IN EGITTO LA GUERRA DEL WEB! GOVERNO CONTRO RIVOLTOSI
1 marzo 2011 2 commenti
Fonte: ilsole24ore.com
Internet è un pericoloso avversario politico, commerciale, militare. I regimi totalitari lo guardano con terrore, immaginano ambiziosi progetti di regolamentazione, inseguono il sogno di un controllo efficace e capillare. Despoti e prepotenti temono la libertà di espressione e di comunicazione ancor più di un assalto armato o di un’imboscata mortale. Non esiste scorta o blindatura che possa salvare qualsivoglia rais dalla detronizzazione multimediale, operata con messaggi, documenti, foto e filmati che si moltiplicano all’infinito e sovvertono ogni equilibrio.
Quel che è accaduto nella regione nordafricana – e l’Egitto ne è l’esempio eclatante – dimostra che bit e byte sono l’ossigeno della rivolta, che i gangli telematici sono le vie su cui si snodano i cortei virtuali, che blog e social network possono trafiggere anche governi ritenuti impermeabili e inamovibili.
Internet è come un terremoto: a poco servono infrastrutture “antisismiche” per fronteggiare la forza della natura della rete, ma ciò nonostante si è assistito e purtroppo si continuerà ad assistere a sforzi tecnici e legislativi per bloccare l’informazione e il suo irrefrenabile moto sussultorio. Si sono visti numerosi tentativi per filtrare, rallentare o bloccare l’accesso e la fruizione dei contenuti disponibili online o le opportunità di contatto uno-a-uno, uno-a-molti e molti-a-molti. Ciascuno di questi conati ha un percorso ben definito e qualche itinerario alternativo, ognuno dei quali ha tempi e risultati variabili.
La stretta di vite comincia con la messa al bando delle realtà ritenute maggiormente pericolose. La censura mirata prevede l’individuazione delle coordinate del l’obiettivo – nome del sito principale, dei suoi sottodomini e dei “mirror”, nonché relativi numeri Ip e corrispondenti traslazioni degli stessi in formato esadecimale e successivamente decimale – e l’immediato inserimento in una black-list permanente oppure predisposta per la specifica occasione. I provider, che in molti Paesi sono controllati o sono molto vicini al regime, attuano procedure di esclusione di chi è compreso nell’elenco: i web in questione diventano irraggiungibili e il cybernauta che prova a collegarsi riceve un messaggio di errore come il classico «http 404» oppure si ritrova sullo schermo una pagina informativa che spiega per quale motivo non si può accedere al sito richiesto (come accade anche in Italia per le iniziative a contrasto della pedopornografia e del gioco d’azzardo illegale).
In termini pratici la manovra consiste in un reindirizzamento di chi naviga in rete verso una destinazione prestabilita, così come avviene nella circolazione stradale con certe brusche svolte obbligatorie. L’operazione è compiuta sui Domain Name Server (Dns), ossia quei computer che su internet traducono i nomi degli indirizzi web in numeri Ip e instradano chi naviga: gli Url “vietati” vengono abbinati a un Ip senza sbocco o corrispondente alla pagina di avviso che si è finiti su una rotta non consentita.
Questo sistema è spesso bypassabile da chi conosce l’Ip del web di interesse o dagli utenti che impostano il proprio browser (Internet Explorer, Firefox, Chrome, Safari…) a servirsi di un Dns magari straniero che sia differente da quello fornito in automatico dal provider. Il dribbling è rapido e non richiede competenze tecniche ma soltanto una buona informazione in proposito.
La censura può prevedere anche il tracciamento metodico di chi raggiunge siti off-limits, chi pubblica sui social network contenuti “sgraditi” o esegue ricerche con parole chiave classificate come pericolose: le azioni ritenute in contrasto con una determinata linea politica o anche solo simpatizzanti con opposizioni di sorta vengono abbinate al numero Ip del computer utilizzato per porle in essere. La schedatura è facilissima e spesso viene integrata con l’aggregazione di soggetti in reciproco contatto fino alla definizione di dettagliate mappe relazionali.
In Egitto si è andati oltre. Constatata l’inefficacia delle iniziative di blocco dei social network e delle altre limitazioni alla libera navigazione, si è passati a un intervento che ha mutilato le comunicazioni. L’intervento è stato simile alla progressiva chiusura di un rubinetto: la riduzione della larghezza della banda di connessione ha rapidamente lasciato a secco chi cercava di inviare o ricevere dati, così come confermano le statistiche dei volumi di traffico online per la specifica area geografica negli ultimi giorni di gennaio.
Ma non è bastato strangolare i collegamenti con interventi mirati sui gestori di servizi telematici e azzoppare le comunicazioni cellulari e anche il semplice invio di sms: la resistenza è riuscita nella propria missione grazie all’ingegno di chi sulle barricate digitali ha predisposto di volta in volta le migliori contromosse.

Il grafico mostra quello che è accaduto alle connessioni online in Egitto veicolate sulla rete di Akamai da mercoledì 26 gennaio a mercoledì 2 febbraio. Si vede chiaramente come il traffico sia crollato quasi del tutto attorno alle 11.30 (ora italiana) di giovedì 27 gennaio. Il traffico Internet sulla rete di Akamai in Egitto è tornato a livelli normali ieri, mercoledì 2 febbraio. Gli orari indicati si riferiscono al fuso orario Eastern Time (ET), sei ore in meno rispetto all’ora italiana.
Revolution Day
Nella seconda decade di gennaio, su Facebook, nella pagina del “Revolution Day” più di 85mila persone dicono che parteciperanno alla protesta antigovernativa distribuita sull’intero territorio egiziano che è stata pianificata in Egitto per il 25 gennaio 2011.
Accesso bloccato
Il 26 gennaio viene bloccato l’accesso a Facebook e Twitter, ritenuti il crocevia dei movimenti di rivolta. Il giorno successivo il traffico da e verso l’Egitto subisce un crollo mai registrato prima. Le autorità governative hanno chiuso i rubinetti alweb e alle comunicazioni via cellulare.
Il superamento dei filtri
La sera del 27 gennaio i cybernauti più esperti bypassano il blocco utilizzando Dns stranieri per superare i filtri che impediscono di raggiungere i siti. Nella notte le connessioni degli egiziani via Tor si impennano perché sembra l’unico sistema per comunicare in rete.

È successa la stessa cosa per la telefonia mobile. Dal Cairo è partita la richiesta ai gestori di bloccare ponti e ripetitori. Vodafone UK ha fatto sapere che il governo egiziano ha chiesto all’azienda di sospendere la copertura in alcune aree del Paese.
Stop alle comunicazioni
Il venerdì 28 gennaio i quattro maggiori provider del paese – Link Egypt, Vodafone/Raya, Telecom Egypt e Etisalat Misr – interrompono le loro funzioni in base agli ordini del governo. In serata risulta impossibile chiamare con telefoni cellulari o inviare sms.
Ricorso ai provider stranieri
Nella giornata del 29 gennaio il traffico internet da e per l’Egitto si sposta in modalità dial-up su provider stranieri con chiamata da rete fissa. Alcuni navigatori ricorrono anche a connessioni satellitari pur di mantenere vive le comunicazioni via web.
Il disturbo su rete fissa
Il 29, su input governativo, il traffico dati viene “disturbato” per ostacolare chi si collega da rete fissa, sfruttando la possibilità dei router di analizzare i pacchetti e distinguere le chiamate in fonia e quelle riconducibili a possibili connessioni a internet mediante operatori esteri.
Tweet via voce
Tra il 31 gennaio e il 1˚febbraio Google e Twitter mettono a disposizione un sistema che consente a chi si trova in Egitto di inviare tweets bypassando internet: basta telefonare a un numero e seguire le istruzioni in arabo. I messaggi lasciati vengono trasformati in tweet e veicolati in Rete.