DERUBATA LA BANCA GENETICA EGIZIANA

Accelera la corsa a mettere in salvo tutti i semi del pianeta, custoditi nelle casseforti della biodiversità che sembrano essere in pericolo in diverse aree del mondo. Durante il recente sollevamento popolare contro il regime egiziano del dittatore Mubarak tuttavia c’è stato l’assalto alla Banca Genetica del Deserto Egiziano nel Sinai del nord, dove è conservata un’importante collezione di piante e frutta medicinale. I vandali hanno rubato equipaggiamento tecnico e danneggiato l’impianto di raffreddamento, distruggendo anche una gran mole di dati raccolti in più di dieci anni d’attività.

Le attrezzature sono sparite e il sistema di raffreddamento è stato distrutto. In Russia, la stazione sperimentale di Pavlovsk che conserva una delle collezioni più importanti d’Europa di frutti e bacche è a rischio chiusura per la lottizzazione del terreno. Per i depositi di semi del mondo, il cui compito è salvare l’agricoltura in caso di calamità naturale, ora c’è la necessità di “fare cassa” in luoghi sicuri, prima che episodi simili si ripetano. E la rete dei centri si è attivata.

In quella che è destinata a diventare la banca mondiale dei semi, lo Svalbard Global Seed Vault, situato nell’arcipelago norvegese è arrivato un carico di 50mila semi, trasferiti nelle tre camere di conservazione poste al termine di un tunnel lungo 100 metri, scavato in una montagna di roccia e ghiaccio. Il deposito sotterraneo delle Svalbard, inaugurato tre anni fa, custodisce già 600mila semi, ad una temperatura costante di -18 gradi.

Il nuovo carico ha integrato il suo patrimonio con alcuni rari fagioli di Lima e un cantalupo resistente alla ruggine, entrambi provenienti dall’International Center for Tropical Agriculture colombiano che finora ha inviato 3.600 varietà di semi. Dal Livestock Research Institute di Addis Abeba, in Etiopia sono arrivati semi per colture da foraggio e dall’Arizona sono stati spediti i semi di rare piante leguminose che una tribù di Navajo ha preventivamente sottoposto a benedizione in una cerimonia.

Il Dipartimento per l’agricoltura americano ha inviato semi di soia raccolti in Cina oltre un secolo fa e semi di Solanum chilense e Solanum galapagense, parenti selvatici del pomodoro, il cui materiale genetico è stato usato dal dipartimento e dall’università della California per creare pomodori ricchi di licopene e di beta-carotene. Il deposito sotterraneo delle Svalbard si avvia così a diventare “la rete di sicurezza per l’agricoltura mondiale”, come ha affermato Roland von Bothmer, genetista e responsabile della gestione dello Svalbard Global Seed Vault.

UN LIBRO IN SPIAGGIA: IL MANOSCRITTO DI SANTA CATERINA

Un mix di fantascienza e thriller esoterico nel romanzo del belga Willy Deweert, professore di retorica e scrittore per la prima volta tradotto in Italia.

Rizzoli propone un romanzo dello scrittore belga Willy Deweert dal titolo Il manoscritto di Santa Caterina (Le manuscrit de Sainte-Catherine, 2010), un thriller esoterico con forti venature di fantascienza. La storia si svolge in un futuro relativamente vicino e narra anche del rapporto uomo — Dio, un Dio che però può rivelarsi collerico e vendicativo.

Tutto inizia nel 2016 presso il monastero di Santa Caterina nel Sinai. Qui Hieronymus, monaco bibliotecario, riordinando una parte della vasta biblioteca trova, tra centinaia li volumi, carte, manoscritti e molto altro, un libro di una trentina di pagine. Rimane meravigliato e affascinato alla lettura del contenuto. Sembra sia stato scritto da Dio in persona. Non fidandosi degli altri confratelli decide di far leggere il manoscritto a un santo monaco copto che vive in un monastero sull’altra sponda del golfo di Suez. Ma durante il viaggio sarà ucciso e del manoscritto non si saprà più nulla. 

Successivamente l’azione si sposta nel tempo e nello spazio. Siamo nel 2018 a Cefalù, dove letteralmente vegeta il dottor Salvo D’Ambrosi. Un anno prima ha avuto un incidente d’auto nel quale è morta l’adorata figlia Flora. Quando però sul suo computer riceve un misterioso messaggio inviato proprio da Flora, si risveglia e, aiutato da una collega della figlia, decide di investigare sulle sue attività di giornalista. Poco prima di morire Flora doveva incontrarsi con un monaco. L’indagine si rivelerà molto pericolosa. I due dovranno affrontare un lungo viaggio alla ricerca della verità, un viaggio pieno di pericoli e di morte. Nel contempo l’umanità sarà terrorizzata da una serie di segni apocalittici, inviati da un Dio collerico e vendicatore…

Un brano dal testo. Dopo quattro giorni di cammino estenuante, nel cuore di un paesaggio frastagliato, la sera di lunedì 26 dicembre decise di passare la notte in una delle tante grotte scavate nella roccia. In tutto il giorno non aveva incontrato anima viva. Si sistemò il più confortevolmente possibile, aprì lo zaino e si rifocillò con un po’ di pane e formaggio. La riserva d’acqua cominciava a scarseggiare; l’indomani avrebbe raggiunto un pozzo dove avrebbe riempito l’otre. Stava per avvolgersi nella coperta quando percepì una presenza. Una sagoma si stagliò all’ingresso della grotta. La illuminò con la torcia: Maximos! Come aveva fatto a seguirlo? Non gli aveva mai visto un viso così astioso. «Allora ce la siamo squagliata!» La familiarità di quell’approccio non augurava nulla di buono. Hieronymos non provò nessuna inquietudine. Fissò il suo collaboratore.
«Cosa vuoi, Maximos?»
«Il tuo zaino.»
«E se rifiutassi?»
«In tal caso, peggio per te. Ne ho già viste abbastanza, provvederò da solo. Quello che hai nascosto sotto la tonaca quando cercavi il Panegirico di Efrem deve essere tanto prezioso, altrimenti non avresti rischiato la vita per portarlo Dio sa dove. Dammelo. Non costringermi a ucciderti.» Stupefatto, Maximos vide i tratti di Hieronymos trasformarsi, irradiare una luce sovrannaturale. Il vecchio bibliotecario sorrise e mormorò: «Sia fatta la tua volontà». Maximos raccolse da terra una pietra pesante e gli fracassò il cranio. Si impossessò del «Libro», afferrò il copricapo di Hieronymos, se lo calcò in testa e fuggì nella notte senza degnare di uno sguardo la sua vittima.

L’autore. Willy Deweert ha insegnato retorica nel collegio gesuita Saint-Michel di Bruxelles e vive in Belgio. Questo è il suo primo romanzo tradotto in italiano. Tra gli altri bestseller in Francia e in Belgio, ricordiamo Les allumettes de la sacristie, Mystalogia e Le prix Atlantis.

La quarta di copertina. Sinai, 2016: padre Hieronymos, il saggio bibliotecario del monastero di Santa Caterina, scopre per caso un antichissimo manoscritto di una trentina di pagine. Non corrisponde a nessuna opera conosciuta, e di lettura in lettura Hieronymos si convince della sua eccezionalità. Intende farlo esaminare a un santo monaco del monastero copto di Sant’Antonio, sull’altra sponda del golfo di Suez, ma non arriverà mai a destinazione. A Cefalù, Salvo D’Ambrosi, celebre chirurgo, vegeta in casa della sorella dopo aver perso la memoria nell’incidente d’auto in cui, un anno prima, è rimasta uccisa la figlia Flora, giornalista investigativa. Quando sul suo computer appare un messaggio lasciato da Flora, Salvo torna improvvisamente alla vita, e si interroga proprio sulla morte della figlia. Si è trattato di un attentato, legato alle inchieste di Flora? Tiziana, una collega giornalista, gli racconta che Flora avrebbe dovuto incontrare un sacerdote riguardo a un misterioso manoscritto. Per una strana coincidenza, anche quel sacerdote è morto. Salvo e Tiziana cominciano così un viaggio insanguinato alla ricerca della verità, tra l’Egitto e Washington, tra Panama e Heidelberg. Intanto, l’umanità è terrorizzata da una serie di segni apocalittici, inviati da un Dio collerico e vendicatore.

Willy Deweert, Il manoscritto di Santa Caterina (Le manuscrit de Sainte-Catherine, 2010)

Traduzione Stefania Ricciardi, Rizzoli, collana Rizzoli best, pagg. 363, euro 18,00

NON SOTTOVALUTIAMO I PROBLEMI CHE VERRANNO DAL NILO!

Il Burundi ha firmato l’accordo che cambierà l’assetto della spartizione delle acque del Nilo, ponendo un nuovo problema per il governo militare ad interim in Egitto. L’accordo, riporta l’agenzia Reuters, è stato rifiutato dal Cairo. Il ministro delle Risorse idriche, Hussein el Atfi, ha dichiarato che “il patto siglato non assolve gli stati firmatari dai loro impegni precedenti”. La spartizione delle acque de Nilo è stata oggetto di diatribe diplomatiche fin dal 1929, quando un accordo sponsorizzato dal governo inglese garantì all’Egitto il diritto annuale a 55,5 miliardi metri cubi sugli 85 miliardi che scorrono attraverso nel fiume più lungo del mondo.

Egitto e Sudan fanno la parte dei leoni nell’utilizzo delle acque del Nilo a discapito dei paesi limitrofi, dove però ci sono le sorgenti del fiume. Un incontro dei ministri delle Risorse idriche di Etiopia, Kenya, Uganda, Burundi, Tanzania, Repubblica democratica del Congo ed Eritrea nel maggio del 2010 si è concluso con la firma da parte di cinque ministri di un accordo sulla re-distribuzione delle acque del Nilo senza la firma di Egitto e Sudan. Per rendere operativo il patto, c’era bisogno di una sesta firma, giunta ieri dal ministro dell’Ambiente del Burundi, Jean-Marie Nibirantije, che in una conferenza stampa ha dichiarato che “ci sono molteplici progetti per aumentare la capacità idrica del Burundi e dei suoi vicini che saranno adesso implementati grazie alla firma dell’accordo”.

L’Egitto è quasi interamente dipendente dalle acque del Nilo. Il settore agricolo resta un asset fondamentale dell’economia del paese – vale il 13,5 per cento del pil. L’accordo dei paesi alla sorgente del Nilo aumenterebbe in modo rilevante i costi di approvvigionamento dell’acqua, innalzando i prezzi della produzione agricola e danneggiando la competitività dei prodotti egiziani sui mercati mondiali, un’ipotesi che nello scenario attuale fa tremare le autorità egiziane. In seguito alle rivolte la crescita per il 2011 è stata rivista al ribasso da 5.6 a 4 per cento.
La perdita di ulteriori posti di lavoro nel settore agricolo – che oggi occupa il 32 per cento della popolazione può indebolire ulteriormente il già fragile Egitto. Si aggrava anche il problema della disponibilità  pro capite di acqua: nel 2017 potrebbe non essere più sufficiente al fabbisogno egiziano, esponendo il paese a facili ricatti geopolitici.

QUESTA SERA DA EGITTIAMO CAFFE’!!!

Questa sera da Egittiamo Caffè:
TARTARE DI MANZO ALLE 10 SALSE
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Egittiamo Caffè, Naama Bay nella piazzetta dietro alla Carrefour


UNA FOTO AL GIORNO

Clicca per ingrandire questa splendida immagine dei monti del Sinai

RIAPRE ANCHE IL CLUB MED DI EL GOUNA

Con lo stabilizzarsi della situazione in Egitto e in Tunisia e sull’onda delle riaperture di entrambe le destinazioni da parte dei principali tour operator, anche Club Med si è rimesso in moto. Dopo aver riaperto il Villaggio a 3 Tridenti di Djerba La Douce, in Tunisia, e il Resort a 4 Tridenti di Sinai Bay, in Egitto, annuncia la prossima riapertura anche del Villaggio a 3 Tridenti di El Gouna, la seconda struttura egiziana dell’operatore.

Situato nel Golfo di Gabes, nel sud-est della Tunisia, il Villaggio La Douce, aveva chiuso i battenti lo scorso 16 gennaio e poco più di un mese dopo, il 26 febbraio, la sua riapertura è stata anche l’occasione per pubblicizzarne la recente ristrutturazione in versione più haut de gamme, ma sempre attenta alle esigenze di grandi e piccini con tutta una serie di servizi e attività di intrattenimento.

In Egitto, dopo la chiusura di entrambe le strutture Club Med il 1° febbraio, l’operatore ha disposto il 26 febbraio la riapertura del Villaggio a 4 Tridenti, con spazio a 5, di Sinai Bay, struttura da scegliere se, oltre alle acque del mar Rosso, si è interessati a più avventurose escursioni verso il deserto. La riapertura del Villaggio a 3 Tridenti di El Gouna, a nord di Hurghada, è prevista invece per il 19 marzo.

MA QUANTE ANALOGIE CON GESU’ !!!!

HORUS, IL DIO EGIZIO DELLA LUCE E DELLA BONTA’

  • fu annunciata la sua nascita alla madre dall’angelo Thot, che le comunicò anche che il figlio sarebbe stato concepito verginalmente

  • nacque in una grotta il 25 dicembre dalla vergine Iside, annunciato da una stella d’oriente

  • venne adorato nella grotta da pastori e da tre saggi che gli offrirono in dono oro, incenso e mirra

  • da bambino insegnò in un tempio

  • ebbe 12 discepoli

  • all’età di 30 anni fu battezzato nelle acque del NILO da una figura nota come Anup, che venne in seguito decapitato

  • combatté 40 giorni nel deserto contro Set

  • compì miracoli, come la resurrezione dei morti e la camminata sulle acque

  • fu chiamato il “Santo Bambino” ed era noto con molti nomi, tra cui: “La Verità”, “La Luce”, “La Vita”, “L’Unto Figlio di Dio” e il “Buon Pastore”, “L’Agnello”, “La Stella del Mattino”

  • Sapeva volare e cantare

  • Horus nacque a Annu, il “posto del pane”, come in lingua antica significava Bethleem, la “casa del pane”

  • fu crocifisso e dopo tre giorni risorse dai morti

  • viene rappresentato da una croce (ANHK)

  • assieme a Iside e Osiride, Horo costituisce un membro della trinità egizia.

DALLA RIVOLUZIONE IN PIAZZA A QUELLA IN LIBRERIA

Dopo la rivoluzione delle piazze quella nelle librerie? Se lo stanno chiedendo autori e osservatori attenti del panorama culturale egiziano, attraversato da una ventata di rinnovamento e fermento creativo.

“Bisogna che la letteratura e la società civile ritrovino quel contatto a lungo dimenticato, impoverito da anni di pubblicazioni sottoposte al rigido controllo della censura. Ma è un processo che si sta già verificando. Penso ai numerosi editoriali che Ala al Aswany, un autore di grande successo ma finora tenuto ai margini dal regime, scrive in questi giorni sul quotidiano indipendente ‘Al masry al youm” osserva Fadi, ex-responsabile della casa editrice ‘Al Shorouk’ e oggi “completamente dedicato alla causa della rivoluzione” come precisa alla MISNA.

“Prima, in Egitto, era difficile trovare i suoi libri, come anche quelli di molti altri autori messi all’indice perché non piacevano o erano dichiaratamente contro il governo. Adesso, come per magia, sugli scaffali delle librerie si vedono spuntare titoli prima introvabili e le case editrici hanno già disposto la ristampa di vecchi saggi e pubblicazioni che prima circolavano solo di contrabbando” afferma l’attivista, secondo cui “la massiccia partecipazione di intellettuali e scrittori alla rivoluzione ha finalmente segnato il momento, dell’uscita uscita dalle ‘torri d’avorio’ della letteratura e della condivisione di valori e ideali con la gente del popolo.

Torri d’avorio che non hanno impedito a Nawal el Saadawi, ottantenne scrittrice e attivista per i diritti umani di accamparsi nella piazza Tahrir assieme ai ‘giovani della rivoluzione o ad autori come Magdy el Shafee o lo stesso Al Aswany di pubblicare libri come ‘Metro’, la prima graphic novel egiziana (edita in Italia da ‘Il Sirente’) o ‘Il palazzo Yacoubian’; entrambe opere in cui si descrive con realismo la difficile condizione di vita nell’Egitto dell’era Mubarak.

“C’è tutta una nuova generazione di scrittori e artisti egiziani che non aspetta altro che di far conoscere il suo punto di vista su quello che sta accadendo. La rivoluzione ha portato una ventata d’aria fresca nella realtà finora asfittica della produzione culturale” osserva ancora Fadi. È in questo clima di ottimismo e fermento che nasce la possibilità di tenere la prossima fiera del libro del Cairo proprio in piazza Tahrir, alla fine di marzo. Un evento, a cui partecipano ogni anno migliaia di case editrici e autori con incontri e seminari, nel luogo simbolo del ‘nuovo Egitto’.