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22 marzo 2011 Lascia un commento
A Giza davanti alle Piramidi siamo in quindici persone in tutto. Il piazzale antistante la biglietteria, normalmente strapieno e vociante di turisti come descritto nei romanzi di Nagib Mahfuz, è deserto. L’agenzia turistica locale che doveva organizzare il tour con partenza dal centro del Cairo ha rinunciato all’ultimo momento perché ero il solo richiedente. Tutti, come Sabri che vende riproduzioni di papiri e maschere funerarie, aspettano il ritorno dei turisti come si attende la pioggia dopo un periodo di siccità.
Il periodo di “vacche magre” per il turismo che vale l’11,5% del Pil egiziano e che nel 2010 ha portato 13 miliardi di dollari nelle casse dello stato, è iniziato il 25 gennaio, data d’inizio della protesta a Piazza Tahrir.
La situazione è grave anche sul fronte occupazionale perché un egiziano su sette lavora nel settore turistico e ogni anno arrivano in Egitto 14,2 milioni di visitatori. Una manna che oggi ha cessato di cadere, almeno per ora.
I dati parlano chiaro: nel mese di febbraio solo il 20% di 1,2 milioni di visitatori previsti è arrivato (cioè mancano all’appello 960mila turisti) anche se il neo ministro del Turismo, Mounir Abdel Nour, dà prova di ottimismo affermando che la «ripresa è in corso». Le camere degli hotel sono occupate appena al 18% del totale, una quota insufficiente a pagare i costi di gestione.
Molti camerieri, come Amr Ramadan, 28 anni, divorziato con una figlia a carico, hanno lasciato il posto negli hotel e ora fanno i tassisti improvvisati a cui bisogna indicare la strada.
Il Museo egizio del Cairo è aperto sotto sorveglianza dei militari. Un blindato all’ingresso fa capire che altri furti e saccheggi non verranno permessi, come quello clamoroso avvenuto nei giorni della protesta, sebbene l’Unesco abbia lanciato l’allarme sulla sicurezza dei musei e dei siti archeologici egiziani invitando il governo a fare di più.
Davanti alla sala che conserva gli ori funerari e la maschera di Tutankamon un ufficiale dell’esercito controlla la situazione con discrezione mentre militari armati di mitra pesante passeggiano nei corridoi. Gentile un soldato mi suggerisce di non perdermi la vista della biga del faraone, un gioiello militare dell’epoca, un carroarmato ante-litteram.
Un raro turista mi racconta che giunti al negozio del museo dove si vendono i souvenir la loro guida li ha consigliati di non acquistare niente lì perché gli introiti di quel business vanno a una società legata al precedente ministro del Turismo. Meglio andare a comprare nei piccoli negozietti vicini al museo dove si dà da mangiare alla gente che soffre. Piccoli episodi che danno l’idea di una società in fermento e in ribellione contro un sistema che bloccava qualsiasi inziativa privata senza appoggi politici.
La situazione economica in Egitto non è delle migliori anche perché le rimesse degli emigranti che pesano per il 5,8% del Pil sono in calo a causa dei rientri dalla Libia ed Europa. Senza questi due pilastri la crescita del Pil al 6% sarà solo un pallido ricordo.
Fonte Il Sole 24 Ore