un immobile da mettere a reddito, con l’allettante prospettiva di rendimenti netti tra il 6 e il 7% l’anno.

È questa la prima conseguenza certa della crisi politica sull’immobiliare del Mar Rosso: al mancato guadagno dei tour operator bisogna aggiungere quello dei proprietari che hanno comprato residenze di varie pezzature (dai 40 ad oltre 200 mq) sia per passarci un paio di settimane all’anno in vacanza, sia da affittare ai turisti, affidando la gestione e la manutenzione degli immobili a società locali. A scegliere un soggiorno in affitto, più autonomo ed economico rispetto alla classica settimana in villaggio, sono soprattutto tedeschi, australiani e francesi. Per una settimana di soggiorno sono disposti a pagare dai 200 ai 450 euro per un bilocale e salire a 300-550 euro per un trilocale. Le tariffe da alta stagione si pagano nei mesi estivi (da giugno ad agosto) e durante il periodo delle feste natalizie, lasciando i prezzi più bassi per il resto dell’anno. Le ville e i blocchi di appartamenti hanno spesso e volentieri un’impronta araba, ma non mancano i comfort richiesti da una clientela internazionale, come il giardino, la piscina privata, l’affaccio sulla spiaggia o su un campo di golf, la vicinanza con una marina turistica dotata di negozietti, bar, ristoranti, spa, casinò e altri divertimenti. Alle spalle il deserto e di fronte la costa con una barriera corallina considerata, soprattutto nella parte più a sud verso Berenice, tra le meglio conservate a livello internazionale e per questo meta preferita degli appassionati di immersioni. Se il danno sul fronte degli affitti è già evidente, più difficile capire in che acque navigheranno le compravendite nelle prossime settimane. Racconta Roberto Melchiorri, responsabile per Immoworld della vendita di svariati complessi residenziali tra Marsa Alam e Hurghada: «A Natale abbiamo portato sul Mar Rosso una cinquantina di clienti interessati ad acquistare, ora sono alla finestra in attesa di vedere cosa accadrà, mentre chi negli scorsi anni ha già comprato chiama per sapere cosa sta succedendo. Rispondo che il mercato resterà fermo per un mese, il tempo per un passaggio di consegne da Mubarak al suo successore e poi tutto tornerà come prima». Tutto bloccato dunque, sperando che la questione politica si risolva in fretta. Ma come si muoveva la piazza dell’immobiliare turistico prima dell’inizio della crisi? A fare il punto è Gianluca Santacatterina, Chief executive officer di Luxury & tourism, specializzata in vendita di immobili all’estero (Mar Rosso, Santo Domingo, Miami): «Negli ultimi 3-4 anni le quotazioni delle case sono aumentate, senza picchi importanti, ma comunque sempre salite. Difficile trovare altrove un prodotto così valido come quello egiziano: sole tutto l’anno, buon rapporto qualità/prezzo delle abitazioni che difficilmente superano i 2mila dollari al mq. Sono in contatto con i maggiori costruttori locali che operano in zona, che dicono di aver sottovalutato la protesta, che si sta rivelando più seria di quanto si aspettassero: per ora hanno fermato i canteri aspettando di tornare al lavoro».

Il mio modestissimo parere è che sarebbe il momento di comperare!
Nessuno ha la palla di cristallo, ma comperare in questi giorni o tra qualche settimana, potrebbe consentire di avere prezzi che fino ad un mese fa non erano neppure presi in considerazione dai costruttori che avevano dei buoni se non ottimi margini!
Certo, c’è il rischio di perdere l’investimento, ma a mio parere il gioco vale la candela! Io ad esempio sto personalmente trattando l’acquisto di un locale che mi è stato proposto a un terzo di quello che mi era stato proposto un mese e mezzo fa!!!

IL RELITTO DEL THISTLEGORM

Tempo fa ho fatto due post che ritengo molto carini sul più famoso relitto del Mar Rosso e su quello che è considerato forse il più bel relitto al mondo, il Thistlegorm!

Vi metto qui sotto i link per rileggere quella storia o per leggerla se vi fosse sfuggita.

THISTLEGORM parte prima

THISTLEGORM parte seconda

Nel frattempo godetevi l’ennesima prodezza di Denis Zorzin!

ANCHE QUESTO PURTROPPO E’ EGITTO

La notizia è di qualche tempo fa, ma le cose sicuramente non sono cambiate!

Il kit per simulare la rottura dell’imene scatena l’ira dei religiosi egiziani.
E’ un piccolo sex toy che simula la verginità, o meglio fa fuoriuscire un liquido rosso simile al sangue che, in teoria, si dovrebbe essere il primo rapporto sessuale. Costa 15 dollari e, inserito in vagina, truffa i mariti tradizionalisti.

In Egitto Abdul Mouti Bayaoumi, imam conservatore ha lanciato una fatwa proprio contro il kit della verginità che permette di aggirare la regola del lenzuolo sporco di sangue dopo la rottura dell’imene durante la famosa prima notte di nozze.

«Diffonde solo il vizio nella società. Mette in pericolo ogni deterrente morale alla fornicazione, che è un crimine e uno dei peccati capitali dell’Islam» sentenzia il religioso. Ormai la lotta contro il prodotto si è spostata dalle moschee al parlamento, sono stati tanti i politici che hanno chiesto il divieto di importazione. Il divieto però non riguarda un’altra pratica molto diffusa in Egitto e non solo, per simulare la verginità: cioè la ricostruzione chirurgica dell’imene.

e ancora, ecco la situazione in Belgio!!!! e dico in Belgio, figuriamoci nei paesi arabi!!

In Belgio un numero crescente di donne chiede di poter riavere la verginità attraverso la ricostruzione chirurgica dell’imene. Si tratta soprattutto di magrhebine e turche, quasi sempre di fede musulmana, prese da una mania collettiva che le rivuole integre, intatte. Spesso le donne sono costrette a questa pratica per riuscire a “prendere marito”. In Belgio lo scorso anno sono stati recensiti 2.760 casi.

Come scrive il quotidiano Le Soir, sono spesso le costrizioni culturali dell’ambiente in cui queste donne vivono a costringerle a ricorrere a tale pratica. Sono sempre più numerosi i maschi delle comunità maghrebina e turca che pretendono di sposarsi con donne vergini, per osservare precetti religiosi o di appartenenza culturale. Ma è difficile trovare donne vergini superata la maggiore età nella società belga. Le molte ragazze di orginine nordafricana e turca che vivono in Belgio sono già da un pezzo integrate nella società, condividendo gli usi delle coetanee, nonostante spesso le loro famiglie non accettino la realtà.

Dal 1984, in Belgio la ricostruzione dell’imene fatta in ospedale o in ambulatorio è rimborsata dall’Inami, l’istituto nazionale d’assicurazione malattie, ma la protezione della vita privata obbliga a non indicare come tale questo tipo di intervento inserendolo sotto la generica dicitura di chirurgia plastica vaginale. In molti casi, le donne preferiscono conservare l’anonimato non richiedendo rimborsi. Spesso viene praticata una semplice sutura a tre-sette giorni dal matrimonio

STOP ALLA MUTILAZIONE GENITALE FEMMINILE!!!

IL PAESELLO DI MUBARAK

Fonte: corrieredellasera.it di Davide Frattini

KAFR EL-MESELHA (Egitto) – L’ orgoglio del villaggio sta in fondo a una viuzza impolverata, la piccola moschea rosata dov’ è sepolto Abdel Aziz Basha Fahmy, tra i capi della rivolta contro i britannici nel 1919. A cinquanta metri, stessa strada al numero 3, c’ è una villetta circondata dagli alberi di arancio, con le persiane in legno sbucciate e la padella satellitare aggrappata sul tetto piatto.

Nessuno pensa di farne un mausoleo, anche perché nessuno sa dire con certezza se questa è la casa giusta. Lo ignora la donna che apre la porta e risponde «no, Hosni Mubarak non è nato qui». Eppure i vicini indicano il cortile spelato dove il presidente deposto avrebbe giocato da bambino. È nato nel 1928 e ha lasciato Kafr El-Meselha dopo il liceo per entrare nell’ accademia militare. «La famiglia ha venduto tutto, anche i terreni», dice Gaber Ibrahim Rizaq, agronomo come tanti da queste parti, dove il Nilo srotola la sua acqua nel delta. «Non sono più tornati».

In realtà qualche visita del raìs – i concittadini non riescono a chiamarlo ex – c’ è stata, molto rara. Ancora comandante dell’ aviazione, è atterrato in un campo da calcio in elicottero, ha partecipato al funerale di uno zio ed è ripartito. Sono passati decenni senza un’ apparizione. Nella campagna elettorale del 2005, ha scelto di andare dall’ altra parte del ponte che porta il suo nome, nella cittadina di Shibin el-Kom. Durante il comizio, ha promesso quelle modifiche alla Costituzione che avrebbero permesso altre candidature alle presidenziali e che i manifestanti chiedevano ancora in questi giorni. «Non so dire se ci abbia dimenticato, di sicuro non ci ha fatto regali», commenta Sayyad Abdel Sator, che pure lo rimpiange. «È stato costretto a lasciare la carica, lo ha deciso per il bene del Paese. Vedere un uomo anziano, che ha dato tanto all’ Egitto, umiliarsi così in televisione mi ha spezzato il cuore».

Novanta chilometri a nord del Cairo, lontano dalla capitale, la gente ha paura del caos. Sayyad accusa i Fratelli musulmani di aver causato i disordini nel villaggio, assicura «qua in strada c’ erano solo loro». Gli agenti non pattugliano, le camionette blindate stanno ferme davanti alla caserma, qualcuno rimpiange «i tempi in cui potevamo andare a dormire e lasciare le porte aperte». «Il capo della polizia è scappato, non sappiamo chi sia al comando», si lamenta Atef Fowzi, usciere al dipartimento provinciale dell’ agricoltura. Alla moschea Shenaway, i Mubarak hanno pregato per cent’ anni. Un cugino di secondo grado taglia i tessuti nella bottega di sarto poco lontano.

Attraversato il fiume, la scuola militare educa ancora i cadetti, come già settant’ anni fa con il piccolo Hosni. Il viale principale di Kafr El-Meselha è però dedicato a un altro presidente, che è nato a una ventina di chilometri. Anwar Sadat non ha mai cancellato la provincia di Menoufia dalla sua biografia. Da capo di Stato, invitava i dignitari stranieri nella fattoria contornata dalle piantagioni di canna da zucchero e li accoglieva vestito da contadino. Mubarak ha edificato il suo profilo attorno al valore di pilota nella guerra del 1973 contro Israele e ha preferito costruire la villa a Sharm el-Sheikh. È lì che adesso si sarebbe rifugiato ed è lì che aveva scelto di ospitare i leader internazionali.

La costa del Mar Rosso potrebbe essere solo una tappa verso Dubai o la Germania, dove ritornerebbe per i controlli medici. L’ esilio nella «città della pace», chiamata così per i vertici mediorientali organizzati tra i villaggi turistici e i campi da golf, non garantisce l’ armistizio all’ ex presidente. La Svizzera ha già congelato i conti bancari che potrebbero risalire alla famiglia, parte del patrimonio stimato in 50 miliardi di euro. Gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi Uniti discutono una possibile destinazione per il raìs, con l’ incognita dell’ immunità, che gli eviterebbe il rischio di un mandato d’ arresto per i 300 morti nei diciotto giorni di rivolta e gli abusi nel trentennio di regime.

Negli ultimi anni, Mubarak ha passato sempre più tempo nella residenza di Sharm el-Sheikh, l’ isolamento blindato e fastoso del leader dal suo popolo. La strada dall’ aeroporto alla magione veniva piantonata dalle guardie speciali per tutto la durata del soggiorno. In settembre, ha ricevuto Hillary Clinton, segretario di Stato americano, che cercava di far dialogare Benjamin Netanyahu, premier israeliano, con Abu Mazen, il presidente palestinese. Nei discorsi da presidente, ha spesso sfoggiato il ritorno del Sinai come trofeo per giustificare il trattato di Camp David e glorificare ancora una volta la sua partecipazione alla guerra di ottobre.

Lo spuntone desertico dove atterrano i charter carichi di turisti considerato dal generale israeliano Moshe Dayan strategico per sorvegliare gli stretti di Tiran, tra il golfo di Aqaba e il Mar Rosso. Gli egiziani cominciano a non chiedersi più dove si sia occultato il Faraone. Creano barzellette, che ne fanno un emigrante del dispotismo. Come questa: «Mubarak annuncia la volontà di diventare presidente della Tunisia. Il popolo tunisino risponde “ridateci Ben Ali”»

CREMA DI MELANZANE, CREMA DI CECI E PANE AZZIMO

Questa volta ti metto un link a una ricetta particolare
Crema di melanzane, crema di ceci e pane azzimo

Buon appetito!!!


 

UN’ALTRA TESTIMONIANZA DI SONIA. E UN’IPOTESI INEDITA!!

Tra me e Sonia credo ci sia un rapporto di odio-amore
Probabilmente siamo all’opposto come idee politiche, come i Ciellini e i paninari negli anni 80
Lei Ciellina, io paninaro
Ma siccome siamo due persone intelligenti, rispettiamo le persone, ci scontriamo, ci mandiamo a quel paese, ma ci ascoltiamo.
In fondo la democrazia è proprio questa, l’arte di ascoltare chi la pensa diversamente da noi, di cercare di capire il suo punto di vista. Magari solo per combatterlo meglio, per confutare le sue affermazioni, per demolire le sue idee. Ma se non lo ascolti non potrai mai ribattere in maniera sensata.
Oggi ho pescato un post di Sonia. A volte forse esagera, ma sa dare colore quando scrive.
E in fondo al suo pezzo, tra le righe, un’ipotesi fantascientifica che mi ha fatto pensare. E se Mubarak fosse scomparso attorno al 9 febbraio?? Scomparso nel senso scappato, in coma o forse anche morto.
Devo dire che è la prima volta che leggo che i discorsi di Mubarak avessero degli artefatti, forse se ne è accorta solo lei!
Prendetela con le pinze, ma il discorso è veramente stimolante, tanti piccoli tasselli difficilmente comprensibili andrebbero al loro posto. Primo tra tutti il repentino abbandono di Mubarak!

Caro turista, non andartene, ti proteggeremo"

TRA DAHAB ED EL-TOR di Sonia Serravalli su Paperbog

Oggi spedizione alla città di El-Tor, dall’altra parte del Sinai, per rinnovare il visto.  Tra andata e ritorno, circa 400 chilometri in mezzo alle tempeste di sabbia. Mentre si attende la riorganizzazione delle forze dell’ordine, al momento è uno scenario un po’ surreale quello che offre ogni posto di blocco, in cui militari e poliziotti stazionano insieme. Un Egitto paradossale, insospettabile fino ad un mese fa. I controlli dei documenti stranieri si sono fatti più radi del solito: viaggiamo in sette ma nessuno ci chiede di verificare il passaporto con il timbro dell’arrivo. Adesso questo sembra quasi un Paese in bilico tra un mondo obsoleto ed il futuro: poliziotti e militari – poliziotti, militari e capre, sotto le sferzate della sabbia. Ad El-Tor un carro armato, e tutt’attorno ai Ministeri e all’Ufficio Immigrazione ancora queste decine di uomini in due divise. Si ha quasi l’impressione che più calano i turisti, più aumentino i soldati, a custodire città svuotate ed estensioni in attesa di nuovi piani.

Dahab è irriconoscibile: ogni giorno di più pare un villaggio fantasma, i negozianti chiudono sempre prima, i ristoranti sono bui – no, chiusi mai, ma tutti adesso possono solo giocare al risparmio elettrico. Restano, sparuti e sporadici vicino al plenilunio, solo turisti inglesi, gli unici che hanno continuato a partire e ad arrivare. Sarà il primo plenilunio dopo la rivoluzione, tra due giorni. Qui il tempo è più mite che mai, lasciate nell’interno del Sinai le tempeste di sabbia di oggi – sui 22 gradi. Noi locali ci godiamo questo clima da eremo ascoltando il mare e il suo silenzio, consapevoli che durerà poco e che entro marzo quest’oasi irreale si ripopolerà di turisti dalle varie nazionalità.  Ma così buia e solitaria Dahab non l’avevamo vista nemmeno dopo il fattaccio del 2006. E a causa di tutti gli scioperi di categoria e dei “motivi di sicurezza”, siamo più isolati ora con banche che non riaprono più e Western Union coi battenti serrati che non durante i giorni della paura.

I beduini dell’area si sono riuniti per esprimere il loro consenso alla rivoluzione e il loro pieno sostegno alle spinte democratiche, pubblicando un video in cui si dichiarano pronti a collaborare e a organizzare ronde laddove nel Sinai fosse necessaria la loro collaborazione (video in arabo qui).

Da quando ho aperto il presente blog ed esprimo il mio parere sulla rivoluzione egiziana in Facebook, oltre a ricevere feedback positivi, ho anche a che fare con italiani spaventati dal terrorismo psicologico così abilmente architettato dai nostri mass media negli ultimi dieci anni. Sull’onda di ciò, ho scritto una lettera indirizzata agli amici arabi riguardo queste paure – in pubblicazione in italiano qui nel post di domani. L’articolo che segnalo oggi invece è di Noam Chomsky, e titola “Non è l’Islam radicale che preoccupa gli Stati Uniti, ma l’indipendenza” (in inglese).

Concludo con un angolo di fantapolitica.

Desidero esprimere qui la mia supposizione riguardo i fatti, dall’ultimo discorso di Mubarak alla comunicazione di Suleiman del giorno dopo, che ha cambiato la storia, fino alla notizia del coma dell’ex presidente, se mi concedete questa congettura basata su puro sentire personale.

La sera del tanto atteso discorso, poi deludente, 10 febbraio, F. inizia a tradurmi frase per frase la prima parte da Al Jazeera in arabo, finché non riesco a sintonizzarmi sull’emittente con traduzione in inglese dal mio portatile. Solo che dopo dieci secondi sgraniamo gli occhi perplessi, rendendoci conto che si stanno ripetendo pari pari le frasi del discorso che il rais aveva tenuto dal vivo in data 1 febbraio, quindi ben 9 giorni prima. Dopo, lentamente, riconosciamo che sono introdotti anche nuovi contenuti (pochissimi), ma ogni tanto ancora risuona una frase che sembra il prodotto di un copia e incolla da quel discorso dal vivo. Notiamo inoltre che il monologo presente, 10 febbraio, è registrato. A conti fatti, noi non vediamo Mubarak dal vivo da ben 9 giorni e per quel che ne sappiamo potrebbe trovarsi anche in Madagascar, a Bali o essere addirittura già morto. Il discorso che di nuovo spiazza tutti, l’11 febbraio, a neanche 24 ore dall’intervento registrato, viene riferito addirittura da Suleiman. Di nuovo: di Mubarak nessuna traccia. Due giorni dopo si diffonde la voce del suo stato di coma. Ebbene, io l’ho sentito chiaramente, ho visto la freddezza del padre padrone alienato, ho visto tutto l’orgoglio granitico di una roccia d’altri tempi che non si lascerebbe intenerire né da un lutto né da uno tsunami. Ora lancio lì una sensazione che è solo mia, ma io non credo che un uomo di tal fatta possa cambiare idea così radicalmente in meno di ventiquattro ore, non credo che quel suo ultimo discorso registrato sia stato totalmente autentico (in quanto ripetitivo ed irreale, quasi non pertinente con il giorno), e infine, se Mubarak davvero è in coma (indotto o meno), non credo fosse ancora cosciente quando Suleiman ha annunciato a nome suo che il potere passava nelle mani dell’esercito.

POLITICAMENTE PARLANDO

I GROSSI PROBLEMI PER L’EGITTO ARRIVERANNO DALLA LIBIA???

Il Cairo, 22 feb. – (Adnkronos) – Primo rimpasto di governo nell’Egitto post Mubarak. Sono rimasti al loro posto i titolari dei ministeri chiave della Difesa, gli Interni, gli Esteri, le Finanze e la Giustizia ma entra un esponente del partito di opposizione El Wafd come titolare del Turismo. Il rimpasto ha escluso importanti esponenti del Partito Nazionale Democratico del deposto presidente Hosni Mubarak, portando volti nuovi alla Ricerca Scientifica, l’Immigrazione, le Comunicazioni, il Petrolio, la Solidarieta’ sociale, l’Industria e il Commercio, il Turismo e la Cultura. I nuovi ministri hanno giurato davanti al ministro della Difesa Hussein Tantawi, capo del Supremo Consiglio delle Forze Armate che ha assunto il controllo dell’Egitto per un periodo di transizione di sei mesi, dopo che Mubarak si e’ dimesso l’11 febbraio.

Mounir Fakhri Abdel Nour è il nuovo ministro del Turismo egiziano. La nomina è avvenuta oggi insieme a quella dei titolari di altri 7 dicasteri del Paese. Abdel Nour è il segretario generale di uno dei partiti sin qui all’opposizione e avrà il compito di rimettere in moto la macchina del turismo, uno dei motori principali dell’economia del Paese.

Il ministro delle Finanze egiziano Samir Radwan fa sapere che il governo punta a varare un pacchetto di stimoli per favorire la crescita economica, danneggiata dalle recenti proteste di piazza. Radwan stima un aumento del Pil del 4,3% quest’anno, inferiore a quello del 6% previsto dal governo prima dei disordini che hanno portato alla cacciata di Hosni Mubarak. “L’obiettivo del pacchetto distimoli – spiega il ministro – e’ quello di rimettere in piedi l’economia”. Radwan auspica che gli aiuti all’economia arrivino non solo dallo stato ma anche dal settore privato.

IL CAIRO (Reuters) – La Libia ha consentito l’atterraggio di due aerei militari egiziani per evacuare lavoratori egiziani. Lo scrive oggi l’agenzia di stampa di stato egiziana citando il ministro degli Esteri del Cairo. “Egyptair opererà anche quattro voli per trasportare egiziani dalla Libia e tutti i voli saranno operati in giornata”, ha detto Ahmed Aboul Gheit, invitando tutti gli egiziani che vogliano lasciare la Libia a coordinarsi con l’ambasciata. Non è chiaro al momento in quale aeroporto atterreranno gli aerei, né quando.

IL CAIRO (Reuters) – Le piste dell’aeroporto di Bengasi sono state distrutte nelle violenze e gli aerei passeggeri non possono atterrare, ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri egiziano Ahmed Gheit. “Riguardo all’est della Libia, le piste dell’aeroporto di Bengasi sono andate distrutte. Non è possibile per i voli Egyptair o per qualunque altro volo atterrare in quell’aeroporto”, ha detto Aboul Gheit in conferenza stampa.

Il lato libico della frontiera con l’Egitto oggi era sotto il controllo di uomini armati di mazze e fucili automatici Kalashnikov, oppositori di Muammar Gheddafi. Lo ha riferito un corrispondente di Reuters.Uno di loro ha alzato un ritratto di Gheddafi alla rovescia e lo ha imbrattato con la scritta “il tiranno macellaio, assassino dei libici”, ha detto il corrispondente dalla cittadina di Musaid, sul lato libico della frontiera. Le forze armate egiziane hanno detto ieri sera che le guardie di frontiera libiche si erano ritirate e che il lato libico del confine era sotto il controllo di “comitati popolari”, senza fornire dettagli sul loro orientamento politico.