IL DRAMMA DEI MATRIMONI MISTI ARABO-ISRAELIANI

FONTE: LaStampa.it

Fareed, un uomo di 35 anni, mai avrebbe pensato, e con lui altri migliaia di egiziani, che un atto semplice come sposare la donna dei propri sogni, lo avrebbe trasformato in una sorta di eroe di una storia d’amore. Romeo e Giulietta è stato scritto alla fine del 1500, ma la recente decisione della Suprema Corte Amministrativa dell’Egitto di togliere la cittadinanza a coloro che hanno sposato donne israeliane, potrebbe costringere molte coppie ad impersonificare la versione moderna di questa tragedia.

Secondo la sentenza, non impugnabile, ogni caso deve essere considerato singolarmente prima di “prendere le misure necessarie per togliere loro la nazionalità”.

“Il matrimonio è amore e l’amore ha le sue regole, non conosce confini, nazionalità o politica. E’ un diritto umano che nessuna legge può negare”, spiega Fareed con amarezza. L’uomo racconta la storia del suo matrimonio con Nadia, una donna palestinese con passaporto israeliano. Vive in una piccola casa nel quartiere di Giza, al Cairo, con la moglie e i tre figli, Osama, 17, Noha, 14, e Noor, 8.

Pace tra Isreale e Arabi?
“Tutto ebbe inizio 20 anni fa. Mi sono laureato in tempi difficili, quando l’Egitto stava cominciando a ricostruire da zero la sua economia dopo la guerra. Trovare lavoro nella mia città natale, Tanta, non era facile in simili condizioni economiche e scarse opportunità.

La maggior parte dei miei colleghi hanno intravisto un futuro promettente a 610 km di distanza, in quella che è l’attuale penisola del Sinai – o ‘Terra di Fayrouz’, come piace chiamarla agli egiziani – nella città di Taba, l’ultimo territorio che l’Israele doveva restituire.” Nel 1988, una lunga controversia si concluse con la sentenza del collegio arbitrale internazionale a favore dell’Egitto. Fareed trovò un buon lavoro nel settore del turismo emergente nel Sinai, dove erano stati costruiti molti resort, hotel e villaggi di prima classe. Il governo egiziano ha istituito infrastrutture con ingenti investimenti e incoraggiato i giovani a lavorarci.

“Per me è stato un colpo di fortuna”, ha detto Fareed, “ho incontrato Nadia mentre lavorava per un’azienda internazionale di tour turistici. Indossava il velo e parlava il dialetto arabo-palestinese, sembrava una qualsiasi brava ragazza palestinese musulmana. Dopo averla conosciuta meglio, sono rimasto impressionato dalla sua natura laboriosa e ho deciso di sposarla e creare con lei una famiglia”.

Fareed non è stato l’unico a sorprendersi quando Nadia gli ha detto di essere cittadina arabo-palestinese di Israele, con passaporto israeliano. Anche i suoi genitori erano riluttanti ad approvare la sua decisione di sposarla. Nonostante considerassero Nadia e tutti gli arabi-israeliani come dei veri eroi, la futura sposa possedeva comunque il passaporto “nemico”.

“Il problema principale è che molti nel mondo arabo o non sanno nulla degli ‘arabi del 1948’ oppure hanno frainteso la situazione”, insiste Fareed. “Questi arabi si identificano come palestinesi, e Nadia proviene da una famiglia di commercianti di Abu Ghosh. Come la maggior parte degli arabi, si sono rifiutati di lasciare le loro terre dopo la guerra arabo-israeliana del 1948 e hanno preferito rimanere lì, resistendo alla tattica di Israele di trasferire le loro case in terre di proprietà statale. Hanno così ricevuto la cittadinanza israeliana,” ha raccontato.

Nel 2003 e dopo decenni di forzato spostamento che ha portato oltre l’80 per cento delle famiglie palestinesi ad andarsene, l’Ufficio centrale di statistica israeliano ha constatato che gli arabi residenti costituivano circa il 20% della popolazione di Israele.

Fareed ha dovuto affrontare enormi problemi e enorme stress psicologico prima e dopo il matrimonio con Nadia. “Avevamo deciso di vivere in Egitto, vicino a dove lavoro, visto che il trattato di pace firmato tra Egitto e Israele nel 1979, permetteva ai civili israeliani di attraversare il confine con l’Egitto come normali visitatori stranieri. Al contempo, gli egiziani potevano entrare e lavorare in Israele. Fino ad ora non ci sono dati ufficiali sui matrimoni tra uomini egiziani e donne israeliane. E visto che le autorità egiziane si rifiutano di fornire il numero esatto di simili, la speculazione dilaga.

I dati diffusi recentemente da un gruppo locale per i diritti umani stimano che ci sono almeno 17.000 uomini egiziani sposati con donne israeliane, in gran parte discendenti dagli “arabi del 1948”. Chi è contro la normalizzazione alza il numero a oltre 30.000, mentre l’Assemblea del Popolo riduce la cifra a 10.000. Il verdetto è basato su un articolo riguardante la cittadinanza, secondo il quale il governo deve revocare la cittadinanza a coloro che sono sposati con israeliane, o hanno effettuato il servizio militare, oppure abbracciato il sionismo.

La coppia ha cercato di scoprire la ragione di questo sfratto improvviso, ma la polizia ha rifiutato di fornire loro alcun dettaglio. Così Fareed ha contattato uno zio, ufficiale militare in pensione, e dai suoi contatti nella polizia si è scoperto che la presenza di Nadia era considerata una minaccia alla sicurezza nazionale.

Pace tra Isreale e Arabi?
“Finora a mia moglie è stato negato il visto per entrare in Egitto. Non capisco perché 37.000 turisti israeliani, che rappresentano circa il 2 per cento del totale del turismo in Egitto, sono stati autorizzati senza problemi a passare le loro vacanze sulle rive del Mar Rosso, mentre un migliaio di donne arabe israeliane sposate con uomini egiziani vengono espulse per motivi di sicurezza”, mi ha spiegato Fareed.

La maggior parte di queste coppie non ha molta scelta. Sono costrette o a rimanere in Egitto, a costo di destabilizzare la famiglia per l’assenza della madre, oppure a spostarsi in Paesi come Stati Uniti, Australia, Canada, o addirittura in Israele. La maggior parte delle coppie miste ha scelto proprio quest’ultimo come nuova residenza.

“La società ebraica ha elementi razzisti che non tollerano nè arabi nè musulmani. Hanno anche incoraggiato l’emigrazione dei cittadini arabi verso altri paesi. La discriminazione risulta risulta evidente dal fatto che arabi ed ebrei studiano in scuole separate, vengono curati in ospedali diversi, e i cittadini arabi ricevono meno risorse”.

Un sondaggio effettuato dal Centro israeliano contro il razzismo nel 2008, ha rivelato che il 75% degli israeliani non sarebbero d’accordo a vivere in un edificio dove alloggiano anche residenti arabi. Il 60% non accetterebbe visitatori arabi nelle proprie case e circa il 40% sostiene che agli arabi andrebbe tolto il diritto di voto. “Si tratta di una esecuzione morale per me”, ha affermato Fareed: “Non ho commesso alcun crimine che meriti una tale brutale punizione, persino alle spie non viene strappata la nazionalità.”

Sebbene la maggior parte degli egiziani pensi che sposare donne israeliane sia un fenomeno nuovo comparso con la fase finale del trattato di pace di Camp David del 1979 tra Egitto e Israele, gli ebrei egiziani erano considerati una parte essenziale della società e non dei nemici. La popolazione egiziana ebrea contava 88.000 individui nel 1952, in occasione dell’ultimo censimento poco prima della rivoluzione egiziana.

Prima del conflitto arabo-israeliano in Palestina, i matrimoni tra egiziani musulmani ed ebrei egiziani erano comuni, soprattutto nelle aree urbane, dove c’era un’alta concentrazione di ebrei. Dopo lo scoppio del conflitto arabo-israeliano, essendo stati accusati di spionaggio, gli ebrei sono fuggiti per li pressioni della società egiziana.

Nel 1995, dopo cinque anni di matrimonio, il governo egiziano aveva rifiutato di concedere il rinnovo del soggiorno a Nadia, imponendole di lasciare il Paese entro poche settimane.

LA PREGHIERA DEI MUSULMANI NELLE NOSTRE CITTA’

Samir Khalil Samir

Leggo su “Asia News” un notizia sorprendente (15 marzo). In Francia un’organizzazione islamica ha chiesto alla Chiesa francese di poter pregare nelle chiese non utilizzate. In Francia i musulmani sono circa quattro milioni (alcuni dicono cinque) e ormai da molti anni per la preghiera del venerdì occupano le strade di varie città bloccando il traffico. Occupazione illegale che il governo finora tollera, ma che suscita nei francesi un forte sentimento anti-islamico. La Chiesa francese non ha ancora risposto, ma Asia News ha chiesto il parere al padre Samir Khalil Samir, che è assolutamente negativo.

Anche in Italia i nostri musulmani (da un milione a uno e mezzo) hanno preso questa abitudine ed è interessante conoscere cosa ne pensa il gesuita egiziano (professore all’Università cattolica di Beirut). Sintetizzo per gli amici lettori il suo lungo articolo, che si sviluppa in tre punti:

1)  La causa della richiesta è la mancanza di spazio nelle moschee, che  a Parigi sono 75 e assolutamente non bastano. Ma anche col doppio di spazio non basterebbero. Sta alla comunità musulmana risolvere il problema. Lo Stato e la Chiesa non c’entrano. Se non si vogliono suscitare reazioni negative nei francesi, bisogna riconsiderare anche la pratica piuttosto generalizzata dei sindaci di concedere dei terreni in enfiteusi (il più sovente per un euro all’anno) per la costruzione delle moschee, che poi vengono costruite con aiuti dall’estero.

2)  Secondo problema: bloccare le strade (in genere vicino alle moschee) per la preghiera e deviare il traffico. In Francia, questa situazione è riconosciuta come totalmente inaccettabile da tutte le persone ragionevoli, indipendentemente dal principio di laicità. Lo diventa ancora di più se si tiene conto del fatto che questa eccezione non ha più nulla di eccezionale, dal momento che si ripete ogni venerdì.  E dal momento che non si applica che a una religione precisa, l’islam.

Ma se un gruppo di cristiani volesse pregare di fronte a una moschea?? Troverebbe tolleranza??

L’impressione di molti è che si tratti di una “invasione” di territorio, una specie di “conquista” del territorio nazionale da parte dei “musulmani”. Non ci sono motivi per giustificare queste occupazioni. I musulmani sono in parte responsabili dell’islamofobia che tende ad allargarsi in tutta l’Europa. E sta ai musulmani stessi risolvere il problema.

La stessa cosa avviene non solo in Francia, ma anche nei paesi islamici, il venerdì a mezzogiorno quando è l’ora della preghiera. Il problema non è solo dell’Occidente, ma dell’islam. Se i cristiani dovessero riunirsi tutti a mezzogiorno di domenica per pregare, le strade delle città sarebbero completamente bloccate. Nessuna chiesa potrebbe contenerli. Ma la Chiesa ha istituito anche la S. Messa del sabato sera, valida per la celebrazione della domenica, quando di S. Messe ce ne sono molte. E’ un problema interno alla comunità, che, se è viva, deve trovare delle soluzioni  per adattarsi al mondo, e non chiedere al mondo di adattarsi a lei!

3)  Mettere a disposizione le chiese vuote per le preghiere del venerdì. Proposta sorprendente. Le “chiese vuote” sono luoghi consacrati e non verrebbe in mente a un cristiano di utilizzarli per qualche cosa che non siano le funzioni sacre, o per la musica sacra – un’eccezione sempre possibile. Impensabile utilizzarle per celebrare un culto non cristiano. Inoltre, queste “chiese vuote” non sono destinate a restare vuote, ma al contrario a essere occupate non appena possibile da una comunità cristiana o da una comunità monastica, come accade sempre di più ovunque in Europa. Ora sembra difficile che un tale locale, una volta trasformato più o meno in moschea, possa essere “ripreso” e trasformato di nuovo in chiesa. Immaginiamo pr un attimo il contrario. Se in un Paese musulmano (l’Egitto o l’Algeria, per esempio) i cristiani autoctoni (in Egitto) o emigrati (in Algeria) chiedessero ai musulmani di cedere loro una moschea, dal momento che ne hanno tante, o di prestarla per la domenica, o solamente per le grandi feste cristiane: quale sarebbe la reazione dei musulmani?

La tolleranza deve essere reciproca! Accettare da una parte e non imporsi dall'altra.

Padre Samir conclude dicendo che in Europa deve stabilirsi fra cristiani e musulmani un rapporto basato sulla cooperazione, l’amicizia e la stima reciproca. Le due comunità religiose debbono fare dei passi in questa direzione. L’islam però, pone un problema all’Europa: non è vissuto semplicemente come una religione, ma anche come una cultura e una politica che penetrano in tutti i settori della vita quotidiana. Di conseguenza, ci può essere un conflitto di culture. L’Europa ha lavorato, per secoli, a separare religione e società, e tutto è segnato da una cultura cristiana secolarizzata. La comunità musulmana deve fare uno sforzo serio per accettare che il fenomeno religioso resti, per quanto è possibile, un affare privato. Più l’islam andrà in questa direzione, meno opposizioni troverà. Il che non significa affatto essere meno musulmani, ma esserlo in maniera diversa, più interiore. E poi aggiunge che il grosso sforzo da fare è nella formazione di imam francesi, che siano integrati nella cultura e nella mentalità francese, (o più largamente europea). Fino a che l’islam sarà culturalmente “arabo”, finché i musulmani pensano che per essere un vero musulmano bisogna riavvicinarsi alla cultura araba originaria, ci sarà malessere. Questa è la vocazione dei musulmani europei: creare un’interpretazione occidentale (francese, europea…) dell’islam, che armonizzi la fede e la spiritualità musulmane con la modernità occidentale, e cioè con la laicità e i diritti dell’uomo.

L’EGITTO NON GRADISCE LA DIGA SUL NILO VOLUTA DALL’ETIOPIA

Progetto da 6.000 mw, tre volte la potenza elettrica attuale

Roma, 21 mar. (TMNews) – ‘Etiopia ha annunciato che è prossimo l’avvio di un progetto per la costruzione di un grande impianto idroelettrico sul Nilo Azzurro nella regione occidentale del Benishangul, a circa 40 chilometri dal confine sudanese. Lo ha dichiarato il primo ministro, Meles Zenawi, specificando che l’impianto idroelettrico avrà una capacità di 6.000 MW, un valore tre volte superiore all’intera potenza elettrica in servizio nel Paese a fine 2010. L’Etiopia, infatti, con 76 milioni di abitanti, è dal punto di vista energetico tra i Paesi più poveri al mondo. La potenza elettrica installata a fine 2010 (quasi interamente idroelettrica) ammonta a 1.850 MW, e va considerato che la situazione ha subito un miglioramento, per quanto relativo, solo dall’inizio del 2010, quando sono entrate in servizio tre centrali idroelettriche per con potenza complessiva di 1.180 MW. L’annuncio del nuovo progetto di Benishangul ha provocato violente polemiche ed allarme in Egitto, che paventa il rischio di un impoverimento della risorsa idrica del Nilo, con grave danno per l’economia egiziana. Sulla base di trattati firmati negli anni Cinquanta, l’Egitto che, insieme al Sudan, controlla circa il 90% del corso del fiume, mantiene un potere di veto sulle decisioni prese in materia di acqua prelevata dal Nilo. Un accordo di cooperazione firmato nel maggio 2010 da Etiopia, Uganda, Ruwanda, Tanzania, Kenya e Burundi (e fortemente osteggiato da Sudan ed Egitto) mira però a superare questa situazione e a dar vita ad accordi regionali per consentire progetti da avviare anche senza il parere preventivo dell’Egitto. Secondo quanto è stato dichiarato dal primo ministro etiope, i timori espressi dai funzionari egiziani sono in ogni caso “privi di fondamento” perché “si tratta di un progetto energetico, dove l’acqua viene usata e poi ri-immessa nel fiume” e che quindi “non pregiudicherà la portata a valle del fiume”. I lavori della nuova diga sul Nilo dovrebbero essere avviati a metà di quest’anno e concludersi per la fine del 2016.

LA UE CONGELA I BENI DI MUBARAK

Bruxelles, 21 mar. – (Adnkronos) – Via libera alle sanzioni Ue contro l’ex presidente egiziano Hosny Mubarak. I ministri degli Esteri dell’Unione Europea riuniti a Bruxelles hanno deciso il congelamento di “tutti i fondi e delle risorse economiche di proprieta’ o controllate da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita dei fondi pubblici egiziani”. La decisione, si legge in una nota del Consiglio affari esteri, riguarda “una lista di 19 persone, incluso l’ex presidente Hosny Mubarak”.

I CINGUETTII DELLA RIVOLUZIONE DIVENTANO UN LIBRO

Non sarà stato solo Twitter ad alimentare le rivoluzioni nordafricane ma di sicuro il sito di microblogging ha saputo raccontarle in presa diretta con un’immediatezza che i media tradizionali non sono in grado di eguagliare. Tanto che ora qualcuno ha deciso di fissare sulla carta quei cinguettii di rivolta e libertà, quanto meno per quel che riguarda l’Egitto. Uscirà infatti il 21 aprile, edito dalla OR Books, Tweets From Tahrir, il racconto delle manifestazioni che, dopo aver invaso la piazza centrale del Cairo, hanno portato alla cacciata del presidente Hosni Mubarak. Tutto rigorosamente a blocchi di 140 caratteri. 

Il volume infatti comprende esclusivamente i messaggi dei manifestanti postati tra gennaio e febbraio, ovvero nel pieno delle dimostrazioni. A curare la raccolta due attivisti, Nadia Idle e Alex Nunns, che hanno proposto l’idea del libro alla casa editrice. “All’inizio ero piuttosto scettico – commenta al New York Times Colin Robinson, responsabile della OR Books – perché pensavo che il materiale sarebbe stato molto frammentario. Invece alla fine dà una rappresentazione molto coerente di quello che stava accadendo”.

Un mosaico fatto dai tanti giornalisti-cittadini (o cittadini-gionalisti) che riferivano online quanto vedevano o provavano in tempo reale. Con frasi anche molto drammatiche. “Siamo a un momento critico. La controrivoluzione sta reagendo con tutta la sua potenza. Se non vinciamo raccoglierete i nostri corpi dalle pattumiere”, scriveva ad esempio @3arabawy, riferendosi alle forze governative mobilitate in piazza il 2 febbraio. O ancora, come pubblica il 25 gennaio TravellerWMohamed: “La polizia ci tira addosso le pietre mentre noi alziamo le braccia. Noi siamo indifesi, loro armati dalla testa ai piedi. Noi siamo forti, loro deboli”.

L’idea di fissare in un “instant book” il magma ancora rovente prodotto dalle rivoluzioni nordafricane sui social media l’aveva già avuta anche una piccola casa editrice italiana, Quintadicopertina, che insieme a Voci Globali recentemente ha pubblicato un libro elettronico sulla rivolta del Gelsomino in Tunisia. “Settanta chilometri dall’Italia” ripercorre gli eventi che hanno portato alla caduta di Ben Ali attraverso le testimonianze online dei tunisini.

Il libro uscirà al momento negli Stati Uniti, ma probabilmente verrà distribuito e tradotto anche in Europa

LA CHIESA COPTA ACCETTA DIALOGO CON I FRATELLI MUSULMANI

La Chiesa copta ortodossa d’Egitto accoglie favorevolmente l’iniziativa della guida suprema dei Fratelli musulmani, Mohamed Badie, per l’avvio di un dialogo diretto con i giovani cristiani. Ne ha dato l’annuncio il vescovo di al-Maasara e Helwan, Anba Basanti.

La comunicazione del vescovo arriva in contemporanea con quella dei responsabili del partito in costruzione dell’Unione del Partito della Gioventù Cristiana, per la convocazione di un nuovo sit in davanti al palazzo della televisione (noto anche come Palazzo Maspero), per venerdì 25 febbraio.

La manifestazione proseguirà fino a quando non saranno soddisfatte tutte le richieste del nascente partito riguardanti l’arresto e la condanna dei responsabili dell’attacco che portò all’incendio della chiesa della Vergine, di Atfih, nel villaggio di Soul, nel comune di Helwan, a sud del Cairo,il 5 febbraio. “Diamo il benvenuto a tutti gli sforzi per la pace e l’amore nel mondo – ha dichiarato all’agenzia MENA il vescovo Basanti – e soprattutto nella nostra amata nazione, l’Egitto.”

SOLO IN ITALIA QUASI TRE ANNI PER UN RIMBORSO SACROSANTO!!

Il Giudice di Pace di Imperia ha condannato una agenzia di viaggi di Sanremo per ‘Danno da vacanza’.

L’agenzia, come scrive oggi La Stampa, non aveva comunicato a una coppia di clienti imperiesi il cambiamento di orario per la partenza dell’aereo da Malpensa.

I fatti risalgono al 2008. Quando la coppia era arrivata all’aeroporto della Malpensa, da dove doveva partire il loro aereo per Sharm El Sheik, il velivolo era già decollato e la vacanza è saltata. Per il Giudice la colpa è esclusivamente dell’agenzia, che dovrà restituire le somme versate dalla coppia ed a pagare i danni dovuti al contrattempo.

22 MARZO: GIORNATA INTERNAZIONALE DELL’ACQUA

Il mito delle guerre per l’acqua

Il mito delle guerre per l'acqua

Il 22 marzo è la Giornata Internazionale dell’Acqua. Una risorsa sempre più scarsa a causa dell’esplosione demografica, fino a rappresentare un “casus belli” in varie zone del mondo. Ma il futuro sarà davvero costellato di conflitti per l’acqua? Per i media sì, per gli esperti no. La cooperazione è la soluzione.

1. Nilo (Egitto ed Etiopia), Tigri ed Eufrate (Turchia, Siria ed Iraq), Danubio (Ungheria, Rep. Ceca e Slovacchia), Mekong (Cina e Paesi dell’Indocina), Indo (India e Pakistan), Colorado (Stati Uniti e Messico), Okawango (Namibia e Botswana), Canepa (Ecuador e Perù).

I fiumi, da sempre fonte di vita, nei suddetti casi sono anche fonte di discordia. Si stima che al mondo vi siano oltre 262 bacini fluviali condivisi tra più Stati e, salvo rare eccezioni, quasi ovunque la domanda è sempre la stessa: a chi appartiene l’acqua?

Non c’è una risposta univoca. L’acqua non rispetta i confini nazionali, anzi in molti casi li stabilisce. Quasi sempre le sorgenti di un grande fiume si trovano in un paese diverso rispetto alla foce, gli affluenti si diramano in altri stati ancora mentre lo sfruttamento idrico a monte condiziona enormemente la portata d’acqua a valle. Per cui ciascun Paese, a seconda che si trovi a monte o a valle di corso d’acqua, accorda la sua preferenza ad un criterio diverso per definire la questione. In compenso c’è una letteratura sempre più copiosa sugli episodi di velata o aperta ostilità che nel corso del tempo hanno visti protagonisti Stati rivieraschi. Non a caso nel 1995 il presidente della Banca Mondiale aveva dichiarato che le guerre del prossimo secolo saranno combattute per l’acqua, e il caso del Nilo (più volte l’Egitto ha minacciato azioni belliche contro gli Stati a monte) è forse l’esempio più emblematico delle tensioni che possono nascere in previsione di una crescente scarsità di tale risorsa

L’acqua appartiene alla natura e tocca all’umanità (fino a prova contraria fa anch’essa parte della natura e non ne è padrona) garantirne l’accesso e l’utilizzo razionale, nel rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani. Ma il diritto degli Stati sovrani non è dello stesso avviso. Attualmente, solo l’Ecuador ha affermato nella propria costituzione la tutela dell’ambiente come bene comune. Nessun altro Stato al mondo ha riconosciuto la tutela della natura come fine ultimo dell’azione generale, al pari, ad esempio, del diritto al lavoro o alla salute.

Al contrario, l’affermazione della sovranità sui corsi d’acqua rimane ancora oggi, nel mondo dell’economia globalizzata, l’espressione più forte e autorevole della sovranità statuale, intesa come controllo legittimo di un territorio e dello sfruttamento delle sue risorse. E nessuna risorsa come l’acqua è in grado di alimentare tensioni o di garantire uno sviluppo armonioso tra Paesi e tra comunità di uomini.

L’ecopolitica, ovvero la governance geopolitica e strategica delle risorse naturali, è sempre stata un dossier sensibile e vulnerabile per la gestione del potere degli Imperi. Anche nell’ultimo tra gli imperi territoriali in ordine cronologico, l’Unione Sovietica, si sono registrati numerosi casi di rivolta contro i Soviet locali per la cattiva gestione delle risorse naturali, in particolare quelle d’acqua.

Lo scenario temuto dagli esperti di “idropolitica”, nuova branca della geopolitica, prevede conflitti per il controllo dell’acqua (“idroconflitti”) che faranno impallidire quelli scatenati dalla ricerca spasmodica del petrolio, di cui, paradossalmente, la medesima area geografica possiede il 60% delle risorse mondiali. Non è un caso che si parli già di “acqua in cambio di pace”.
I principali fiumi contesi nell’area sono, e saranno sempre più, il Nilo, il cui bacino idrografico interessa dieci nazioni dell’Africa Orientale; il Giordano, che attraversa Libano, Siria, Israele, Territori palestinesi; il Tigri e l’Eufrate, che nascono entrambi in Turchia, attraversano il territorio siriano e si congiungono in Iraq prima di sfociare nel Golfo Persico con il nome di al-Shat el-Arab.Con 400 milioni di abitanti, pari al 6% della popolazione mondiale, e circa 200 miliardi di metri cubi di acqua l’anno, Nordafrica e Medio Oriente rappresentano la zona piu’ sensibile alla questione acqua a livello planetario: tenendo presente che in media un milione di persone necessita di due miliardi di metri cubi di acqua l’anno, il fabbisogno idrico della popolazione nordafricano-e’ soddisfatto solo per un quarto.

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QUANDO RIAPRIRA’ LA BORSA EGIZIANA??

Le autorita’ egiziane annunceranno in settimana la riapertura della Borsa Valori del Cairo, chiusa fin dalla fine di gennaio. Lo ha reso noto la televisione di Stato che citava il premier Essam Sharaf. Sono ormai trascorse oltre sette settimane da quando la Borsa egiziana ha sospeso le contrattazioni a seguito dei disordini scoppiati il 25 gennaio scorso e colminatri l’11 febbraio con la caduta del regime di Hosni Mubarak .

FLICKR SOTTO ACCUSA PER UN EPISODIO AVVENUTO IN EGITTO

Negli scorsi giorni, in Egitto è avvenuto un fatto insolito, che torna a far parlare della censura sul Web. Anche se ci sarebbe stata una smentita da parte di Flickr (il sito accusato di censura) il dubbio resta, anzi qualcosa in più di un semplice dubbio.

Infatti, sembrerebbe che un blogger egiziano sia venuto in possesso di contenuti multimediali di una certa rilevanza politica. Infatti in queste foto, sarebbero riportate testimonianze choc sui disumani trattamenti ordinati negli anni dal presidente egiziano Hosni Mubarak. Le foto avrebbero una notevole importanza, dato che sarebbero impossibili da smentire, visto che le prove proverrebbero dal quartier generale della polizia di stato a Nasr City. In un dischetto, sarebbero arrivate al blogger Hossam Arabawy, delle foto compromettenti per il governo egiziano.

Il blogger in questione avrebbe inserito le foto su Flickr che sarebbero state prontamente rimosse dallo staff del popolare sito di hosting.

Le motivazioni addotte da Flickr sono poco convincenti visto che secondo Arabawy, lo staff di Flickr avrebbe contattato l’utente per avvisarlo che le sue foto violavano le linee guida interne al sito.

Flickr censura

Per giustificare l’accaduto Flickr ha rilasciato un comunicato ufficiale: “Le immagini in questione sono state rimosse perché non sono frutto del lavoro dell’utente … come stabilito dalle linee guida della nostra community, gli utenti di Flickr devono condividere foto o video originali che siano stati creati da loro stessi. Flickr non è un luogo di archiviazione delle immagini, ma un posto dove sia possibile condividere contenuti originali”.

Motivazione veramente poco plausibile visto che Flickr è pieno di album fotografici con foto non originali, provenienti da Google Images!

IL CANADA AIUTA I GIOVANI EGIZIANI

Lawrence Cannon

(AGIAFRO) – Il Cairo, 18 mar, – L’Agenzia canadese per lo sviluppo internazionale ha avviato un progetto pilota da 11 milioni di dollari per favorire l’occupazione giovanile in Egitto. L’annuncio e’ stato dato dal ministro degli Esteri del Canada, Lawrence Cannon, di ritorno da una visita ufficiale nel Paese nord africano. Cannon ha spiegato che “con questo progetto i giovani egiziani acquisiranno le competenze necessarie per avviare imprese nel settore manifatturiero e commerciale”. Durante il suo viaggio, Cannon ha avuto l’occasione di incontrare membri del governo egiziano e della Lega araba per i quali, ha riferito il ministro, “l’occupazione giovanile e la lotta contro la disoccupazione sono due sfide fondamentali per realizzare il progresso economico, sociale e economico del Paese”.

SOSTIENI LA LIBERTA’ – VISITA L’EGITTO

A Giza davanti alle Piramidi siamo in quindici persone in tutto. Il piazzale antistante la biglietteria, normalmente strapieno e vociante di turisti come descritto nei romanzi di Nagib Mahfuz, è deserto. L’agenzia turistica locale che doveva organizzare il tour con partenza dal centro del Cairo ha rinunciato all’ultimo momento perché ero il solo richiedente. Tutti, come Sabri che vende riproduzioni di papiri e maschere funerarie, aspettano il ritorno dei turisti come si attende la pioggia dopo un periodo di siccità.
Il periodo di “vacche magre” per il turismo che vale l’11,5% del Pil egiziano e che nel 2010 ha portato 13 miliardi di dollari nelle casse dello stato, è iniziato il 25 gennaio, data d’inizio della protesta a Piazza Tahrir.
La situazione è grave anche sul fronte occupazionale perché un egiziano su sette lavora nel settore turistico e ogni anno arrivano in Egitto 14,2 milioni di visitatori. Una manna che oggi ha cessato di cadere, almeno per ora.
I dati parlano chiaro: nel mese di febbraio solo il 20% di 1,2 milioni di visitatori previsti è arrivato (cioè mancano all’appello 960mila turisti) anche se il neo ministro del Turismo, Mounir Abdel Nour, dà prova di ottimismo affermando che la «ripresa è in corso». Le camere degli hotel sono occupate appena al 18% del totale, una quota insufficiente a pagare i costi di gestione.
Molti camerieri, come Amr Ramadan, 28 anni, divorziato con una figlia a carico, hanno lasciato il posto negli hotel e ora fanno i tassisti improvvisati a cui bisogna indicare la strada.
Il Museo egizio del Cairo è aperto sotto sorveglianza dei militari. Un blindato all’ingresso fa capire che altri furti e saccheggi non verranno permessi, come quello clamoroso avvenuto nei giorni della protesta, sebbene l’Unesco abbia lanciato l’allarme sulla sicurezza dei musei e dei siti archeologici egiziani invitando il governo a fare di più.
Davanti alla sala che conserva gli ori funerari e la maschera di Tutankamon un ufficiale dell’esercito controlla la situazione con discrezione mentre militari armati di mitra pesante passeggiano nei corridoi. Gentile un soldato mi suggerisce di non perdermi la vista della biga del faraone, un gioiello militare dell’epoca, un carroarmato ante-litteram.
Un raro turista mi racconta che giunti al negozio del museo dove si vendono i souvenir la loro guida li ha consigliati di non acquistare niente lì perché gli introiti di quel business vanno a una società legata al precedente ministro del Turismo. Meglio andare a comprare nei piccoli negozietti vicini al museo dove si dà da mangiare alla gente che soffre. Piccoli episodi che danno l’idea di una società in fermento e in ribellione contro un sistema che bloccava qualsiasi inziativa privata senza appoggi politici.
La situazione economica in Egitto non è delle migliori anche perché le rimesse degli emigranti che pesano per il 5,8% del Pil sono in calo a causa dei rientri dalla Libia ed Europa. Senza questi due pilastri la crescita del Pil al 6% sarà solo un pallido ricordo.

Fonte Il Sole 24 Ore

Quindi facciamo nostro lo slogan che da tempo vi propongo: SUPPORT FREEDOM, VISIT EGYPT, ossia, sostieni la libertà, visita l’Egitto. In fondo noi europei con le attività in Egitto possiamo salire qando vogliamo su un aereo e tornare indietro, gli egiziani devono restare qui e sinceramente meritano di essere veramente aiutati dandogli la possibilità di lavorare, di progredire, di crescere, respirando il profumo di libertà che da troppo tempo non possono respirare,anzi, la maggioranza non ha mai potuto respirare il profumo della libertà!

TUTELARE IL PATRIMONIO CULTURALE EGIZIANO

 

Irina Bokova

(AGI) – Bruxelles, 18 mar. – Il patrimonio culturale della Tunisia, dell’Egitto e della Libia deve essere tutelato. Il direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova, ha chiesto a tutti i partner dell’Organizzazione di intervenire in salvaguardia di musei, siti archeologici e biblioteche che “potrebbero essere vittime di approfittatori senza scrupoli” e bersaglio di vandali e ladri. Un team di esperti dell’Unesco andra’ in Egitto e Tunisia per valutare la necessita’ di assistenza, soprattutto nel settore della prevenzione del traffico illecito, e elaborera’ un piano d’azione per la protezione del patrimonio culturale a medio e lungo termine.
“Dobbiamo lavorare a stretto contatto soprattutto con i giovani per diffondere il messaggio che il patrimonio culturale della Tunisia, dell’Egitto e della Libia e’ intimamente legato alla loro identita’, e rappresenta anche un agente di comprensione interculturale e democrazia”, ha concluso Bokova.

CORAL BAY: UN SERVIZIO DI PIATTI STRAORDINARIO

Gli elaborati decori di un piatto (clicca x ingrandire)

Tiffani Boutique è un marchio esclusivamente italiano che crea e produce una vastissima gamma di articoli in ceramica, porcellana e maiolica per la tavola e la cucina, interno casa, per il giardino, il terrazzo e per ogni spazio aperto. La produzione Tiffani è classificabile in quattro macro categorie: servizi tavola, arredamento casa terrazza giardino, articoli regalo e liste nozze, profumi fragranze ed essenze. Il mondo Tiffani è adatto a persone che amano la propria casa, il proprio ambiente di vita, sensibili al gusto tipicamente italiano e amanti dell’artigianato italiano originale. I piatti in porcellana e maiolica, le pentole in acciaio porcellanato, gli accessori come posate e bicchieri della Tiffani, così i tavoli in ferro

La tazzina per il caffè

battuto e pietra vulcanica, i piani in porcellana decorata e smaltata, i vasi in ceramica, le colonne ornamentali, sono tutti oggetti d’arte che danno valore al luogo che vanno ad arredare: casa, giardino, terrazza, portico. La raffinatezza, l’eleganza, il buon gusto, il piacere dello stare insieme a tavola o in giardino, diventano motivo di fierezza e prestigio se l’ambiente è firmato Tiffani, il modo unico per imprimere allo spazio uno stile veramente mediterraneo e italico.

Un pratico vassoio

Decorare significa abbellire: pitture murali, bassorilievi e altorilievi, trompe d’oeil, carta decorata, legno decorato, seta decorata: un decoro trasforma un materiale o un oggetto, li rende vestiti, artisticamente decorosi, li sublima, dà loro un senso artistico compiuto, li fa vivere, li anima. La ceramica artistica decorata artigianale italiana di Tiffani è tutto questo: i vasellami in ceramica e porcellana vengono decorati a mano dagli artigiani decoratori e, dipinti a mano, questi anonimi oggetti prendono vita: i colori, le foglie autunnali, la lucentezza, il design delle forme, tutto rende l’oggetto unico, non copiabile, una delizia per gli occhi e per il cuore. Tiffani offre un’infinita possibilità di abbinare forme e decori dei suoi articoli in ceramica e porcellana e creare collezioni fantastiche, corredi da sogno, dare sfogo alla fantasia ricercando gli abbinamenti preferiti tra le numerose famiglie di decori

Olio&Aceto, Sale&Pepe

Si chiama Coral bay, e probabilmente il nome è stato dato a questo servizio traendo ispirazione dal famoso hotel di Sharm el Sheikh. Questo è il servizio che intendiamo proporvi oggi: piatti e sottopiatti, alzatine e vassoi. Ma non solo, orologi e lampadari, barattoli da cucina e cassettina per il pane! Tutti i pezzi sono decorati con una fascia azzurra sulla quale si alternano splendidi coralli rossi e una delicata trama che riproduce una rete da pesca. Il decoro di una corda corre tutto attorno al piatto e divide la parte bianca dalla parte decorata. Insomma, c’è da sbizzarrirsi per arredare con piatti e accessori una cucina o una tavola veramente elegante e intonata ad un’abitazione di Sharm!!

Nel sito trovate, oltre ovviamente una descrizione accurata di tutti i pezzi, una piantina dell’Italia nella quale vengono indicati, divisi per regione, i punti vendita dove acquistare questi oggetti. Eventualmente è disponibile anche l’acquisto online!

CIVITA PIU’ SRL
Via Civita Castellana snc
01030 Castel Sant’ Elia – Vt 

Centralino    0761/5931
Fax 0761/593238

E-mail: info@tiffani.it

Linkati al sito di Tiffani

Poco meno di 70 euro per l’orologio

HANNO VINTO DI GRAN LUNGA I “SI”


(Photomasi)

Elezioni a fine anno. Lo ha decretato il risultatato del referendum costituzionale che si è tenuto sabato in Egitto. Il 77,2% ha votato per il “sì”. Lo ha annunciato in una conferenza stampa trasmessa in diretta dalla tv di stato il capo della commissione elettorale. I “no” si sono fermati al 22,8%. Ai 45 milioni di aventi diritto si è chiesto di scegliere se approvare o meno il pacchetto di riforme costituzionali proposto da un Comitato di saggi insediato dal Consiglio militare supremo. La vittoria del “sì” consentirà ora l’organizzazione di elezioni parlamentari e presidenziali entro la fine dell’anno. Se avessero vinto i “no” la giunta militare sarebbe stata costretta a prolungare la scadenza dei sei mesi prevista a settembre, per il passaggio del potere nei mani di un governo civile. La riforma prevede la limitazione del numero di mandati presidenziali, l’allentamento delle restrizioni per candidarsi, il rafforzamento del controllo della magistratura sulle elezioni e l’abolizione del potere presidenziale di ordinare processi militari contro i civili.

LA PRIMA VOLTA – In coda talvolta per ore sotto il primo sole estivo, milioni di egiziani si sono recati ai seggi elettorali per votare sì o no al referendum sul pacchetto di dieci emendamenti alla Costituzione. Si tratta del primo voto del dopo Mubarak e del primo test per la transizione politica che dovrebbe portare ad un sistema democratico guidato da civili, passando per le legislative e le presidenziali. La giornata di ieri è stata segnata da tensioni, quando una folla inferocita ha impedito al leader del movimento del cambiamento Mohamed el Baradei di votare in uno dei quartieri più poveri del Cairo. L’affluenza, dopo decenni nei quali non raggiungeva mai il 40% dei votati, è stata massiccia, al punto che in alcuni governatorati i seggi continuano a rimanere aperti anche dopo l’orario di chiusura delle 19, (le 18 in Italia), per consentire a tutti gli elettori di esprimere il proprio voto. Il referendum sugli emendamenti riguardanti soprattutto la candidatura e il mandato del presidente della Repubblica hanno diviso il Paese fra i sostenitori del sì, di fatto i Fratelli musulmani e il partito dell’ex rais, il partito nazionale democratico, e i sostenitori della rivoluzione, giovani e partiti, e i copti, che invece preferiscono bocciare gli emendamenti per puntare a un testo costituzionale nuovo di zecca.

FRATELLI MUSULMANI – L’obiettivo della campagna per il sì è quello di assicurare stabilità al Paese, ma, dicono i suoi oppositori, anche quello di arrivare presto alle elezioni legislative, favorendo soprattutto i Fratelli musulmani, il partito del dopo Mubarak più forte e meglio organizzato sul territorio. Varie ong hanno denunciato un attivismo e una presenza martellante ai seggi di esponenti di Fratelli musulmani e anche nel seggio del quartiere di Moqattam, dove ha tentato di votare El Baradei la loro presenza era evidente. El Baradei, poco dopo l’aggressione, ha postato un messaggio su Twitter definendo i suoi aggressori teppisti. Secondo alcuni testimoni in strada, la banda di giovani scatenati era un misto di islamisti e di supporter del partito di Mubarak. L’atmosfera in altri seggi della capitale in mattinata era però molto diversa e festosa.

QUELLI DELLA PIAZZA – In file separate per uomini e donne, giovani si univano ad anziani nel confessare che votavano per la prima volta nella loro vita. «Certo che oggi voto, finora andare era inutile tanto il risultato già si sapeva», spiega Ahmed, studente di ingegneria all’università di Helwan, che ha votato in un seggio a Sayeda Zeinab, al Cairo, dove è tuttora forte la presenza dei sostenitori del Pdn. «Ho passato quinidici giorni a piazza Tahrir e sono decisamente per il no» spiega Ahmed. Dallo stesso seggio esce un gruppo di donne velate che spiegano di avere votato per il sì. «Vogliamo la stabilità e che l’esercito torni nelle caserme», dicono mentre passa una donna a bordo di un’auto, anche lei velata, che grida «votate no».

QUATTRO ANNI – Hanno partecipato al voto 18 milioni e 500mila votanti, i voti validi sono 18 milioni, di 14 milioni sono i “sì”». La novità più importante riguarda la durata del mandato presidenziale. Sotto Mubarak, il mandato durava sei anni ed era rinnovabile all’infinito. In base alle nuove norme si può essere eletti presidente per non più di due mandati di quattro anni ognuno. Il capo dello stato, in base al nuovo testo, è inoltre obbligato a nominare un vice, mossa che Mubarak, al potere per 31 anni, ha fatto solo a gennaio scorso, nominando il capo dell’Intelligence Omar Suleiman nel tentativo di sedare la rivolta. La riforma rende inoltre più semplice candidarsi alle elezioni presidenziali. Tre sono le possibilità indicate dal nuovo testo: il sostegno di 30 membri del parlamento, la raccolta di 30mila firme in almeno 15 governatorati rappresentativi di varie aree del paese, l’essere membro di un partito politico che ha almeno un rappresentante in parlamento. La commissione di esperti, per ora, non ha messo mano alle norme relative ai poteri del presidente, che per 31 anni hanno garantito, in pratica, l’onnipotenza a Mubarak. L’indicazione della commissione è che queste norme siano riscritte dopo le elezioni presidenziali e politiche, da parte del nuovo parlamento.

 

Fonte: Corriere della Sera

DERUBATA LA BANCA GENETICA EGIZIANA

Accelera la corsa a mettere in salvo tutti i semi del pianeta, custoditi nelle casseforti della biodiversità che sembrano essere in pericolo in diverse aree del mondo. Durante il recente sollevamento popolare contro il regime egiziano del dittatore Mubarak tuttavia c’è stato l’assalto alla Banca Genetica del Deserto Egiziano nel Sinai del nord, dove è conservata un’importante collezione di piante e frutta medicinale. I vandali hanno rubato equipaggiamento tecnico e danneggiato l’impianto di raffreddamento, distruggendo anche una gran mole di dati raccolti in più di dieci anni d’attività.

Le attrezzature sono sparite e il sistema di raffreddamento è stato distrutto. In Russia, la stazione sperimentale di Pavlovsk che conserva una delle collezioni più importanti d’Europa di frutti e bacche è a rischio chiusura per la lottizzazione del terreno. Per i depositi di semi del mondo, il cui compito è salvare l’agricoltura in caso di calamità naturale, ora c’è la necessità di “fare cassa” in luoghi sicuri, prima che episodi simili si ripetano. E la rete dei centri si è attivata.

In quella che è destinata a diventare la banca mondiale dei semi, lo Svalbard Global Seed Vault, situato nell’arcipelago norvegese è arrivato un carico di 50mila semi, trasferiti nelle tre camere di conservazione poste al termine di un tunnel lungo 100 metri, scavato in una montagna di roccia e ghiaccio. Il deposito sotterraneo delle Svalbard, inaugurato tre anni fa, custodisce già 600mila semi, ad una temperatura costante di -18 gradi.

Il nuovo carico ha integrato il suo patrimonio con alcuni rari fagioli di Lima e un cantalupo resistente alla ruggine, entrambi provenienti dall’International Center for Tropical Agriculture colombiano che finora ha inviato 3.600 varietà di semi. Dal Livestock Research Institute di Addis Abeba, in Etiopia sono arrivati semi per colture da foraggio e dall’Arizona sono stati spediti i semi di rare piante leguminose che una tribù di Navajo ha preventivamente sottoposto a benedizione in una cerimonia.

Il Dipartimento per l’agricoltura americano ha inviato semi di soia raccolti in Cina oltre un secolo fa e semi di Solanum chilense e Solanum galapagense, parenti selvatici del pomodoro, il cui materiale genetico è stato usato dal dipartimento e dall’università della California per creare pomodori ricchi di licopene e di beta-carotene. Il deposito sotterraneo delle Svalbard si avvia così a diventare “la rete di sicurezza per l’agricoltura mondiale”, come ha affermato Roland von Bothmer, genetista e responsabile della gestione dello Svalbard Global Seed Vault.

NON SOTTOVALUTIAMO I PROBLEMI CHE VERRANNO DAL NILO!

Il Burundi ha firmato l’accordo che cambierà l’assetto della spartizione delle acque del Nilo, ponendo un nuovo problema per il governo militare ad interim in Egitto. L’accordo, riporta l’agenzia Reuters, è stato rifiutato dal Cairo. Il ministro delle Risorse idriche, Hussein el Atfi, ha dichiarato che “il patto siglato non assolve gli stati firmatari dai loro impegni precedenti”. La spartizione delle acque de Nilo è stata oggetto di diatribe diplomatiche fin dal 1929, quando un accordo sponsorizzato dal governo inglese garantì all’Egitto il diritto annuale a 55,5 miliardi metri cubi sugli 85 miliardi che scorrono attraverso nel fiume più lungo del mondo.

Egitto e Sudan fanno la parte dei leoni nell’utilizzo delle acque del Nilo a discapito dei paesi limitrofi, dove però ci sono le sorgenti del fiume. Un incontro dei ministri delle Risorse idriche di Etiopia, Kenya, Uganda, Burundi, Tanzania, Repubblica democratica del Congo ed Eritrea nel maggio del 2010 si è concluso con la firma da parte di cinque ministri di un accordo sulla re-distribuzione delle acque del Nilo senza la firma di Egitto e Sudan. Per rendere operativo il patto, c’era bisogno di una sesta firma, giunta ieri dal ministro dell’Ambiente del Burundi, Jean-Marie Nibirantije, che in una conferenza stampa ha dichiarato che “ci sono molteplici progetti per aumentare la capacità idrica del Burundi e dei suoi vicini che saranno adesso implementati grazie alla firma dell’accordo”.

L’Egitto è quasi interamente dipendente dalle acque del Nilo. Il settore agricolo resta un asset fondamentale dell’economia del paese – vale il 13,5 per cento del pil. L’accordo dei paesi alla sorgente del Nilo aumenterebbe in modo rilevante i costi di approvvigionamento dell’acqua, innalzando i prezzi della produzione agricola e danneggiando la competitività dei prodotti egiziani sui mercati mondiali, un’ipotesi che nello scenario attuale fa tremare le autorità egiziane. In seguito alle rivolte la crescita per il 2011 è stata rivista al ribasso da 5.6 a 4 per cento.
La perdita di ulteriori posti di lavoro nel settore agricolo – che oggi occupa il 32 per cento della popolazione può indebolire ulteriormente il già fragile Egitto. Si aggrava anche il problema della disponibilità  pro capite di acqua: nel 2017 potrebbe non essere più sufficiente al fabbisogno egiziano, esponendo il paese a facili ricatti geopolitici.

REFERENDUM SABATO 19 MARZO

Si terrà il 19 marzo in Egitto il referendum sulle modifiche alla Costituzione predisposte da un apposito comitato. Lo annuncia un comunicato del Consiglio supremo delle forze armate. Le proposte più significative messe a punto dal comitato di esperti guidati dal giudice Tareq el Bishri riguardano le modalità per la presentazione delle candidature alla carica di capo di stato e la durata del mandato. Secondo le indicazioni del Comitato, il mandato presidenziale si ridurrebbe a quattro anni rinnovabile una sola volta. Il Comitato di esperti ha anche proposto che il presidente designi uno o più vicepresidenti entro 60 giorni dall’assunzione del mandato. Per quanto riguarda lo stato di emergenza, una misura molto contestata dai manifestanti, il Comitato ha proposto che se a decretarlo è il presidente, la decisione debba poi essere esaminata dall’assemblea del popolo entro i successivi sette giorni. Comunque lo stato d’emergenza non può durare oltre sei mesi e un suo eventuale rinnovo richiederebbe un referendum popolare.

ALLARME PER I SITI ARCHEOLOGICI EGIZIANI

PARIGI – «I siti archeologici dell’Egitto sono in pericolo, salviamoli»: è l’appello lanciato oggi a Parigi dall’Unesco, che ha chiesto «la mobilitazione internazionale» perché gli oggetti rubati sui siti non entrino nel mercato dell’arte.

«Riceviamo informazioni allarmanti dall’Egitto sui diversi siti archeologici ed il museo del Cairo. Siamo molto preoccupati», ha detto Irina Bokova, direttrice generale dell’organizzazione delle Nazioni Unite che ha sede a Parigi, dove si è tenuta oggi una riunione sui 40 anni della Convenzione per la lotta contro il traffico illegale delle opere d’arte.

L’Unesco aveva già lanciato un appello di questo tipo all’inizio del mese di febbraio, dopo che alcuni furti erano stati registrati al museo del Cairo. Le nuove preoccupazioni dell’Unesco derivano dal rischio costante di saccheggi sui siti storici. «Abbiamo bisogno di una mobilitazione internazionale», ha detto la Bokova, per evitare che gli oggetti rubati entrino sul mercato dell’arte. La direttrice dell’Unesco ha anche annunciato di aver scritto alle autorità egiziane la settimana scorsa al fine di «prendere misure concrete per proteggere i siti».

IL SETTORE FIERISTICO EGIZIANO

Molte manifestazioni fieristiche egiziane hanno modificato le date di programmazione. Per chi fosse interessato a visitare manifestazioni del calendario egiziano, ritengo utile fare un riepilogo

Nel clima di ripresa delle attività economiche dopo la Crisi scoppiata in Egitto il 25 gennaio 2011 che ha portato alle dimissioni del Presidente della Repubblica l’11 febbraio e all’insediamento di un Nuovo Governo il 9 marzo, il Programma delle Fiere internazionali ha subito delle variazioni con manifestazioni annullate, posticipate o rinviate a date da confermare.

In particolare l’attività fieristica del Paese e’ ripartita da questo inizio di marzo, ad eccezione della 44^ edizione della Fiera Campionaria del Cairo del 17-26 marzo che e’ stata annullata. Un’altra cancellazione ha riguardato perché troppo a ridosso degli eventi di Crisi la 43^ edizione della “Cairo International Fair for Books” fissata dal 26 gennaio al 6 febbraio e poi posticipata, senza successo, al 29 gennaio-8 febbraio. A febbraio il Sistema Fieristico egiziano rimane fermo e mentre la 27^ edizione del “Defilé Kids (Summer) International Kids Fashion Exhibition” prevista dal 12 al 14 febbraio viene posticipata al 4-6 marzo, 4 fiere sono addirittura rinviate a date da confermare ed in particolare la “Windorex Middle East” del settore infissi, del 12-14 febbraio; la “Host 2011” del settore forniture per alberghi e attrezzature per la ristorazione del 14-17 febbraio; la “The Metal and Steel 2011”, del settore prodotti in acciaio, tubi e semilavorati, macchine e tecnologie per l’industria moderna del 26-28 febbraio e la “Amex 2011” del settore alluminio del 26-28 febbraio. Diversamente si presenta la situazione in questo inizio del mese di marzo che proprio a conferma della vitalità di ripresa del sistema produttivo e commerciale del Paese, ha permesso di realizzare già due manifestazioni specializzate, quali la “Middle East Coating Show” dall’1 al 4 marzo ed il “Defilé d’Egypte (Summer) – 27° Cairo International Fashion Exhibition” dal 4 al 6 marzo che oltre alle previste Collezioni donna ed uomo ha incluso anche quelle dei bambini, pur se alla presenza di un numero ridotto sia di espositori che di visitatori. Rimane in Programma la “Cairo Fashion Textile International Exhibition (Summer)” dal 31 marzo al 3 aprile ma e’ posticipata al 14-17 luglio la fiera “Food Tech”, delle tecnologie dell’industria alimentare, originariamente prevista per il 31 marzo-3 aprile. Risultano, invece, rinviate a date da confermare le manifestazioni del mese di aprile, la “Fasteners and Machines Supplies” del settore ancoraggi e sistemi di chiusura e relativi macchinari, del 15-17 aprile; la “Tecnoprint Expo 2011” del settore del printing and packaging del 15-19 aprile; la “Inter Office Egypt” del settore mobili per Ufficio, del 19-22 aprile; la “Next Move” del settore immobiliare del 27-30 aprile e la “Egypt Vet” del settore medicina veterinaria e relativi prodotti del 28-30 aprile. L’operatività del Sistema Fieristico egiziano riprende “quasi totalmente” nel mese di maggio e non ci saranno variazioni per le manifestazioni riconfermate della “Acquatech” per il trattamento acqua e della “Egymedica” delle attrezzature per il settore medicale, ambedue del 4-6 maggio, della “Intergas” del settore petrolifero del 10-12 maggio, della “CASA” per l’arredamento abitativo del 17-20 maggio e della “Interclima Tech” per la climatizzazione del 25-27 maggio. Fanno eccezione alcune fiere posticipate quali “Wood World”, del settore attrezzature macchinari per la lavorazione del legno, rinviata dal 10-12 maggio al 14-17 luglio; “Host 2011” delle forniture alberghiere ed attrezzature per la ristorazione, rinviata dal 16-19 maggio a novembre e “Macchina 2011” delle macchine agricole, rinviata dal 24-27 maggio al 23-26 ottobre.

L’EGITTO E’ PIU’ RICCO, MA GLI EGIZIANI PIU’ POVERI

Una interessante analisi della situazione economica in Egitto, tratto dal sito AGORAVOX

Sotto Mubarak il PIL egiziano ha registrato una crescita media del 5% annuo, ma il reddito pro capite della popolazione ha seguito una tendenza opposta. Colpa dell’esplosione demografica e delle scarse politiche di sostegno dell’ex presidente. Risultato? Gli egiziani sono più poveri oggi che nel 1911.

L'Egitto di oggi è più ricco di cento anni fa. E gli egiziani più poveri

1. È opinione comune che il mero scorrere lineare del tempo, pur tra alti e bassi, comporti necessariamente il progresso di una nazione. In altre parole, siamo convinti che a lungo andare la crescita di un Paese si traduca sia pur in minima parte in un miglioramento delle condizioni di vita della sua gente.

Al contrario, non sempre alla ricchezza di uno Stato si accompagna a quella del suo popolo, e al riguardo il caso dell’Egitto è emblematico.

La folla oceanica di Piazza Tahrir, esasperata dal senso di disagio per una situazione di vita non più sostenibile, è la punta dell’iceberg della precarietà socioeconomica che il Paese dei faraoni è costretto ad affrontare da decenni. Perché se da un lato l’Egitto di oggi è infinitamente più ricco rispetto ad un secolo fa, dall’altro gli egiziani di oggi sono più poveri di quelli di cento anni fa.

2. Esaminando i dati del Fondo monetario internazionale, si scopre che l’Egitto, alla faccia della crisi, ha avuto una crescita del 4,7% nel 2009, del 5,3% e del 5,5% prevista per il 2011. Scorrendo più indietro, notiamo che negli ultimi trent’anni, ossia durante la lunga presidenza-regno di Mubarak la crescita media del PIL si è sostanzialmente mantenuta sugli stessi livelli. Davvero niente male per un Paese considerato del Terzo mondo.

Ma allora perché la gente piange miseria?

La ricchezza di una nazione, cioè il suo PIL, più che in termini assoluti va considerata a livelli relativi, cioè pro capite. Se nel 1981 la popolazione egiziana ammontava a 44 milioni di abitanti, oggi è di fatto raddoppiata, attestandosi sugli 80. Un aumento medio del 2% annuo che ridimensiona la crescita del PIL al 3%. La stessa percentuale che misura la superficie abitabile del Paese. Sebbene si estenda per un milione di kmq, solo il 3% delle sue terre è realmente “calpestabile”. In pratica 80 milioni di persone vivono strette in 30.000 kmq, poco più della Sicilia. Una densità tra le più alte del pianeta.

Nel 1911, all’epoca del protettorato britannico, la popolazione sfiorava appena i 12 milioni. Il governatore Lord Cromer, che lo amministrò dal 1884 al 1907, lo descriveva nelle sue lettere come un paese moderno, industrializzato, collegato ai mercati esteri e con un settore agricolo in grado di assicurare il sostentamento di tutto il Paese. Il suo PIL pro capite si attestava al 19° posto nel mondo.

Il Re Farouk e la Regina Farida

Uno standard mantenuto più o meno fino al 1936, all’avvento di re Farouk. Sotto la monarchia l’Egitto mantenne un’amministrazione efficiente, ma l’aumento della popolazione contribuì a ridimensionare il tenore di vita degli egiziani, i quali alla morte del re, nel 1952, erano decisamente meno abbienti rispetto a quarant’anni prima.

Le cose peggiorarono sotto la presidenza di Gamal Abdel Nasser, il cui programma socialista sottrasse ingenti risorse a quello che noi oggi definiamo il welfare per destinarle all’industria pesante, tanto che nel 1970 il PIL pro capite si era dimezzato rispetto a diciotto anni prima. Le riforme economiche di Sadat, volte ad invertire la tendenza, hanno invece addirittura peggiorato la situazione.

L’avvento di Mubarak ha segnato la rinascita dell’economia egiziana. L’apertura al turismo ha consentito l’ingresso di una marea di denaro nel Paese, divenendo presto la prima voce di bilancio del Cairo. Sfortunatamente, la gente non ha beneficiato che delle briciole.

3. Oggi l’Egitto, con un reddito pro capite pari a circa 6200 dollari, è al 136° posto nel mondo. La diga di Assuan, salutata come l’opera che avrebbe traghettato l’Egitto dal Medioevo al Duemila, ha negli anni portato più danni che benefici. La progressiva salinizzazione delle acque del Nilo e la mancanza del prezioso limo e fertilizzare le terre hanno messo in ginocchio l’agricoltura. produzione di cereali è crollata. Al contrario di una popolazione che non ha mai smesso di incrementarsi.

Per tremila anni l’Egitto è stato il granaio del mondo; oggi invece è il secondo importatore di grano del pianeta. Il Paese importa oltre la metà dei suoi alimenti base e in parte questo spiega gli elevati rincari.

Laddove il deficit alimentare è più marcato, le importazioni possono raggiungere costi insostenibili, se rapportati al reddito pro capite. Sempre il rapporto del FMI del 2010 illustra che i prezzi al consumo in Egitto sono cresciuti del 16,2 nel 2009, dell’11,7% nel 2010 e si prevede un ulteriore aumento del 10% nel 2011. Sono stati soprattutto i generi di prima necessità a rincarare: stando ai dati della FAO, il grano è aumentato del 110%, il mais dell’87%, la soia del 59% e lo zucchero del 29%. In un Paese dove circa l’80 % del reddito familiare è riservato all’acquisto di generi alimentari tali aumenti hanno avuto effetti disastrosi.

In 60 anni (dal 1950 al 2010) la popolazione dell'egitto è quadruplicata passando da 20 a 80 milioni!!

La sfiducia degli investitori, dato l’alto rischio Paese, ha già portato ad una corsa alle vendite dei titoli: la Borsa del Cairo ne ha già pagato le conseguenze. Un Paese in cui la popolazione aumenta in misura incontrollata è instrinsecamente instabile, e perciò  comporta un rischio per chi decide di investirvi. Ponendo un ulteriore freno alle possibilità di ripresa a breve termine.

4. L’errore di Mubarak è stato quello di incentivare i settori orientati all’estero, in primis l’energetico e il turismo, trascurando le spese in infrastrutture, abitazioni o scuole, per mantenere l’efficienza del Paese al passo con la crescita delle bocche da sfamare. È questa la colpa che il popolo di Piazza Tahrir non gli ha perdonato. La pressione demografica, se non affrontata attraverso oculate politiche di controllo e sviluppo, può ridurre allo stremo qualsiasi Paese, nonostante le sue risorse.

“I governi [del Medio Oriente] devono concentrarsi molto di più sulla crescita interna e fornire un sostegno mirato alle famiglie più povere,” ha dichiarato Masood Ahmed, direttore del Dipartimento del FMI per il Medio Oriente e Asia Centrale, in una recente conferenza sul tema delle rivolte nel mondo arabo. “Per rispettare il vincolo di bilancio senza necessariamente ridurre le spese importanti (come per le infrastrutture), è importante migliorare e ammodernare le reti di sicurezza esistenti per renderle al tempo stesso ben stabili e durevoli. Così, le persone bisognose potrebbe ricevere benefici ma a costi fiscali ridotti”, ha aggiunto.

Belle parole, si dirà. L’Occidente non ha mai mostrato troppo interesse per la stabilità economica e sociale dell’altra sponda del Mediterraneo, dove si trova il 57 % delle risorse mondiali di idrocarburi. Eravamo troppo impegnati a soddisfare la nostra sete di petrolio per preoccuparci della fame di chi si trova sull’altra sponda del Mediterraneo.

Dal grafico si evince come mentre la produzione di petrolio sta calando, il consumo interno sta aumentando. A breve il petrolio non fornirà alcun introito all'Egitto

 

 

L’ESERCITO RICOSTRUIRA’ LA CHIESA DEI CRISTIANI COPTI

FONTE: ASIANEWS

Il Cairo (AsiaNews) – L’esercito egiziano inizia la ricostruzione della chiesa copta di S. Mina e San Giorgio di Soul, incendiata dai musulmani lo scorso 5 marzo. E’ quanto affermano, fonti di AsiaNews, anonime per motivi di sicurezza. La fonte sottolinea che i lavori sono iniziati oggi e saranno a carico del governo.

“La chiesa – afferma la fonte – verrà costruita sullo stesso luogo e con le stesse dimensioni della precedente, nonostante l’opposizione dei radicali islamici”. La comunità copta ha accolto con favore la notizia, ma ha annunciato che continuerà a manifestare davanti alla sede della Tv egiziana per chiedere uguali diritti per i cristiani, a tutt’oggi negati dalla costituzione egiziana.

“La ricostruzione della chiesa è un segno di buona volontà da parte dei militari”, continua la fonte. “In questi giorni anche una delegazione dell’Università di al–Azhar ha incontrato i cristiani del villaggio di Soul per comunicare la propria vicinanza”.

Dopo l’incendio della chiesa copta di San Mina e San Giorgio a Soul (30 km a sud del Cairo), nella capitale sono avvenuti scontri tra copti e musulmani costati 13 morti e oltre 50 feriti. Lo scorso 11 marzo, centinaia di cristiani copti e musulmani  con in mano i simboli di croce e mezzaluna si sono radunati in piazza Tahrir per ribadire l’unità interconfessionale del popolo egiziano.

Secondo la fonte, al Cairo vi è un clima positivo e non vi sono notizie di nuovi scontri tra cristiani e musulmani, ma resta la paura dell’estremismo islamico. “I Fratelli musulmani – aggiunge –  sono l’unico gruppo organizzato e armato presente nel Paese. Nonostante le divisioni interne essi saranno uniti nel portare avanti le idee dell’islam radicale alle prossime elezioni parlamentari”. (S.C.)

L’EGITTO RIPRENDE, LA TUNISIA NO

Valutando l’andamento della ripresa voli verso il turismo balnerare invernale a corto raggio nel Nord Africa, si nota che l’Egitto è ripartito abbastanza bene. Questo nonostante le problematiche viste nelle città principali, ma non nelle località balneari nella parte finale del mese di Gennaio e nel corso di Febbraio. La situazione infatti a Sharm ma anche Hurghada e Marsa Alam è sempre rimasta tranquillissima. Invece per la Tunisia assistiamo ancora ad un fermo dei voli in partenza verso Monastir o Djerba.

CORAL BAY CERCA ISTRUTTRICE FITNESS

Forfun società di Entertainment & Events ( http://www.forfunswiss.ch) che collabora con importanti tour operatorse catene alberghiere ricerca con partenza immediata in prestigiosa struttura a Sharm, (Coral Bay) un’istruttrice fitness con conoscenza dell’inglese.
Se interessata inviate cv con foto.

Non sono riuscito ad avere conferma diretta dalla direzione del Coral
Non so quanto l’annuncio sia veritiero ma vi posto ugualmente il link!

Leggi l’inserzione originale

STOP AI PERMESSI DI LAVORO PER GLI STRANIERI

Il nuovo ministro del Lavoro egiziano, Hassan El-Borai, ha annunciato l’interruzione delle concessioni di nuovi permessi di lavoro per i cittadini stranieri. Il provvedimento punta a incentivare l’occupazione di forza lavoro interna, evitando così l’emigrazione di molti egiziani verso altri paesi dell’area. La misura non interessa i lavoratori altamente qualificati, che potranno continuare ad arrivare al Cairo. Il ministro ha annunciato nuovi incontri con le organizzazioni degli imprenditori per stimolare l’attuazione del provvedimento. Oggi i lavoratori stranieri nel settore privato sono il 20% degli occupati.

L’EGITTO CHIEDE AIUTI ALL’UNIONE EUROPEA

Il Ministro delle Risorse idriche e dell’irrigazione egiziano, Hussein El-Atfy, ha espresso l’intenzione di presentare una serie di progetti urgenti che necessitano di un sostegno finanziario e tecnico da parte dell’Unione Europea.
Il pacchetto di progetti comprende la preparazione di un piano integrato per lo sviluppo di reti di canali in Egitto e la riabilitazione delle stazioni di irrigazione, oltre a una serie di interventi per la protezione delle spiagge dall’erosione costiera e per il mantenimento delle strutture ed infrastrutture adiacenti le coste egiziane.

Il Ministro El-Afty ha ribadito la necessità di impostare con urgenza dei comitati tecnici per la preparazione delle proposte e di inviare il modulo di richiesta alle autorità competenti dell’UE per lo studio di soluzioni in tempi rapidi, sottolineando al contempo l’importanza di aggiornare le prestazioni di tutti i quadri ingegneristici e tecnici dei dipendenti del suo Ministero.

L’UE sta continuando a sostenere il settore idrico in Egitto e col prossimo progetto in fase di preparazione, il cui completamento è previsto per il mese di aprile, si è impegnata a finanziare con  1,3 milioni di euro i diversi interventi da sostenere per lo studio della dimensione ambientale del lago Nasser e della regione sul fiume Nilo.

Fonte: ItalNews

ALLA SBARRA EX MINISTRO DELL’INTERNO

La resa dei conti è iniziata.

Per i responsabili dei piu clamorosi casi di corruzione legati a doppio filo a Hosni Mubarak comincia il count down. Habib el-Adli, ex ministro degli interni ieri è comparso per la prima volta davanti ai giudici. E’ accusato di corruzione e riciclaggio di denaro.

“Nessuno si aspettava che Habib el-Adly potesse finire un giorno sotto processo e magari dietro le sbarre – spiega uno dei leader dell’opposizione – questo processo ci rassicura e servirà a calmare gli animi della popolazione e a dare credibilità ai militari che guidano la transizione”

L’area del Cairo attorno al tribunale è strettamente sorvegliata. Nelle prossime settimane anche altri alti papaveri del regime verranno chiamati a rispondere del loro operato dai giudici. La base dei rivoltosi che ha abbattuto il regime vorrebbe pero’ che el-Adli venisse processato anche per le violazioni dei diritti umani di cui si è reso responsabile. Venerdi e sabato manifestanti hanno preso d’assalto le sedi dell’odiata polizia speciale, l’ex braccio armato del regime responsabile di omicidi e schedature di massa.

it.euronews.net

I TRUFFATORI SI AGGIORNANO: E TIRANO IN BALLO MUBARAK!

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Se vi dovesse arrivare una mail dall’avvocato di Mubarak, che magari vi chiede anche dei soldi, tenete gli occhi aperti: non è che l’ennesima frode online. Come segnalato da Symantec, sono state rilevate richieste fraudolente del tipo 419 scam con la fantomatica motivazione si sbloccare i fondi congelati di Hosni Mubarak: i messaggi phishing, in lingua tedesca, erano “firmate” dai sedicenti legali di Mubarak. L’incentivo era una ricompensa economica.

Non è certo la prima volta che i grandi eventi politici o le tragedie scatenino l’inventiva dei truffatori online. Lo stesso era successo, ad esempio, per il terremoto di Haiti.

Si resta indignati di fronte al tentativo di sfruttare guerre e cataclismi per motivi fraudolenti; d’altra parte, però, bisogna essere davvero ingenui per credere che l’avvocato di Mubarak cerchi proprio noi per sbloccare il conto in banca da 2,5 milioni dell’ex presidente egiziano!

Certamente il fatto che vengano ancora usati trucchi così semplici è un segno evidente dell’immaturità media degli utenti Internet. La regola del non fidarsi mai degli sconosciuti vale anche nel mondo telematico. Anzi, dato il rischio di botnet, anche sugli “amici”, soprattutto se non danno prova di grande diligenza informatica, non bisognerebbe fare troppo affidamento: chissà che non siano degli zombie?

UN TUNNEL SOTTOMARINO PER VEDERE I PESCI STANDO ALL’ASCIUTTO!!!

Al fine di proteggere la barriera corallina, visitata ogni anno da centinaia di turisti, l’Italia ha deciso di costruire in Egitto, in una zona non lontana da Sharm el Sheikh, un grande canale sottomarino trasparente. Il tunnel consentirà il passaggio dei visitatori, evitando o limitando al minimo le immersioni. Questo e altri progetti di cooperazione ambientale sono al centro dell’incontro avvenuto al Cairo tra il ministro Pecoraro Scanio e il suo collega egiziano Gorge. Il progetto del tunnel è stato messo a punto da biologi e ingegneri dell’Università di Pisa ed é inserito nel contesto di una sorta di parco a tema nell’area Ras Mohammed National Park.

Passeggiata turistica sotto il livello del mare A sette metri di profondità in un mare così trasparente da sembrare un effetto artificiale di grafica computerizzata nascerà il primo tunnel sotto il mare progettato e realizzato da italiani. Sarà costruito entro l’anno nel Ras Mohammed National Park in Egitto, penisola del Sinai, ai confini con Sharm el Sheikh e avrà due scopi: aiutare i biologi marini, ecologi e climatogi a studiare la barriera corallina e consentire ai turisti, non solo sub, di visitare le profondità del mare senza provocare danni al fragilissimo ecosistema messo in crisi negli ultimi anni da eserciti di subacquei spesso maldestri.Il progetto – già finanziato con dodici milioni di euro costerà complessivamente venti milioni di euro – si chiama «Underwater marine observatory» ed è stato realizzato da Università di Pisa, Fincantieri, Finmeccanica, Galielo e la multinazionale genovese Dapollonia e il Consorzio Pisa ricerche. «Il tunnel sarà lungo una quarantina di metri – spiega Francesco Cinelli, docente di Ecologia all’Università di Pisa – I visitatori percorreranno un pontile che li condurrà alle Porte, un ascensore sottomarino o una scala a forma di elica, che raggiungerà una profondità di sette metri. Poi si entrerà nel tunnel di acciaio con un diametro di tre metri, ancorato a dodici metri sul fondo del mare. Il visitatori potranno vedere lo spettacolo della barriera corallina attraverso a finestre di plexiglass di due metri di lunghezza e uno di larghezza». Il progetto è anche una dimostrazione delle capacità imprenditoriali di un ateneo, l’Università di Pisa (www.unipi.it) , che insieme all’industrie può realizzare strutture di grande valenza tecnologica e scientifica.

Fortunatamente questa genialata è stata prevista nel 2006 e siccome per fortuna non se ne parla più, suppongo sia stata giudicata un’emerita str…..a!!! Resta da capire chi si è eventualmente imboscato i 12 milioni di euro già stanziati!!! eheheheheh

 

Fonte

IN EGITTO LA GUERRA DEL WEB! GOVERNO CONTRO RIVOLTOSI

Fonte: ilsole24ore.com

Internet è un pericoloso avversario politico, commerciale, militare. I regimi totalitari lo guardano con terrore, immaginano ambiziosi progetti di regolamentazione, inseguono il sogno di un controllo efficace e capillare. Despoti e prepotenti temono la libertà di espressione e di comunicazione ancor più di un assalto armato o di un’imboscata mortale. Non esiste scorta o blindatura che possa salvare qualsivoglia rais dalla detronizzazione multimediale, operata con messaggi, documenti, foto e filmati che si moltiplicano all’infinito e sovvertono ogni equilibrio.

Quel che è accaduto nella regione nordafricana – e l’Egitto ne è l’esempio eclatante – dimostra che bit e byte sono l’ossigeno della rivolta, che i gangli telematici sono le vie su cui si snodano i cortei virtuali, che blog e social network possono trafiggere anche governi ritenuti impermeabili e inamovibili.
Internet è come un terremoto: a poco servono infrastrutture “antisismiche” per fronteggiare la forza della natura della rete, ma ciò nonostante si è assistito e purtroppo si continuerà ad assistere a sforzi tecnici e legislativi per bloccare l’informazione e il suo irrefrenabile moto sussultorio. Si sono visti numerosi tentativi per filtrare, rallentare o bloccare l’accesso e la fruizione dei contenuti disponibili online o le opportunità di contatto uno-a-uno, uno-a-molti e molti-a-molti. Ciascuno di questi conati ha un percorso ben definito e qualche itinerario alternativo, ognuno dei quali ha tempi e risultati variabili.

La stretta di vite comincia con la messa al bando delle realtà ritenute maggiormente pericolose. La censura mirata prevede l’individuazione delle coordinate del l’obiettivo – nome del sito principale, dei suoi sottodomini e dei “mirror”, nonché relativi numeri Ip e corrispondenti traslazioni degli stessi in formato esadecimale e successivamente decimale – e l’immediato inserimento in una black-list permanente oppure predisposta per la specifica occasione. I provider, che in molti Paesi sono controllati o sono molto vicini al regime, attuano procedure di esclusione di chi è compreso nell’elenco: i web in questione diventano irraggiungibili e il cybernauta che prova a collegarsi riceve un messaggio di errore come il classico «http 404» oppure si ritrova sullo schermo una pagina informativa che spiega per quale motivo non si può accedere al sito richiesto (come accade anche in Italia per le iniziative a contrasto della pedopornografia e del gioco d’azzardo illegale).

In termini pratici la manovra consiste in un reindirizzamento di chi naviga in rete verso una destinazione prestabilita, così come avviene nella circolazione stradale con certe brusche svolte obbligatorie. L’operazione è compiuta sui Domain Name Server (Dns), ossia quei computer che su internet traducono i nomi degli indirizzi web in numeri Ip e instradano chi naviga: gli Url “vietati” vengono abbinati a un Ip senza sbocco o corrispondente alla pagina di avviso che si è finiti su una rotta non consentita.
Questo sistema è spesso bypassabile da chi conosce l’Ip del web di interesse o dagli utenti che impostano il proprio browser (Internet Explorer, Firefox, Chrome, Safari…) a servirsi di un Dns magari straniero che sia differente da quello fornito in automatico dal provider. Il dribbling è rapido e non richiede competenze tecniche ma soltanto una buona informazione in proposito.

La censura può prevedere anche il tracciamento metodico di chi raggiunge siti off-limits, chi pubblica sui social network contenuti “sgraditi” o esegue ricerche con parole chiave classificate come pericolose: le azioni ritenute in contrasto con una determinata linea politica o anche solo simpatizzanti con opposizioni di sorta vengono abbinate al numero Ip del computer utilizzato per porle in essere. La schedatura è facilissima e spesso viene integrata con l’aggregazione di soggetti in reciproco contatto fino alla definizione di dettagliate mappe relazionali.
In Egitto si è andati oltre. Constatata l’inefficacia delle iniziative di blocco dei social network e delle altre limitazioni alla libera navigazione, si è passati a un intervento che ha mutilato le comunicazioni. L’intervento è stato simile alla progressiva chiusura di un rubinetto: la riduzione della larghezza della banda di connessione ha rapidamente lasciato a secco chi cercava di inviare o ricevere dati, così come confermano le statistiche dei volumi di traffico online per la specifica area geografica negli ultimi giorni di gennaio.
Ma non è bastato strangolare i collegamenti con interventi mirati sui gestori di servizi telematici e azzoppare le comunicazioni cellulari e anche il semplice invio di sms: la resistenza è riuscita nella propria missione grazie all’ingegno di chi sulle barricate digitali ha predisposto di volta in volta le migliori contromosse.

Il grafico mostra quello che è accaduto alle connessioni online in Egitto veicolate sulla rete di Akamai da mercoledì 26 gennaio a mercoledì 2 febbraio. Si vede chiaramente come il traffico sia crollato quasi del tutto attorno alle 11.30 (ora italiana) di giovedì 27 gennaio. Il traffico Internet sulla rete di Akamai in Egitto è tornato a livelli normali ieri, mercoledì 2 febbraio. Gli orari indicati si riferiscono al fuso orario Eastern Time (ET), sei ore in meno rispetto all’ora italiana.

 

Revolution Day
Nella seconda decade di gennaio, su Facebook, nella pagina del “Revolution Day” più di 85mila persone dicono che parteciperanno alla protesta antigovernativa distribuita sull’intero territorio egiziano che è stata pianificata in Egitto per il 25 gennaio 2011.

Accesso bloccato
Il 26 gennaio viene bloccato l’accesso a Facebook e Twitter, ritenuti il crocevia dei movimenti di rivolta. Il giorno successivo il traffico da e verso l’Egitto subisce un crollo mai registrato prima. Le autorità governative hanno chiuso i rubinetti alweb e alle comunicazioni via cellulare.

Il superamento dei filtri
La sera del 27 gennaio i cybernauti più esperti bypassano il blocco utilizzando Dns stranieri per superare i filtri che impediscono di raggiungere i siti. Nella notte le connessioni degli egiziani via Tor si impennano perché sembra l’unico sistema per comunicare in rete.

È successa la stessa cosa per la telefonia mobile. Dal Cairo è partita la richiesta ai gestori di bloccare ponti e ripetitori. Vodafone UK ha fatto sapere che il governo egiziano ha chiesto all’azienda di sospendere la copertura in alcune aree del Paese.

Stop alle comunicazioni
Il venerdì 28 gennaio i quattro maggiori provider del paese – Link Egypt, Vodafone/Raya, Telecom Egypt e Etisalat Misr – interrompono le loro funzioni in base agli ordini del governo. In serata risulta impossibile chiamare con telefoni cellulari o inviare sms.

Ricorso ai provider stranieri
Nella giornata del 29 gennaio il traffico internet da e per l’Egitto si sposta in modalità dial-up su provider stranieri con chiamata da rete fissa. Alcuni navigatori ricorrono anche a connessioni satellitari pur di mantenere vive le comunicazioni via web.

Il disturbo su rete fissa
Il 29, su input governativo, il traffico dati viene “disturbato” per ostacolare chi si collega da rete fissa, sfruttando la possibilità dei router di analizzare i pacchetti e distinguere le chiamate in fonia e quelle riconducibili a possibili connessioni a internet mediante operatori esteri.

Tweet via voce
Tra il 31 gennaio e il 1˚febbraio Google e Twitter mettono a disposizione un sistema che consente a chi si trova in Egitto di inviare tweets bypassando internet: basta telefonare a un numero e seguire le istruzioni in arabo. I messaggi lasciati vengono trasformati in tweet e veicolati in Rete.

VENERDI’ SERA C’E’ UN BUFFET DIVINO

Chi si trovasse a Sharm venerdì sera dovrebbe passare da Marika, la titolare di Roma Antica a Delta Sharm.
Da questo venerdì riprendono i buffet interrotti nel periodo dei disordini de Il Cairo.
Sharm riparte e Marika si adegua

E siccome Marika si diverte a giocare con le parole, ha giocato anche col nome da dare al suo buffet!

Come il suo locale si chiama Roma Antica che letto tutto attaccato si legge Romantica, il buffet lo ha chiamato Di Vino!

Questo venerdì buffet a base di vini italiani. La formula è la consueta: si paga il bere e si mangia gratis a buffet!
Insalate di pasta, frittatone, tranci di pizza, focacce ripiene, verdure eccetera.

Un appuntamento tradizionale per la comunità italiana di Sharm che riprende da questo venerdì!

Buon appetito!! anzi, cin cin!!

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Con l’occasione vi ricordo del buffet di giovedi sera al Napoli Caffè
Questa settimana viene riproposto il menù della scorsa settimana dato che per un inconveniente l’appuntamento era saltato. Leggi qui

Massimo Giovedì, Marika Venerdì, Seba quando??? Eh si, perchè non possiamo dimenticarci di dare la news: Seba, ha aperto un locale proprio al Delta, talmente attaccato al locale di Marika che hanno un muro in comune! Forza ragazzi, continuate così che il Delta diventerà presto un posto dove la sera si mangia gratis!!
Ma di Seba e del suo nuovo localino parleremo prossimamente!

CITTADINANZA EGIZIANA: MENO FACILE DI QUEL CHE SI CREDA!!

Avere la cittadinanza egiziana è complicatissimo. Ecco il quadro normativo varato solo 4 anni fa dall’Alta Corte. A queste regole deve essere aggiunta anche la revoca della cittadinanza nel caso in cui un egiziano abbia sposato una donna di nazionalità israeliana.

Matrimonio con un cittadino egiziano non dà alcun diritto alla cittadinanza egiziana, che rimane a discrezione del Ministero degli Interni; quanto alla revoca della cittadinanza, era finora prevista solo in casi particolari, anche alla luce del fatto che la doppia cittadinanza in genere non è permessa.

Rinuncia volontaria alla cittadinanza
Un egiziano può rinunciare alla cittadinanza se ne abbia assunta un’altra

Revoca della cittadinanza
– se ottenuta utilizzando documenti o dichiarazioni mendaci (entro 10 anni dalla concessione)
– nel caso di acquisizione per matrimonio o naturalizzazione, è revocabile (entro 5 anni) in caso di condanne penali o di mancata residenza per due anni consecutivi, oltre che di reati contro la sicurezza dello Stato, anche se commessi all’estero.

Revoca della cittadinanza per casi particolari
Il governo egiziano ha il diritto di revocare la cittadinanza anche in altri casi:
– aver svolto servizio militare all’estero
– mantenere una carica in seno ad un governo estero o un’organizzazione internazionale anche dopo espresso parere contrario delle autorità egiziane, o il lavoro alle dipendenze di uno Stato in guerra o con il quale siano state interrotte le relazioni diplomatiche

Doppia nazionalità
Autorizzata solo per quegli egiziani che ne facciano richiesta entro un anno dall’assunzione della nuova nazionalità (e se l’altro Paese lo permette), mentre i naturalizzati egiziani possono mantenere anche la nazionalità originale (sempre che il loro Paese di origine lo permetta); chiunque abbia una doppia nazionalità non potrà tuttavia svolgere servizio militare o di polizia ed essere eletto in Parlamento.

Naturalizzazione
Occorrono almeno 10 anni consecutivi di permanenza in Egitto e il rispetto di alcuni criteri, quali
– l’assenza di condanne penali
– la conoscenza della lingua araba
– mezzi autonomi e legali di sussistenza
Per poter esercitare i propri diritti politici occorrerà attendere 5 anni dall’ottenimento della cittadinanza e per l’eleggibilità in Parlamento almeno 10 anni.

DOMENICA SCORSA GRANDE MANIFESTAZIONE A NAAMA BAY!!!

WE LOVE EGYPT

Questo è il nome che gli organizzatori hanno dato alla manifestazione che si è svolta ieri nella main street di Naama Bay!
Un forte segnale al turismo, per far capire una volta per tutte che il turismo a Sharm è più forte di prima, che nulla è cambiato nelle strutture anche se tutto è cambiato nello spirito e nell’animo degli egiziani!

Appuntamento all’inizio della strada pedonale alle 14:00 e poi una lenta marcia fino al market Panorama di fronte al quale era stato montato un palco!

Sono arrivati a Naama con tutti i mezzi possibili e immaginabili!! Cammelli e quad, go kart e moto, Hammer e biciclette, l’importante era esserci.

Atmosfera festosissima, clacson a manetta e sbandierate con la bandiera dell’Egitto.

Questa folla festante ha proceduto lentamente fino al palco dove si sono alternati cantanti e gruppi folcloristici.

Alle 18:00 tutti al lavoro, ad aspettare i turisti che rientravano dalle spiagge (quei pochi che ci sono!)

Una festa fatta dagli egiziani per gli egiziani, per la quale va fatto un grande plauso agli organizzatori anche se una critica la devo muovere! Mi ha dato molto fastidio essere trattato da privilegiato in quanto straniero! E mi spiego. Le magliette venivano regalate e per averle c’era da fare una bella coda. Ma in coda c’erano solo gli egiziani, i turisti e gli stranieri saltavano la coda! Questo non mi è sembrato giusto! Era la loro festa, perchè anche in questa occasione devono essere messi in secondo piano? Perchè noi europei non siamo stati messi in fila con gli altri?? Mi ha dato fastidio anche se ho beneficiato della cosa!
Ma anche se a me dava fastidio, per loro era normale! Nessuno diceva nulla vedendo che noi europei andavamo in cima alla fila e avevamo subito la maglietta! Ci sono ancora tantissime cose che devono cambiare in Egitto, anche la considerazione che questo popolo ha di se stesso! Lo meritano!!!

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UNA DRAMMATICA PAGINA DI FACEBOOK

In Egitto per fortuna non è successo quello che sta succedendo in Libia!
In fondo si può dire che in Egitto sia andata bene

Ma su Facebook esiste una pagina tristissima, una pagina che tutti dovremmo visitare almeno una volta, in silenzio, meditando sul valore che ha la libertà, quella cosa che noi italiani diamo per scontata, ma che purtroppo tanto scontata non è!

In questa pagina scorrono decine e decine di fotografie. Sono le foto di persone che hanno perso la vita nel corso degli scontri. Abbiamo sentito parlare di morti, centinaia di morti nei giorni dei disordini.

Diverso è trasformare quel numero in facce, in volti. La stragrande maggioranza sono ragazzi, giovani uomini. Guardando quei volti non si può non pensare che quei “morti” generici che snocciolavano i TG erano persone, con famiglie, genitori, figli, affetti.
Persone che avevano una loro vita, un lavoro, una storia. Persone che probabilmente si sono solo trovati al posto sbagliato nel momento sbagliato. Persone che ora in Egitto sono considerati martiri per la libertà. Persone che meritano il rispetto di tutti noi perchè hanno pagato il prezzo più alto per il loro sogno di libertà!

Centinaia di ragazzi che non avranno mai l’onore di uno speciale Porta a Porta o di un Matrix! Mah

La pagina di Facebook la trovi a questo link

UN FILO DI COTONE AL POSTO DELLA DOLOROSA CERETTA

Depilazione col filo

in Bella Fuori

Una tecnica antichissima che sta arrivando anche da noi e risale alla tradizione estetica orientale per una pelle liscia come depilata con la ceretta

In principio fu il filo . Non quello di Arianna si intende, ma l’antica tecnica orientale usata per  la depilazione. La curiosità delle donne sull’argomento non ha mai fine tanta è la voglia di sperimentare trattamenti sempre più indolori. Per tutte quelle che vivono il momento della depilazione con fastidio, e in effetti lo è, la tecnica del filo orientale potrebbe risolvere non pochi  problemi.

Più semplice a farsi che a dirsi, la tecnica consiste in un intreccio di un filo di cotone tenuto tra le labbra dell’ estetista e manovrato in modo che si avvolga come una spirale nella zona da depilare. Poi attraverso un sistema di pressioni e leve sui fili, i peli vengono strappati via gradualmente lasciando la pelle liscia. La tecnica, nata in India e poi diffusasi in tutto l’Oriente rende, grazie alla precisione millimetrica con cui estirpa il pelo, l’odioso rito della ceretta meno traumatico. 

In origine veniva utilizzato per la prima volta dalle donne nel momento del matrimonio e rappresentava un passo importante nella crescita, quasi un rito di passaggio. In Italia è piuttosto difficile trovare dei centri estetici che utilizzino la procedura, ma vale la pena cercare nella propria città una brava estetista e provare il trattamento che sembra suggerire che una buona depilazione non è una questione di forza ma di precisione. Un primo passo potrebbe essere quello di provare a contattare l’Unione Nazionale Estetisti Professionisti per avere qualche informazione in più.

D’altronde le donne che l’hanno provata ne sono rimaste entusiaste e anche l’odiosa ceretta tradizionale, insieme ai versi di dolore e fastidio che la caratterizzano, potrebbe definitivamente passare di moda

Ma perchè riporto questo articolo?? Perchè mentre in Italia questo genere di depilazione sta per essere riscoperta, in Egitto non lo hanno mai abbandonato!!!! Anzi, è il metodo più usato nei centri estetici con personale egiziano!!

NAAMA BAY: IL LITTLE BUDDHA

EXPO DI MILANO 2015: L’EGITTO E’ TRA I PRIMI A CONFERMARE!!!

(ANSA) – MILANO, 25 FEB – Anche la Turchia aderisce a Expo Milano 2015.

Questa adesione, spiega la societa’ che organizza l’evento, e’ particolarmente significativa dopo ”la competizione leale” che ha portato Milano e l’Italia ad aggiudicarsi, proprio contro Smirne, la prossima edizione dell’ Expo. La Turchia e’ il settimo Paese che risponde alla lettera d’invito. Dopo la Svizzera, hanno risposto ufficialmente il Montenegro, l’Egitto, l’Azerbaigian, San Marino, la Romania. (ANSA).

EBBENE SI, E’ TUTTO A POSTO, MANCANO SOLO I TURISTI! MA STANNO ARRIVANDO!!

Fonte: Lastampa.it

Primo viaggio dopo la rivolta:
prezzi bassi, ma è tutto chiuso

PIERANGELO SAPEGNO

Reportage da SHARM EL SHEIKH

Lungomare di Dahab

Quando scende dalla scaletta, Salvatore Vendemini si tira su la cerniera della maglia. Non fa così caldo, dice ma oggi è un giorno strano. E’ atterrato a Sharm il primo volo di turisti dall’Italia, appena la Farnesina ha tolto il bollino rosso e ha levato lo «Sconsiglio». Non è che ci sono tanti turisti, però. E non c’è un taxi, fuori. C’è la faccia di Enrico Brignano che sorride da un cartellone, sotto la scritta grossa di Sharm el Sheikh: il film non è nuovo, ma è il simbolo di un’epoca che qui tutti vorrebbero fermare. Sul volo che ha atterrato ci sono operatori, ci sono agenti, c’è qualche giornalista. Pochi turisti. Dice Marika Porta, di Domina Vacanze, che da domenica cominceranno a crescere, che aspettano un volo con 50,60 persone: «Noi siamo solo l’avanguardia».

E’ un giorno strano. Perché è come se qui volessero uscire dal mondo. Ti sorridono tutti da lontano, appena ti vedono. Il pavimento sembra uno specchio, oggi, all’aeroporto. Non ci sono soldati, non c’è uno straccione sotto le palme e fra i marciapiedi ripuliti, e anche se il vento alza la polvere, le strade sono linde come se fossimo in Svizzera. Non c’è una televisione accesa. In un bar, o in qualsiasi posto, niente, nemmeno una tv, o una radio qualunque che scarichi brutte notizie. Meglio stare spenti sul mondo.

Anche Salvatore sembra colpito. Fino a ieri ci veniva 9 o 10 volte all’anno, e ora racconta che doveva scendere «proprio nei giorni brutti della sommossa. Solo che ci rimandavano indietro la gente, e non c’è stato niente da fare». Veniva giù con la famiglia, ricorda. «Anche in 10. Se invece c’era tutta la compagnia, con gli amici, eravamo addirittura in 50». Oggi è da solo: «Eh eh eh, mia moglie non poteva lasciare il lavoro, adesso. Fa l’insegnante. E anche i miei figli non potevano venire. Ma non c’entra la paura. E’ andata così». E, almeno oggi non faremo le code per il passaporto, perché in un periodo normale, dice, perdi anche mezza giornata. Salvator guarda attorno: c’è appena un militare, senza mitra e senza armi in braccio. Lascia persino che un signore scatti le foto in aeroporto. Il Nord Africa è in fiamme, ma da qui si fa di tutto perché non si veda. Il primo volo dall’Italia ha portato gli innamorati di Sharm, come Massimo Mazzolini, istruttore sub, 48 anni, da Milano, che qui ha messo su casa, o come Ernesto Preatoni, che questo posto l’ha quasi inventato, fondando il Coral Bay, che è in pratica una città dentro la città, con parchi e alberghi per tutte le tasche, e che racconta di come abbia dovuto lottare a lungo per convincere la Farnesina a togliere lo Sconsiglio. Alla fine, ce l’ha fatta.

Gli spettacolari fondali di Ras Mohamed

Salvatore dice che ne vale la pena. Seicento euro per una settimana, in un posto di lusso come questo, sono quasi un regalo. Salam ha accompagnato due signori di Brescia, ma dice che secondo lui gliel’hanno pure regalata la vacanza. Suo cugino Dariwsh, invece, l’hanno mandato a casa «perché l’Harem ha chiuso». E il direttore alberghiero Paolo Russo spiega come siano tantissimi i locali chiusi: «Negozi, ristorante, business individuali. Sono passati solo 15 giorni, ma la realtà è che pochi hanno avuto la forza di sopportare una crisi che si annuncia lunga due o tre mesi». Dice: «A Sharm si contano sulla mano gli alberghi aperti e Valtour ha chiuso. E Vera Club ha chiuso». Sono rimasti aperti solo quelli che avevano gli inglesi, e Philip John Jenkins spiega che ne valeva la pena, «perché i prezzi erano bassissimi, ti trattano come un Dio, e il posto è più bello del solito». Da domenica si aggiungeranno i Russi. Può darsi che abbia ragione Philip: «è una occasione da non perdere».

Però, sul far della sera, c’è questa strana sensazione, di un mondo staccato dal resto del mondo, con i giardini curati di fresco, le aiuole tutte pettinate, come le avessero messe a posto per una sfilata, e le palme e i fichi e i melograni che si scuotono appena nel respiro del mare, davanti alle luci dei negozi aperti, con i commessi affacciati sulla soglia a guardare quest’imbrunire, tra le vetrate del supermercato twenty four illuminate a giorno, senza neanche un cliente che si fermi tra gli scaffali pieni di roba.

I negozi sono vuoti, come quasi tutti i ristoranti rimasti aperti, o come l’Hard Rock Caffè, dove si trovavano a mucchi i giornalisti quando venivano qui per lo squalo, o per cercare Mubarak, che ha la sua villa di fronte al Coral Bay, o per qualsiasi altra notizia.

Ci sono le luci, e c’è un ordine perfetto, quasi irreale, anche nella città vecchia, dove c’è il mercato, e tra le strade di Naama Bay, che tagliano il deserto riempite di boutique e di alberghi chiusi. Senza la confusione dei turisti, questo posto non ha nemmeno la melanconia della Rimini d’inverno. Però Salvatore tira un gran sospiro e stasera si fa una partita di poker: «Non fa nemmeno caldo, è tutto perfetto. Non mi devo neanche sentire in colpa che non faccio il bagno…».

L’EGITTO, IL CORAL BAY ED ERNESTO PREATONI

Una bella foto aerea del Domina Coral Bay

Il Cairo, Alessandria e le altre città infuocate dell’Egitto sono lontane dal Mar Rosso e da Sharm El Sheik si lancia un segnale distensivo, un invito per la ripresa del turismo.
Lunedì 21 il ministero degli Esteri ha cancellato l’appello a non recarsi in queste località e solo quattro giorni dopo è partito dall’Italia il primo volo, carico di giornalisti delle principali testate italiane e straniere, proprio per Sharm El Sheik.
A lanciare la sfida è l’imprenditore lombardo Ernesto Preatoni, l’«inventore» del paradiso sul Mar Rosso. É stato il fondatore del grande e lussuoso villaggio turistico Domina Coral Bay ad organizzare tutto, a poche ore dal via libera della Farnesina e con il contributo di Meridiana Fly, leader dei voli tra l’Italia e il Mar Rosso.
Week end a Sharm, dunque, dal venerdì alla domenica, per il gruppo di giornalisti che potrà vedere ( da lontano) anche la casa dove sembra che si sia rifugiato il rais Hosni Mubarak, in precarie condizioni di salute.
Si trova proprio di fronte alla villa di Preatoni, che per sabato ha anche provveduto ad organizzare un incontro della stampa con il Governatore del Sud Sinai, il generale Mohamed Abdel Fadeel Shousha.
L’idea è quella di un evento per festeggiare la fine della sospensione dei voli, iniziata con lo «sconsiglio» di fine gennaio della Farnesina e la riapertura di strutture e villaggio del Domina Coral Bay, che sono rimaste operative anche se deserte, perchè il gruppo non ha licenziato nessun lavoratore.
Il blocco del turismo su Sharm El Sheik ha messo a repentaglio qualcosa come 20mila posti di lavoro e un fatturato da 8 milioni di euro a settimana, ma ora gli operatori turistici si preparano a ripartire, contando soprattutto sulle vacanze pasquali.

Il bellissimo ingresso del Domina Coral Bay

Tour operator e agenzie di viaggio hanno però deciso di attendere fino a venerdì 4 marzo prima di riprendere in pieno la programmazione dei viaggi e le partenze per il Mar Rosso, come ha spiegato la presidente di Fiavet (la Federazione delle agenzie di viaggio), Cinzia Renzi. Preatoni, con il consueto dinamismo e quella che definisce lui stesso una punta di «follia costruttiva», ha deciso di anticipare tutti di una settimana, malgrado la situazione soprattutto a Il Cairo sia ancora molto incerta: la cacciata di Mubarak, infatti, non è bastata a sedare le proteste egiziane e i Fratelli Musulmani insieme ad altri gruppi politici organizzano manifestazioni di massa in Piazza Tahrir, chiedendo un nuovo esecutivo e di mettere sotto processo tutta la vecchia leadership, compreso lo stesso ex-presidente.
A Sharm, però, si assicura che non ci sono mai state violenze e che il contagio rivoluzionario è rimasto lontano. Prevalgono, invece, le preoccupazioni in un’area che vive esclusivamente di turismo.
Ecco, allora, la volontà di Preatoni di offrire la possibilità di una testimonianza da parte dei media sulla situazione turistica, economica, politica e sociale e le prospettive a breve, brevissimo termine.

Ernesto Preatoni

Il primo volo per Sharm el Sheikh della Meridiana Fly ha portato ieri sul Mar Rosso giornalisti delle principali testate nazionali e internazionali, perchè possano raccontare la nuova realtà e i nuovi orizzonti del turismo nella destinazione preferita dagli italiani.Il ritorno della «comitiva degli inviati» è fissato per domenica sera. Si tratta di un estremo tentativo per cambiare il trend in picchiata del settore turistico in queste località. Le prenotazioni in vista della Pasqua, che tradizionalmente sono tantissime, ora si contano sulle dita delle mani. Ma i tour operator mostrano un cauto ottimismo.
«In verità la Farnesina ha chiuso ai viaggi in Egitto le grandi città, da Il Cairo ad Alessandria, mentre la situazione è tranquilla non solo sul Mar Rosso ma addirittura anche a Luxor», spiega Alberto Corti, direttore di Federviaggio, la federazione del turismo organizzato.
Nel 2009 gli arrivi internazionali di turisti in Egitto sono stati 12 milioni e hanno generato entrate per 11 miliardi di dollari.
Secondo i primi dati forniti dal segretario generale dell’Organizzazione mondiale del Turismo (Omt), Taleb Rifai, nel 2010 gli arrivi sarebbero stati 14 milioni per entrate pari a 12.5 miliardi di dollari.
Adesso la domanda è solo una: riuscirà Preatoni a fare il suo piccolo grande miracolo?

I DIRITTI DI CHI HA RINUNCIATO ALLA VACANZA IN EGITTO

Dal sito ufficiale della Associazione Italiana degli Agenti di Viaggio ecco le direttive date alle Agenzie su come comportarsi con chi ha disdetto una vacanza in Egitto:

  • i consumatori che avessero già annullato le proprie vacanze in Egitto durante il periodo di vigenza dello “sconsiglio” hanno titolo ad essere totalmente rimborsati anche se, da oggi, lo “sconsiglio” non ha più alcun valore;

  • i consumatori che durante il periodo di vigenza dello “sconsiglio” avessero accettato una qualsiasi soluzione alternativa proposta dai T.O. sono vincolati alla scelta fatta;

  • i consumatori che durante il periodo di vigenza dello “sconsiglio” non avessero maturato idee alternative, da oggi sono vincolati alle Condizioni Generali di Contratto stabilite dai T.O. e dovranno quindi partire per le loro programmate vacanza o, qualora decidessero di annullare, saranno obbligati al pagamento delle penali previste.

  • nessuna penale o spesa può essere richiesta ai consumatori che avessero annullato durante il periodo di vigenza dello “sconsiglio” seppure con date di vacanza succesive alla data odierna (in cui lo “sconsiglio” ha perso il suo valore).

OH CRIBBIO, MA GLI EGIZIANI FANNO SUL SERIO!!!

Sono passati pochi giorni dalla caduta del regime di Mubarak e l’Egitto si rimette in moto!
Il turismo! Ecco quello che devono aver pensato i militari e i ministri che devono guidare il governo di transizione!
Il turismo è troppo importante per l’Egitto, diamoci da fare e facciamo in modo di non perdere la stagione turistica, anzi, vogliamo recuperare quanto perso questo mese!
Probabilmente nella loro testa c’è anche l’idea di fare bene per potersi far eleggere alle elezioni. Fatto sta che, mentre per la prima volta nella storia si sono visti i dimostranti che dopo una dimostrazione ripulivano la piazza, suscitando ammirazione da tutti i giornali del mondo, gli uomini al governo si stanno dando da fare per ripulire il paese da un altro tipo di immondizia!

Ecco quanto riportato da Autotutela, il sito ufficiale dell’Associazione Italiana degli Agenti di Viaggio:

L’articolo originale è stato modificato
Ho ricevuto cortese richiesta di rimozione da parte di uno studio legale ed evidentemente anche Autotutela ha ricevuto analoga richiesta.
Fatto sta che nomi e cognomi sono spariti e il pezzo originale è stato sostitutito da quello qui sotto riportato!
Come diceva qualcuno, non capisco ma mi adeguo

Illecito fiscale, concussione e peculato. Con queste accuse sono stati posti sotto indagine diversi importanti uomini d’affari egiziani operanti nel settore turistico, uno dei quali pare essere anche stato tratto in arresto.  Le indagini, partite dalle verifiche che l’amministrazione finanziaria egiziana ha avviato nei giorni successivi alla caduta di Mubarak, vedono al centro i personaggi più in vista del turismo locale ed internazionale.  La documentazione pervenutaci da Il Cairo fa pensare ad un’azione che durerà parecchio tempo e che colpirà ”in alto”:  per questo motivo, stamane, ci è giunta richiesta di non fornire informazioni attraverso il nostro sito su quanto sta avvenendo, questo per non recare danno alle indagini.  Considerando lo spirito di grande cambiamento che l’Egitto sta trasmettendo ai numerosi paesi che rivendicano condizioni di vita migliore, ci adeguiamo, rimandandovi a quando potremo scrivere sull’argomento senza causare danni.

 

UNA FOTO AL GIORNO: PIAZZA TAHRIR DURANTE LE PROTESTE

SI RITORNA ALLA NORMALITA’

Milano, 24 feb. (TMNews) – Il gruppo Italcementi ha riattivato i cinque impianti in Egitto che fanno capo alla controllata Suez Cement, che ha diffuso oggi i risultati 2010. E’ quanto conferma il gruppo.

L’attività era stata fermata alla fine dello scorso gennaio dopo i primi disordini nel Paese dove ora stanno rientrando anche i dipendenti non egiziani, che erano allontanati per motivi di sicurezza.

Italcementi opera in Egitto attraverso Suez Cement, direttamente controllata da Ciment Francais: si tratta del primo produttore egiziano di cemento, con circa 4.000 dipendenti e una quota del mercato locale di circa il 30%.

Durante questo periodo di stop sono stati fermati i forni e smaltiti gli stock.

GLI AMBIZIOSI PIANI TURISTICI EGIZIANI

Sviluppo di nuove destinazioni e itinerari turistici. Clicca per ingrandire

 

 

L’Egitto nei mesi che hanno preceduto la rivoluzione che ha portato alla caduta di Mubarak, aveva avviato un dettagliatissimo piano per incrementare il turismo puntando su varie pedine. La speranza è che chiunque vada al potere continui su questa strada che a mio modesto parere potrebbe far conoscere a queste straordinarie popolazioni un benessere fino ad oggi solo immaginato.
Faccio questo discorso con rabbia perchè sono italiano e noi italiani avremmo potuto fare da tempo un discorso globale di questo tipo. Purtroppo interessi personali, disinteresse dei governanti, e una serie di fattori hanno fino ad ora impedito all’Italia di avere una forte connotazione turistica. siamo uno dei paesi più visitati del mondo, ma lo dobbiamo a quello che hanno costruito i nostri antenati o alle meraviglie naturali.
Vediamo se l’Egitto, che ha un numero infinito di problemi in più dell’Italia, riuscirà in questa “faraonica” impresa! Nei prossimi giorni tornerò sull’argomento.

Storia, cultura e Mice. Sono tre gli asset su cui scommette l’Ente del Turismo egiziano per alzare la posta a livello mondiale. Obiettivo del Paese, infatti, è arrivare in un decennio a raddoppiare il numero degli arrivi internazionali, e per ottenerlo il canale scelto è valorizzare sia l’Egitto classico che le nuove possibilità di turismo, non solo leisure, che offre il Paese, alleggerendo il peso del Mar Rosso sullo share complessivo degli arrivi.

Una linea d’azione che si sviluppa in più mosse. Da un lato, un intervento promozionale forte sul consumer, con una campagna di impatto fortemente emozionale che ruota sul claim “L’inizio di tutte le storie. Anche la tua”. Dall’altro un rafforzamento del rapporto con tour operator e agenzie di viaggi, per cementare la partnership e offrire un pacchetto di nuovi prodotti da commercializzare. In particolare, sull’Italia si è concluso da poco il workshop dedicato al trade ‘The other Egypt’, un viaggio attraverso proposte alternative per  turisti, con itinerari inediti e circuiti in zone meno battute.

Accanto al turismo culturale, il Paese gioca la carta Mice. La sviluppo di nuove aree, da Luxor ad Aswan a Taba e la nascita di nuove strutture a 5 stelle dotate di sale per meeting e congressi sono il passaporto per attrarre il mercato degli eventi in Egitto. Il Paese si è inoltre dotato di nuovi spazi per accogliere congressi di livello internazionale, come il Congress center del Cairo, a cui si affiancano la rinata Biblioteca Alexandrina di Alessandria, il Maritim Sharm El Sheikh international congress center e il Port Ghalib international congress center.

Per far innamorare gli italiani dell’Egitto classico basta mandarli a Torino. La città ospita, infatti, il Museo Egizio più importante del mondo dopo quello de Il Cairo, e chi lo visita viene preso dal desiderio di conoscere meglio il Paese. A maggior ragione, questo accadrà a partire dal 2011, quando avrà termine la prima parte dei lavori per il rinnovamento del museo e si troverà nuovo spazio per i 4mila nuovi reperti che lo Stato ha conferito alla Fondazione Antichità Egizie di Torino, che si aggiungono ai 6.500 oggetti già esposti oggi.

CREMA DI MELANZANE, CREMA DI CECI E PANE AZZIMO

Questa volta ti metto un link a una ricetta particolare
Crema di melanzane, crema di ceci e pane azzimo

Buon appetito!!!


 

POLITICAMENTE PARLANDO

Già una volta ho detto che parlare di Egitto in questi giorni senza parlare di politica, è come parlare di dolci senza parlare di zucchero!
Anche se questo blog continuerà ad occuparsi esclusivamente di turismo, ritengo importante segnalare i principali avvenimenti politici, che nostro malgrado avranno un peso determinante sul turismo in questa regione del mondo!
Quindi day by day creerò un post nel quale segnalerò le notizie politicamente importanti nella giornata, sperando di non annoiarvi troppo!

NOMINE DI NUOVI MINISTRI

(ANSA) – IL CAIRO, 21 FEB – Otto volti nuovi, alcuni dei quali appartenenti a partiti d’opposizione, sono entrati a far parte del governo egiziano presieduto dal generale Ahmed Shafiq (a destra nella foto), in un rimpasto che ha sostituito i ministri nominati da Mubarak prima di lasciare il potere o ha riempito posti rimasti vacanti. Risulta anche che numerosi altri aderenti a forze d’opposizione abbiano rifiutato di entrare nel governo. Al posto di vicepremier e’ stato chiamato il docente di diritto Yehia el Gamal.

E ANCORA SUI NUOVI MINISTRI

IL CAIRO (Reuters) – L’Egitto ha nominato un membro del partito liberale di opposizione Wafd ministro del Turismo, con una decisione senza precedenti, ha riferito l’agenzia stampa Mena.

Mounir Abdel Nour, segretario generale del partito Wafd, ha accettato di entrare a fare parte del governo ad interim, sempre secondo quanto riferito da Mena.

“Accettare la posizione è un dovere nazionale per fare andare il cambiamento nella giusta direzione”, ha detto Abdel Nour all’emittente tv Mehwar, dice l’agenzia.

Wafd rappresenta tradizionalmente il bastione dei liberaldemocratici in Egitto, ma negli ultimi anni il partito ha dato l’impressione di lasciarsi cooptare dal governo di Hosni Mubarak, rovesciato lo scorso 11 febbraio.

Mena riferisce che l’incarico di vicepremier è stato affidato a Yehia El Gamal. Cancellato, invece, il Ministero dell’Informazione, che era guidato da Anas Fiki, ora sotto inchiesta.

Mohamed El Sawy, che ha un popolare centro culturale al Cairo, è stato nominato ministro della Cultura. Ministro dell’Immigrazione è Georgette Kalini, Ahmed Gamal el-Din va all’Educazione e Omar Salama alla Ricerca scientifica. Mena precisa che non sono invece cambiati i ministri di Interno, Giustizia e Affari esteri.

CHE CI FA IL CUGINO DI GHEDDAFI A IL CAIRO??

(ANSA) – IL CAIRO, 21 FEB – E’ giunto con un volo speciale al Cairo Ahmad Gheddafi El Dam, cugino di Muammar Gheddafi e emissario speciale del ‘colonnello’. Lo riferiscono fonti dell’aeroporto. Nel frattempo l’organizzazione egiziana per i diritti umani ha fatto appello al Consiglio supremo delle forme armate e al governo di rimpatriare i cittadini egiziani residenti in Libia viste le violente proteste in corso. L’ong ha riferito che negli scontri un egiziano e’ rimasto ucciso e numerosi altri sono stati feriti.

MOUSSA SI CANDIDA PRESIDENTE??

Madrid, 21 feb. (TMNews) – Le rivolte popolari che hanno portato al cambio di regime in Tunisia e Egitto avranno “Un’influenza enorme” su tutto il mondo arabo e cambieranno tutto. Lo afferma in un’intervista a El Pais il segretario generale della Lega Araba Amr Moussa.

“Venti di cambiamento soffiano per tutto il mondo arabo e il vicino oriente. L’ingluenza della grande rivoluzione egiziana e di quella tunisiana sarà enorme”.

Nell’intervista Moussa, 74 anni, conferma di non escludere la possibilità di candidarsi alle presidenziali egiziane. E per quanto riguarda Mubarak, Moussa non si sbilancia su un possibile processo contro l’ex presidente. Al momento, dice, “si è ritirato e va trattato come un ex presidente, col tutto il rispetto. Se poi ci saranno elementi contro di lui si vedrà”.

PARE CHE MOUSSA SAREBBE APPOGGIATO DAL 49% DEGLI EGIZIANI

Il 49% degli egiziani considera il Segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, la persona piu’ indicata per la presidenza del paese, dopo le dimissioni di Hosni Mubarak sotto le pressioni di lunghe proteste. E’ quanto emerge da un sondaggio realizzato da YouGov Siraj. Solo il 2% sostiene Mohammed ElBaradei.

L’ex direttore generale dell’Aiea e Premio Nobel per la Pace, e’ considerato leader in pectore dei riformisti egiziani rientrato in patria per partecipare alle proteste anti-Mubarak.

L’ex vice presidente Omar Suleiman ottiene il 9%. Altri potenziali candidati includono il Premio Nobel Ahmed Zewill, con il 13% e il rivale di Mubarak nel voto del 2005, Ayman Nour, che ottiene solo l’1%.

“Il sostegno nei confronti di Moussa appare diffuso, e’ interessante notare che Suleiman abbia anora qualche sostenitore” afferma Sundip Chahal, capo esecutivo di YouGov.

”Se il sostegno a Sulieman e’ ancora a questi livelli – conclude – nonostante fosse membro del governo Mubarak, questo gli darebbe una solida base per valiutare una sua eventuale candidatura” alle prossime elezioni.

CHI E’ AMR MOUSSA?

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Napolitano Moussa.jpg

ʿAmr Mūsā con Giorgio Napolitano

ʿAmr Mūsā, spesso chiamato dai giornali Amr Moussa è un diplomatico egiziano, attuale Segretario generale della Lega araba dalla sua elezione nel maggio del 2001. È un ex ministro degli esteri egiziano.

Servì come ambasciatore in India per il governo del Cairo nel 1967 e come ambasciatore egiziano alle Nazioni Unite nel 1990. Fu eletto ministro degli esteri nel governo Ganzuri nel 1991 e rimase in questa posizione fino al 2001.

Durante il suo incarico come ministro degli Esteri, Mūsā criticò la politica estera degli Stati Uniti e le sue relazioni con Israele.

Gli oppositori dellex presidente egiziano Hosni Mubarak sostengono che la nomina di Mūsā alla carica di segretario generale della Lega Araba sia stato motivato dal desiderio di Mubarak di allontanarlo dalla vita politica egiziana.

Nel 2004 una comunità online ha raccolto decine di migliaia di firme che richiedono la candidatura di Mūsā alle elezioni del 2005, sebbene non vi sia stata alcuna risposta. In un forum televisivo, il Dibattito di Doha trasmesso dalla BBC nel 2006, a Mūsā vennero fatte domande sulle ambizioni alla presidenza. Mūsā rispose semplicemente che auspicava di proseguire nella sua serie di successi che era riuscito a portare a termine durante il suo incarico.

LA DANZA DEL VENTRE

La danza orientale produce a chi la pratica una serie di vantaggi sia fisici che psichici.

A livello psichico, essendo una danza che non pone limite di età o di peso per essere praticata, migliora l’accettazione delle caratteristiche del proprio corpo e aumenta l’autostima aiutando a liberarsi dai complessi di qualche eventuale difetto. Questa danza celebra la femminilità e la sensualità, senza nessun atteggiamento volgare: è un modo gioioso e sensuale d’incontrare il proprio corpo aumentando anche l’autostima.

Inoltre, apre la mente ad altre culture e aiuta a mettere da parte molti dei pregiudizi che la nostra società occidentale ha verso la cultura araba.

Essendo una danza che si basa principalmente sull’isolamento (mentre alcune parti si muovono le altre rimangono immobili) la danza del ventre insegna a muovere non solo il bacino, ma tutte le parti del corpo fornendo un ottimo controllo della propria muscolatura (come ad esempio braccia, torace, pettorali e spalle).

Sbloccare il bacino è fondamentale per ritrovare la postura corretta della colonna vertebrale, perciò questa danza è un vero toccasana per la schiena: rende forte e flessibile la colonna vertebrale, sia a livello lombare che cervicale, scioglie le articolazioni vertebrali, allena con dolcezza le fasce muscolari profonde dell’addome. Inoltre gli organi interni dell’apparato digerente e riproduttivo, grazie ai movimenti dei fianchi, si rilassano e ricevono un leggero massaggio, si può così ottenere qualche beneficio in caso di problemi digestivi, del transito intestinale, dei dolori mestruali e inoltre i fianchi si assottigliano, le gambe si rinforzano e il modo di muoversi acquisisce sicurezza. Anche la circolazione sanguigna migliora.

FORZA EGITTO, CE LA PUOI FARE ALLA GRANDE!!!

(ANSA) – IL CAIRO, 20 FEB – I siti archeologici egiziani, incluse le Piramidi, oltre ai musei del Cairo, Luxor e Assuan sono stati riaperti questa mattina al pubblico. Lo riferisce il ministro per le Antichità Hawass, spiegando che la polizia turistica presidia i siti. Anche le banche egiziane hanno riaperto oggi dopo una settimana di chiusura e si sono formate lunghe code di clienti. E’ ripresa l’attività di due grandi industrie tessili statali, dove l’attività era stata interrotta da scioperi dalla scorsa settimana.

Decine di turisti stranieri, tra cui alcuni italiani, sono stati i primi visitatori a varcare la soglia del museo egizio del Cairo. Accolti da rose, mentre gli artigiani stanno riparando i danni subiti durante i giorni piu’ caldi della rivolta, hanno trovato lunghi saloni insolitamente vuoti. Per garantire la sicurezza le sale sono controllate da soldati. .

DOMANI A MILANO IL PROGETTO MAR ROSSO

Una meravigliosa foto del Sinai e del Mar Rosso visti dal satellite

Il 22 febbraio a Milano si terrà un incontro fra i Paesi che hanno finanziato lo studio di fattibilità sull’opera che porterà acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, avveniristico progetto della Banca Mondiale: organizzato dal Ministero Italiano degli Affari Esteri. Ancora una volta un’azienda italiana di cui essere orgogliosi!!

Thetis è stata incaricata ad esaminare il potenziale impatto ambientale dell’infrastruttura transnazionale sul Golfo di Aqaba/Eilat (Mar Rosso). Durante la giornata verranno presentati i primi risultati dello studio arrivato circa al 70% del suo svolgimento. Iniziato a marzo 2010, i lavori si concluderanno quest’estate. Il ruolo di Thetis è stato quello di coordinare il gruppo di lavoro operando in collaborazione con istituti ed esperti nello studio del Golfo di Aqaba, quali “Interuniversity Institute for Marine Science in Eilat e Israel Oceanographic and Limnological Research” (Israele), la “Marine Science Station in Aqaba” (Giordania) ed il Prof. S. Monismith della Stanford University (USA).
La portata dell’opera che trasferirà acqua nel Mar Morto è ingente, pari a circa due milioni di metri cubi l’anno, avrà un costo di circa 10 milioni di dollari e per costruirla si renderà necessaria una significativa opera di infrastrutturazione del territorio interessato. La task force di Thetis, coordinata dal dott. Andrea Barbanti, responsabile della Divisione di Ingegneria Ambientale e del Territorio, sta ultimando in questi mesi la valutazione sull’impatto dell’opera, sulla circolazione delle acque e sull’ambiente marino del reef.
Per lo sviluppo dello studio, Thetis ha messo a frutto le sue consolidate competenze, maturate in anni di esperienza nell’ambito di progetti internazionali: l’azienda italiana è stata infatti protagonista anche dell’analisi per la valutazione delle sostenibilità delle isole nella Contea di Chongming (Cina), ha realizzato uno studio per la gestione della mobilità sostenibile a New Delhi (India) ed ha partecipato a numerosi progetti in paesi quali Croazia, Romania, Libia e Thailandia.

Quasi un anno fa in questo blog avevo già parlato di questo “faraonico” progetto! Ecco il link al mio articolo di aprile

TI CHIAMERANNO FACEBOOK!!

20 febbraio 2011

In onore delle manifestazioni che hanno costretto Mubarak alle dimissioni una piccola egiziana si chiamerà come il social network più famoso

Il web, si sa, ha avuto un ruolo determinante nelle rivolte scoppiate nelle ultime settimane in nordafrica. In Algeria prima, e in Tunisia, Egitto, Iran poi, i manifestanti hanno avuto modo grazie ai social network di organizzarsi, tenersi informati, far espandere il focolaio delle proteste, tenersi aggiornati sull’evolversi della situazione.

UNA BAMBINA DI NOME “FACEBOOK” – Una rivoluzione mediatica, e democratica, così importante che qualcuno, nel paese che fu di Mubarak, ha deciso di dare a sua figlia il nome “Facebook”. Un ventenne egiziano ha deciso di rendere omaggio in questa originale maniera a quel ruolo determinante assunto dai nuovi media nell’ambito delle manifestazioni scoppiate in Egitto e che hanno avuto come epicentro piazza Tahrir, nel cuore del Cairo. A dare la notizia è stato uno dei quotidiani più popolari del paese, Al-Ahram. Facebook Jamal Ibrahim si chiamerà la ragazza. La piccola ha già ricevuto molti doni da tanti giovani entusiasti per la sua nascita.

BOOM DEI SOCIAL NETWORK – In Egitto ci sono circa 5 milioni di utenti del social network fondato da Mark Zuckerberg, più di ogni latro paese africano o del Medio Oriente. Il mese scorso, in conocmitanza con le proteste, il numero degli iscritti è aumentato più del previsto. Dopo il 25 gennaio sono sorti 32mila nuovi gruppi e 14mila nuove pagine. Paradossalmente YouTube, Twitter, Google, o anche “fotocamera cellulare”, sarebbero stati nomi altrettanto efficaci da dare alla bambina. Sono i tanti protagonisti tecnologici delle manifestazioni. Ma è Facebook ad essere diventato il vero emblema di come i social media possano trasmettere un messaggio di libertà.