ALLARME PER I SITI ARCHEOLOGICI EGIZIANI
17 marzo 2011 1 commento
17 marzo 2011 1 commento
7 marzo 2011 Lascia un commento
1 marzo 2011 1 commento
1 marzo 2011 Lascia un commento
25 febbraio 2011 2 commenti
25 febbraio 2011 Lascia un commento
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Attraversato incessantemente da flussi di visitatori il Museo è movimento, e come tale è stato pensato. Il nuovo Museo Egizio sarà, mutevole e flessibile e costantemente aggiornabile. Il progetto nasce anche dall’intuizione di liberare il piano terra dalle funzioni ad alta frequentazione, portare gli ospiti attraverso la manica Schiaparelli nel ventre del Museo e da lì accompagnarli, con un’esperienza emozionale e culturale, velocemente verso l’alto delle gallerie restaurate.
La gestione dei flussi e degli ingressi è un importante traguardo: ci sarà la possibilità di fare entrare le scolaresche da Via Eleonora Duse, mentre i visitatori accederanno al Museo attraversando la spettacolare corte da Via Accademia delle Scienze.
L’allestimento, l’architettura e la tecnologia concorrono a rappresentare, mettere in scena, storia, cultura e fascino della civiltà egizia. Il disegno degli spazi è studiato per ottenere un sapiente allontanamento dalla città e dal presente.
Il racconto dei reperti, la coralità delle collezioni finalmente esposte per intero, il lavoro di generazioni di archeologi sono accompagnati da profonde suggestioni sensoriali. Lo sguardo del visitatore è accompagnato dalla luce al buio e ancora alla luce in un movimento circolare. Lo spettatore, dagli spazi scuri e misteriosi della corte ipogea, viene portato alla luce che gradualmente cambia ai livelli superiori, e ancora alla penombra delle tombe in un percorso ciclico come la rotazione della notte sul giorno, della vita sulla morte, del silenzio sulla festa. Da sacri luoghi sotterranei alle sale, calde di colori e infinite come i deserti della storia, allo spazio verde dell’oasi di riposo: la scenografia in costante mutamento ci porta a sentire i luoghi per potere, dalla loro storia, trarne vantaggio.
21 febbraio 2011 1 commento
16 febbraio 2011 Lascia un commento
Anche se Hawass continua con l’abituale veemenza a ripetere nelle interviste che tutto è sotto controllo, la realtà descritta su Facebook e negli altri social networks dagli archeologi che scavano nelle località attaccate è purtroppo molto diversa. In queste ore, egittologi e direttori dei musei di tutto il mondo si scambiano e-mail venate di tristezza. Sono sgomenti per il danno finora causato al patrimonio archeologico dell’Egitto e ancora più preoccupati per quello che potrebbe accadere, se il Paese non tornerà presto alla normalità e non riprenderà il totale controllo del proprio patrimonio archeologico.
Le voci dai blog
Questa la situazione nei musei e nei siti archeologici più importanti del Paese, così come viene descritta nei blog e nelle comunicazioni fra archeologi. I saccheggiatori che nella notte fra il 28 e il 29 gennaio sono penetrati nel Museo archeologico del Cairo hanno danneggiato circa 100 reperti. Nella breve visita organizzata da Hawass per tranquillizzare tutti, i danni sono stati volutamente minimizzati. Almeno 13 teche dell’Antico Regno sono state aperte e il contenuto asportato o gettato a terra. La splendida barca della tomba di Meseti ad Assyut è rotta in più pezzi.
Due mummie sono state decapitate e devastate e non se ne conosce ancora l’identità. Si teme che sia stata danneggiata anche la mummia di Tuya, la moglie di Seti I, che era ricoperta da un prezioso e davvero unico pettorale. I reperti della tomba di Tutankhamon non sono stati risparmiati. La statua che raffigura il faraone in piedi su una pantera è stata spezzata in due. Le immagini messe in rete da Margaret Maitland, che gestisce il blog Eloquent Peasant, mostrano solo la pantera, gravemente danneggiata. Di un’altra statuta di Tut sono rimasti solo i piedi.
Decine di piccole statue di legno sono state strappate dai loro supporti. In una foto si vede una teca completamente vuota, salvo i resti di un ventaglio d’oro e due scettri del faraone. Secondo Hawass, anche a Memphis, l’antica capitale del regno, la situazione è sotto controllo. Ma in base alle testimonianze il museo, che contiene numerose statue in un giardino all’aperto, è stato saccheggiato.
Caccia all’oro
A El Qantara, sul Canale di Suez, il museo che conteneva 3000 reperti del periodo romano e bizantino è stato completamente depredato. Hawass ha detto che circa 300 sono stati recuperati, ma si ignora la sorte degli altri. Un operaio che lavorava al museo ha raccontato che i saccheggiatori sono entrati dicendo che cercavano l’oro. «Ho risposto che di oro non ce n’era, e allora hanno cominciato a distruggere tutto e a portare via quello che potevano».
A Luxor e nella Valle dei Re il 30 gennaio si è veriricato un tentativo di irruzione al Tempio di Karnak, ma è stato respinto. Nelle moschee è stato detto ai fedeli di proteggere i siti archeologici e ora la situazione sembra tranquilla. Nessun tentativo di intrusione, finora, nelle tombe della Valle dei Re. La piana di Giza con le sue piramidi è sorvegliata dall’esercito e non si segnalano danni. Le cose vanno però molto peggio nelle zone più lontane dal Cairo. Ad Abusir, dove si trovano le piramidi di Sahure, Neferirkare e Nyuserre Ini, tutte le tombe sigillate sono state aperte alla ricerca di tesori.
Il sito egyptopaedia.com riferisce di danni molto gravi. Il «Sun» ha pubblicato il 1˚ febbraio la foto di una banda di ladri intenta a scavare. Miroslav Bàrta, capo di una spedizione della Repubblica Ceca, ha raccontato che il sito è stato attaccato e molti dei reperti riportati alla luce sono stati danneggiati.
Lucchetti inutili
I danni più gravi sono a Saqqara, dove si trovano la piramide a gradoni del faraone Djoser e numerose mastabe ornate da meravigliosi bassorilievi. Tutti i lucchetti delle tombe sono stati forzati, ha confermato Hawass, aggiungendo che all’interno non sono stati rilevati danni. Secondo altre fonti, la piramide di Pepi I a Sud di Saqqara è stata aperta, così come la stessa piramide di Djoser, che non è visitabile dal pubblico perché pericolante.
I saccheggiatori avrebbero svaligiato i magazzini di Saqqara, asportando gran parte del contenuto. Tra le tombe violate anche quella del tesoriere di Tutankhamon, Maya, e della moglie Merit, raffigurati insieme in una delle più belle statue ritrovate in Egitto. Per fortuna è al sicuro dal 1823 nel museo olandese di Leida.
Per chi sa bene l’inglese, link al blog di Sadi Hawass
15 febbraio 2011 1 commento
Milano, 14 feb. (Adnkronos Salute) – Sono stati gli antichi egizi i primi ortopedici della storia. Lo ha provato Jacky Finch del Centro di egittologia biomedica dell’università inglese di Manchester, dimostrando che due manufatti che riproducono degli alluci – uno in legno e cuoio conservato al Museo egizio del Cairo, l’altro esposto al British Museum di Londra – rappresentano le prime protesi artificiali create per sostituire parti del corpo mancanti. Benché siano state concepite e realizzate prima del 600 a.C., sono infatti ancora in grado di assolvere la loro funzione: ricostruite fedelmente e sperimentate su due volontari, hanno fatto le veci delle dita mancanti permettendo ai pazienti di camminare.
8 febbraio 2011 1 commento
Oltre a saccheggiare il Gift-shop e la biglietteria, alla ricerca di denaro, i vandali – tra cui forse anche alcuni guardiani del museo – sono saliti al secondo piano facendo scempio dei reperti del corredo del principe Meshenty, nomarca di Assiut nell’XI dinastia (2060 a.C circa) e distruggendo alcuni pezzi del tesoro di Tutankhamon. Tredici vetrine sono state infrante, ed il loro contenuto gettato a terra o fatto letteralmente a pezzi. Secondo le dichiarazioni del neo-ministro Zahi Hawass settanta pezzi sono stati danneggiati.
Sono state distrutte alcune mummie, tra cui forse quella del Portaventagli alla destra del re, generale di cavalleria Yuya, padre della regina Teye, moglie di Amenhotep III e nonno di Akhenaton (XIV secolo a.C.), la cui tomba venne rinvenuta intatta da Theodore Davis nella Valle dei Re nel 1905. La cosa però non è assolutamente certa: di sicuro da ciò che si vede in una è stata fatta letteralmente a pezzi una mummia che sembra essere quella di Tuthmosi II (XVIII dinastia, 1524- 1505), uno dei creatori dell’impero egizio; la testa che si intravede dietro è quella di un altro grandissimo sovrano, Sethi I, padre di Ramesse II, e uno dei maggiori faraoni guerrieri (XIX din., 1305-1290) la cui mummia – se di lui si tratta, come temiamo – era sinora le meglio conservata tra tutte le mummie reali.
Da quanto è possibile vedere dai video trasmessi di Al Jazeera e da quanto pubblicato sul sito egittologico http://www.eloquentpeasant.com tra i pezzi danneggiati si può riconoscere, in uno dei sarcofagi gettati a terra, quello in cartonnage dorato di Tuya, madre di Teye, e la copertura dorata della sua mummia, raffigurante le divinità dell’aldilà, almeno una delle quali è stata strappata via; il fatto che però la mummia non fosse conservata nel sarcofago lascia però sperare che la sua mummia non sia stata distrutta. Purtroppo è stata fatta a pezzi la statua funeraria di cedro del libano rivestita in lamina d’oro di Tutankhamon stante sulla pantera; sul pavimento restano la statuetta frantumata del felino, e la base dell’immagine del sovrano. La brutalità del saccheggio è ben evidenziata dai piedi ancora intatti, mentre le caviglie della statua sono state spezzate di netto. Si trattava di una delle più belle opere del Vicino Oriente antico.
Così un pezzo unico era fino a pochi giorni fa la statua dorata di Tutankhamon stante sulla barca di papiro. Anche qui la statua è stata strappata con violenza. Si trattava di esemplari unici, provenienti dal cosiddetto “annesso” della tomba del sovrano, con una funzione rituale, tanto che statue analoghe sono raffigurate sulla pareti della tomba di Sethi II, sempre nella valle dei re. Distruzione di opere di una tale importanza archeologica ed artistica si potrebbe forse paragonare ad un’eventuale perdita della Primavera del Botticelli per l’arte italiana del XV secolo. Si trattava inoltre di due opere molto discusse, poichè il sovrano vi era stato rappresentato con un accenno di seno, su cui gli egittologi hanno avanzato numerose ipotesi, da quella che li vorrebbe appartenenti al corredo funerario di Nefertiti o di SmenkhaRa, e riutilizzati per Tutankhamon, a quella che vi vede elementi attardati dello stile amarniano.
Sempre al tesoro del ventenne faraone appartengono il flabello in ebano ed oro il cui manico è stato spezzato ed asportato, ed i bastoni da lancio per la caccia. Come accennato, i vandali si sono accaniti sul corredo di Meshenty, celeberrimo per i modelli funerari in legno, tipici del primo Medio regno: la barca funeraria in acacia è stata sfondata con un oggetto pesante, schiantando la cabina ed i rematori, i famosi arcieri nubiani della stessa tomba non sono sfuggiti alla medesima sorte. Dopo aver infranto la vetrina, quattro arcieri sono stati strappati dalla base e gettati per terra.
Gli altri due musei importanti del Cairo, quello Copto nel Cairo Vecchio, e quello Islamico a Fustat, non sono stati danneggiati. Gravi danni sono segnalati anche altrove, a Giza, a Saqqara – dove sarebbero state danneggiate le piramidi di Djedkara – Isesi e di Pepi I (VI dinastia). Cosa si voglia intendere con danneggiate non è chiaro: temiamo che possano esser state danneggiate le pareti con due delle versioni più antiche dei “Testi delle Piramidi”; ancora danni sono stati segnalati nella tomba dell’intendente al tesoro Maya, un alto funzionario dell’epoca di Tutankhamon, i cui rilievi sono tra i più eleganti della tarda XVIII dinastia – ed ad Abu Sir. Per completezza va detto che il dottor Martin Raaven, direttore della missione archeologica olandese a Sakkara che scava la tomba di Maya, non è stato in grado di confermare i saccheggi. Nel delta orientale la folla ha saccheggiato il museo archeologico di Al Qantara, che conteneva oggetti provenienti dalla zona del canale di Suez: tremila pezzi sono stati asportati. Sono stati segnalati saccheggi anche nei dintorni di Alessandria d’Egitto, mentre nell’Alto Egitto l’esercito e gli stessi cittadini hanno protetto l’area tebana, la più vasta zona archeologica al mondo.
25 gennaio 2011 2 commenti
11 gennaio 2011 1 commento
I pezzi mancanti sono stati scoperti 130 anni dopo che Mariette scoprì la doppia statua nel 1889 a Medinet Habu. I frammenti sono stati trovati durante lavori di scavo da parte di un gruppo di egiziani sotto la direzione del Dr. Zahi Hawass, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità (SCA).
10 gennaio 2011 2 commenti
Al Central Park di New York si trova un obelisco di granito rosso ,alto 21 metri e realizzato durante la 18esima dinastia per commemorare il re Tuthmose III, nonno di Tutankhamon. Questo obelisco è uno di coppia di obelischi gemelli originariamente eretti in Heliopolis, ma poi spostati ad Alessandria, di fronte al tempio dedicato al Divino Giulio Cesare.
Nel corso del 19 ° secolo, il Khedive d’Egitto, che ha governato come viceré del sultano di Turchia tra il 1879 e il 1914, ha donato due obelischi alle nazioni industrializzate occidentali in cambio di aiuti esteri per modernizzare l’Egitto ( canale di Suez). L’obelisco di Londra è stata innalzato nel 1879, il suo gemello invece fu eretto a Central Park nel 1881. Da allora è comunemente conosciuto come “Cleopatra Needle”.
Durante la sua ultima visita a New York, Zahi Hawass, segretario generale del Supremo Consiglio delle Antichità (SCA), ha potuto appurare che l’obelisco ha severamente resistito alle intemperie del secolo scorso ma non è stato adeguatamente conservato nè sono stati compiuti sforzi per conservarlo . Questo fatto ha portato Hawass a scrivere una lettera al presidente del Central Park Conservancy e al sindaco di New York City per chiedere il loro aiuto nella cura dell’obelisco, avvisando che , nel caso non fossero state prese tutte le misure necessarie per migliorarne la conservazione, avrebbe provveduto a fare in modo di riportarlo a casa.
Questo avvertimento ha creato trambusto nella stampa americana.
“Io sono responsabile di tutti i monumenti egiziani e uno dei miei compiti è quello di monitorare il patrimonio Egitto, sia nel paese o all’estero”, ha detto Hawass ad Ahram Online . Ha continuato: “Perché uno dei principali obiettivi del mio mandato di segretario generale di SCA è stata la conservazione e protezione delle antichità egizie, ritengo necessario che io lotti per il restauro di questo obelisco”.
Hawass ha aggiunto che le foto recenti mostrano che l’obelisco ha subito gravi danni, soprattutto al testo geroglifico inciso su di esso.
Secondo il New York Post , il Dipartimento Parchi ha detto che il monumento è in gran forma per la sua età e non è in alcun bisogno di un lifting.
“Abbiamo grande rispetto per questo artefatto egiziano” Jonathan Kuhn, direttore di oggetti d’arte del New York City Parks and Recreation Department ha detto al New York Post . Ha continuato sostenendo che una relazione datata 1980 rivela che il monumento aveva già qualche danno alle iscrizioni sui fianchi, ma che il danno è stato fatto prima del 20 ° secolo.
8 gennaio 2011 2 commenti
Il segretario generale del consiglio supremo delle antichità egiziane Zahi Hawass ha annunciato che la tomba di Tutankhamon, nella Valle dei Templi di Luxor, sarà presto chiusa ai visitatori per evitare che questi la distruggano. La misura sarà applicata anche ad altre due celebri tombe di Luxor, quelle di Seti I di Nefertari, padre e moglie di Ramses II, che regnò dal 1314 al 1304 a.C.
Hawass ha spiegato che altrimenti «queste tombe sarebbero totalmente distrutte nel giro di 200 anni». Secondo l’egittologo Basaam el Shamaa «l’umidità causata dalla respirazione e dal sudore dei turisti» – in agosto le temperature superano i 50 gradi – «danneggiano le tombe».
Gli egiziani prevedono di realizzare a breve una «valle delle riproduzioni». Esperti sono già al lavoro con i laser per preparare immagini e copie esatte di interni, decorazioni e dipinti, delle tre tombe, che saranno ricostituite nei dintorni per i turisti. Le tombe originali potranno essere ancora visitate da pochissimi privilegiati, specialisti di egittologia, che però, avverte Hawass, pagheranno «biglietti d’ingresso carissimi». Scoperta nel 1922 dall’archeologo britannico Howard Carter, la tomba di Tutankhamon è ritenuta quella meglio conservata. È una delle principali attrazioni turistiche del paese. Ma, spiega Hawass, ora «è più importante proteggere la storia che il turismo».
8 gennaio 2011 Lascia un commento
29 dicembre 2010 1 commento
Un bellissimo e lucidissimo articolo di Zahi Hawass per il National Geografic. La storia del leggendario faraone Tutankhamon attraverso le testimonianze della scienza, i resoconti delle TAC e delle analisi del DNA svela, una volta per tutte, la vera storia di uno dei faraoni meno amati in vita e probabilmente per questo motivo arrivato intatto fino a noi. Tut ha veramente raggiunto l’immortalità diventando il faraone più conosciuto e studiato dell’intera storia
I resti mummificati del sovrano erano custoditi in questo sarcofago d’oro massiccio di circa 110 chili. (Clicca per ingrandire)
SOPRA: L’archeologo egiziano Zahi Hawass (a destra), discute con due esperti di DNA dopo il prelievo di tessuto osseo da una delle mummie scoperte nella tomba KV35 della Valle dei Re.
SOPRA: Il corpo di Amenhotep III venne ritrovato nel 1898 nella tomba KV35, dov’era sepolto il nonno Amenhotep II, nascosto insieme a una decina e più di altri membri della famiglia reale.
SOPRA: Fra i resti custoditi nella tomba KV35 c’era una mummia non identificata, nota fino a ieri come la Vecchia Signora. L’analisi del DNA ha accertato che questa mummia, che ancora conserva segni di una antica bellezza, era Tiye, sposa di Amenhotep III e figlia di Yuya e Tuyu, una coppia di coniugi non appartenenti alla famiglia reale, scoperti nel 1905 nella loro tomba intatta, la KV46.
SOPRA: Dalle analisi del DNA risulta che questa mummia, nota come la Giovane Signora, è sia sorella germana della mummia KV55 (probabilmente Akhenaton) sia la madre di suo figlio Tutankhamon (fra i reali d’Egitto i rapporti incestuosi non erano insoliti). La storia testimonia che Akhenaton sposò sia la famosa Nefertiti sia una donna di nome Kiya, ma di nessuna delle due era mai stato detto che fosse sorella del faraone. La Giovane Signora è probabilmente una delle cinque figlie note di Amenhotep III e Tiye.
SOPRA: Nella tomba del faraone sono stati scoperti anche un feto mummificato giunto almeno al settimo mese di gestazione (nella foto) e un altro feto più piccolo e gracile. Forse, in un caso o in entrambi, si trattava di una figlia del faraone.
SOPRA: Su un cofanetto d’avorio trovato nella probabile tomba di Ankhesenamon, figlia di Akhenaton e unica moglie nota di Tutankhamon, il faraone è raffigurato con l’amata regina e con in mano un bastone; oggi sappiamo che probabilmente gli serviva da stampella.
SOPRA: Quali che fossero i difetti congeniti di Tut in vita, di certo ha lasciato ai posteri un’immagine di sé di luminosa perfezione rappresentata nella sfarzosa maschera funebre in oro, che per gli antichi Egizi era la sostanza di cui erano fatti gli dei.
28 dicembre 2010 Lascia un commento
Nella foto: una stele funeraria romana conservata a Modena
14 dicembre 2010 1 commento
7 dicembre 2010 2 commenti
17 novembre 2010 2 commenti
Mansour Boraik, supervisore delle Antichità di Luxor, sottolinea che questa è la prima volta che si scopre una strada che va da est verso ovest, in direzione del Nilo.
È lungo questa strada, dice l’archeologo egiziano, che viaggiavano le sacre barche di Amon, re degli dei, quando una volta l’anno andava a visitare sua moglie Mut, al tempio di Luxor. Veniva anche utilizzata dal faraone per le processioni religiose.
È la prima volta che gli scavi archeologici confermano l’esistenza di questa strada, citata pealtro in molti testi antichi. Oltre le statue delle sfingi, che recano iscritto il nome di Nectanebo I, gli archeologi hanno riportato alla luce anche manufatti di epoca romana, come una pressa per l’olio e delle ceramiche. Gli scavi comunque sono ancora in corso.
17 novembre 2010 2 commenti
Questa straordinaria scoperta – come racconta History Channel – potrà fornire nuove chiavi di interpretazione dei misteri legati al faraone Djedefra, enigmatico erede di Cheope, che per rivaleggiare con il suo predecessore in sfarzo e grandezza decise di innalzare il suo monumento funebre non nella piana di Giza, ma in un luogo più vicino al sole. Furono necessari 8 anni e il lavoro di 15 mila schiavi e operai per costruire il nuovo edificio, tutto in granito rosso di Assuan, con una base di 122 metri e un’altezza di 146, quasi 8 più della piramide di Cheope. Enorme camera mortuaria, destinata ad accogliere nel passaggio all’altra vita il faraone accompagnato da schiere di servi e concubine, la piramide di Djedefra venne ricoperta da granito lucidato e da una lega di oro, argento e rame che la luce accecante del deserto faceva brillare come un altro sole sulla terra.
E adesso non resta che vedere come questo nuovo “iper luogo” si imporrà nell’immaginario collettivo. Le piramidi infatti, da sempre, sono degli aggregatori di storie e miti: non dimentichiamo che Indiana Jones, in fondo, è solo il figlio del prof. Philip Mortimer, fisico nucleare e appassionato di scienze occulte e misteri archeologici, creato nel 1946 dalla penna di Edgar Pierre Jacobs; a sua volta allievo di Hergé, l’inventore di Tintin, il grande viaggatore.
9 novembre 2010 Lascia un commento
4 novembre 2010 2 commenti
13 ottobre 2010 1 commento
11 ottobre 2010 Lascia un commento
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9 ottobre 2010 1 commento
7 ottobre 2010 4 commenti
5 ottobre 2010 2 commenti
BIRDNon è quindi un caso se l’oasi è conosciuta anche con il nome di “perla del Sinai”.
Inoltre nell’oasi vivono una grande varietà di uccelli e Feiran è una delle località più rinomate dell’Egitto per praticare il birdwatching poiché oltre alle specie che vivono stabilmente nell’area, vi sono molti uccelli migratori che transitano in particolari periodi dell’anno dal nord Europa verso il centro dell’Africa e viceversa.
L’oasi di Feiran è però molto importante anche da un punto di vista socio-storico: essa infatti è uno dei più antichi centri cristiani del Sinai. Qui si trovano le rovine di 12 vecchie chiese – addirittura gli archeologi hanno datato la costruzione di alcune di esse intorno al 400 d.C., collegandole al pellegrinaggio che molti monaci e fedeli erano soliti compiere tra il Monte Sinai e il Monastero di Santa Caterina.
È tradizione comune in Egitto indicare l’oasi di Feiran come il luogo dove Mosè e i suoi seguaci passarono durante il loro esodo verso la Terra Promessa e, sempre nell’area naturale, pare si trovi la pietra che secondo la Bibbia colpita da Mosè con il bastone cominciò a zampillare acqua fresca per dissetare i fedeli in fuga. Nell’oasi si trova anche il monte Tahoun da cui, secondo il Libro dell’Esodo del Vecchio Testamento della Bibbia, Mosè ha osservato la battaglia tra Ebrei e Amaleciti, popolazione biblica che viene ricordata coma la prima ad aver attaccato il popolo israelita. In cima alla montagna pare ci fosse una croce con i resti di una Chiesa.
L’importanza dell’oasi di Feiran per la religione cristiana si deve anche alla presenza di un antico convento – il Monastero delle Sette Ragazze. Esso è conosciuto anche con il nome di Monastero delle sette sorelle, Monastero di Feiran o Monastero di Mosè, Monastero delle sette monache o Monastero Dir Za’ir. È stato costruito nel IV secolo sul Monte Tahoun, pare nel punto dove Giosuè sconfisse Amalek, discendente ancestrale degli Amaleciti, mentre Mosè e Aronne lo sostenevano con la preghiera.
In realtà, alcune fonti storiche citano l’esistenza della comunità cristiana di Feiran fin dal II secolo (quindi prima della costruzione del monastero) e ci sono riferimenti ad anacoreti (i primi dei monaci) che vivevano nella zona nel 365 d. C.
La costruzione del monastero si sviluppa intorno ad un pozzo e a piccole abitazioni in pietra. Accanto al monastero di può visitare la vecchia sede del vescovo del Sinai che ha risieduto qui fino al VI secolo. Un recente scavo archeologico ha portato alla luce le fondazioni, parte del pavimento originario, al parete di una cappella interna e gli edifici che formavano la casa del vescovo.
L’oasi di Feiran nel libro della Genesi nella Bibbia è indicato come il posto il cui vagò Agar, dopo essere stata espulsa da Abramo dalla comunità cristiana.
Per raggiungere il monastero bisogna passeggiare lungo dei sentieri sterrati che costeggiano i resti di antiche tombe e palazzi e di antiche chiese bizantine.
Oggi il Monastero delle Sette Ragazze è sotto l’autorità del Monastero di Santa Caterina che si trova sul vicino Monte Sinai e la visita al convento è a pagamento – il ricavato è usato dalla comunità religiosa per l’assistenza alla popolazione locale.
Secondo un’antica tradizione cristiana (e islamica) è importante prendersi cura del prossimo e farlo gratuitamente e si narra che il monastero fosse la sede anche di antichi guaritori e ancora oggi qui si trova una clinica per la cura della popolazione.
Il 1 ° novembre 1994 la OEA (Organizzazione Antichità egiziano) ha chiesto di aggiungere questo alla lista dei monumenti UNESCO del Patrimonio dell’Umanità.
5 ottobre 2010 4 commenti
4 ottobre 2010 2 commenti
1 ottobre 2010 2 commenti
programma di viaggio
2° giorno
VERSO IL FAYUM
In fuoristrada partenza per l’oasi del Fayum e visita a Medinet Fayum, l’antica Crocodrilopolis dove era venerato il dio Sobek.
Proseguimento per la visita del sito di Karanis, fondato da Tolomeo II.
Pernottamento al Fayum.
3° giorno
WADI HEITAN – BAHARIYA
Partenza verso l’oasi di Bahariya lungo il Wadi Heitan, la “valle delle balene”, dove sono stati ritrovati quasi 400 scheletri di Basilosauro.
Prima di Bahariyah visita di Gebel Dist: cimitero dei dinosauri.
All’arrivo breve passeggiata alla scoperta dell’oasi, che si trova in una depressione di circa 2000 km quadrati.
Pernottamento in hotel.
4° giorno
BAHARIYA
Giornata dedicata alla visita dei siti archeologici dell’oasi, tra i quali la collina di Qarat Qasr Selim con le tombe di Bannentiu e di Djed-Amon-ef-ankh (26ma dinastia), Ain El Muftella dove si trova la grande cappella del re Amasis (XXVI dinastia; 569-526 a.C.), il tempio di Qasr el-Migysbah, dedicato ad Alessandro Magno, l’unico in tutte le oasi, ed al Museo dove si trovano alcune delle “mummie dorate”, una delle più recenti e importanti scoperte archeologiche in Egitto. Trovate casualmente da un asino inciampato in una buca, sono esposte nel museo locale solo alcune delle moltissime mummie rinvenute. Ricoperte di bende e cartonnage dorato e dipinto rappresentano una straordinaria fusione di elementi artistici egizi e dettagli stilistici romani.
Pernottamento in hotel.
5° giorno
DESERTO BIANCO
Partenza per il Deserto Bianco, un paesaggio unico e surreale di formazioni rocciose, che si sono formate con l’erosione del vento e la scomparsa delle acque interne, e che assume diverse colorazioni a seconda dell’inclinazione dei raggi solari. Questi calcari, formati da resti di microrganismi e alghe unicellulari, si depositarono quando il mare ricopriva questa zona nel Cretaceo, osservando le rocce si possono trovare facilmente fossili di conchiglie e di ricci di mare.
6° giorno
FARAFRA – DAKHLA
Partenza attraverso questa spettacolare zona di deserto fino a giungere all’oasi di Farafra. Conosciuta ai tempi dei Faraoni come la Terra della Mucca, l’oasi è la più isolata fra quelle egiziane. La parte più vecchia del villaggio, adagiato sui resti dell’antico sito di Qasr Farafra, è vicina ad un palmeto.
Breve visita e proseguimento per Dakhla. Pernottamento in albergo.
7° giorno
DAKHLA – KHARGA
Visita dell’oasi di Dakhla: sito di Deir el Hagar con il tempio di Amon e Amonet, El Qasr per visitare l’antico centro, Qila el Dabba con le “tombe dei governatori”, la tomba litica di Kitines.
Proseguimento per l’oasi di Kharga.
Pernottamento in albergo.
8° giorno
KHARGA
L’oasi di Kharga è la più importante del deserto occidentale per le sue notevoli dimensioni, abitata da oltre 60.000 persone. In questa oasi sono visibili numerosi resti storici, come il Tempio di Hibis, uno dei rari esempi di epoca persiana, con immagini di Dario I che rende omaggio alle divinità egizie. Presso il tempio si trova la necropoli di Bagawat con le sue 263 cappelle in stile copto, di cui alcune decorate.
Visita anche a Qasr el Gueita.
9° giorno
KHARGA – LUXOR
Partenza verso Luxor, con sosta alla piccola oasi di Baris, un tempo importante centro carovaniero sulla “pista dei 40 giorni”, e al sito di Dush, insediamento tolemaico-romano di Kysis, dove si trovano una fortezza romana, due templi e una necropoli del IV sec. d.C.
Arrivo a Luxor.
da Roma in camera doppia: € 1.980
LA QUOTA COMPRENDE
La quota non comprende
Tasse aeroportuali italiane e egiziane da quantificare all’emissione del biglietto, mance, bevande, extra di carattere personale, quanto non specificato in programma.
Partecipanti: minimo 15 persone
INFORMAZIONI e PRENOTAZIONI
in esclusiva presso le agenzie MIP
programma di viaggio
1° giorno
ROMA – IL CAIRO
Partenza con volo di linea per il Cairo. Sistemazione in albergo.
da Roma in camera doppia: € 1.980
LA QUOTA COMPRENDE
La quota non comprende
Tasse aeroportuali italiane e egiziane da quantificare all’emissione del biglietto, mance, bevande, extra di carattere personale, quanto non specificato in programma.
Partecipanti: minimo 15 persone
INFORMAZIONI e PRENOTAZIONI
in esclusiva presso le agenzie MIP
1 ottobre 2010 2 commenti
Incipit dell’articolo LE TOMBE NASCOSTE DI ASSIUT stampato sul n. 143 di ARCHEOLOGIA VIVA in edicola
1 ottobre 2010 Lascia un commento
30 settembre 2010 Lascia un commento
Il Tempio di Debod costituisce una delle poche testimonianze architettoniche egizie conservate integralmente oltre i confini egiziani e l’unico edificio nel suo genere in Spagna.
Costruito nel IV secolo a.C., fino a pochi decenni fa, il tempio era ubicato nell’Egitto meridionale, nei pressi della prima cataratta del Nilo e del grande centro religioso della dea Iside sull’isola di File.
Questo tempio egizio fu donato alla Spagna nel 1968 in segno di ringraziamento per l’operato della missione archeologica spagnola che aveva collaborato al salvataggio dei templi della valle della Nubia dalla minaccia d’allagamento rappresentata dalle acque della diga di Assuan.
La sua costruzione cominciò all’inizio del II secolo a.C., per volere di Adijalamani, sovrano del paese limitrofo di Meroe, che eresse una cappella consacrata agli dei Amon e Iside. In seguito diversi re della dinastia tolemaica aggiunsero nuove stanze attorno al nucleo originale dell’edificio e gli imperatori romani Augusto, Tiberio e, probabilmente, Adriano, ne completarono la costruzione e decorazione.
Trasportato in Spagna pietra dopo pietra, il tempio fu al centro di un complesso lavoro di ricostruzione e di restauro. I lavori inclusero l’installazione di un impianto d’aria condizionata calda al suo interno per ricreare l’atmosfera secca tipica del clima della Nubia. In ricordo del fiume nei pressi del quale sorgeva il tempio, attorno ai tre portici d’accesso dell’edificio venna costruita una vasca d’acqua poco profonda. I lavori di ricostruzione del monumento durarono due anni e la sua inaugurazione si tenne il 20 luglio 1972.
Il tempio attuale è stato restaurato e la parti scomparse sono state ricostruite. L’edificio è costituito da una serie di stanze tutte visitabili tra cui vanno segnalate:
La Cappella di Adijalamani o dei rilievi: la stanza costituisce la parte più antica del tempio ed è conservata nel suo stato originale. La cappella è decorata con scene che rappresentano il re intento ad adorare gli dei e a offrire sacrifici. Sebbene sin dai primi tempi la cappella fosse consacrata al dio Amon, più tardi essa venne destinata al culto di altre divinità come Iside, Hathor, Osiride, Horus ecc.
Mammisi: la parola “mammisi” è di origine copta e significa “luogo di nascita”. Qui venivano infatti celebrate le cerimonie di evocazione della nascita del dio Horus. Questa sala fu l’ultima aggiunta apportata dai Romani al tempio risalente presumibilmente ai tempi dell’imperatore Tiberio (42 a.C – 37 d.C.). La costruzione rompe completamente la caratteristica simmetria dei templi egizi.
Nel muro si apre un lucernario attraverso il quale entra una luce indiretta che crea l’atmosfera adatta alla celebrazione di ceremonie del mistero.
Altre stanze del Tempio di Debod sono: il vestibulo o pronaos, l’anticamera della naos, la sala della naos, il corridoio, la cappella osiriaca e la terrazza.
Nelle fotografie:
1) Il Tempio al tramonto
2) Serie di foto del Tempio
3) Cartiglio col nome di Re Adijalamani, costruttore del Tempio
Ferraz,1 28008 Madrid
Parque del Cuartel de la Montaña
Tel.: +34 91 366 74 15
Autobus: 74
Metropolitana: Plaza de España, linee 2 e 10
Renfe: Principe Pio
28 settembre 2010 1 commento
Monastero (a sinistra) e Cattedrale (a destra) di St. Mina
24 settembre 2010 Lascia un commento
La nuova scoperta è stata annunciata nei giorni scorsi dalla storica britannica Bettany Hughes al festival letterario di Woodstock. La studiosa ha reso noto di avere partecipato recentemente alle ricerche di una squadra di specialisti che hanno sottoposto il busto di Nefertiti, l’unico memento rimasto delle regina egiziana, a un esame con lo scanner. Il busto è uno degli oggetti più noti dell’antichità, paragonato per valore e importanza soltanto alla maschera di Tutankhamen. Dentro alla statuta della regina, che morì nel 1330 avanti Cristo a un’età frai 29 e i 38 anni, i ricercatori hanno trovato così un secondo volto di pietra.
“Anche questo raffigura una bella donna”, ha affermato la professoressa Hughes, “ma non così bella come quella del primo strato. Il naso è leggermente storto, il viso più rotondo e appesantito, ci sono rughe attorno agli occhi. E’ il ritratto di una vera donna, non del suo mito”. Ora un team di archeologi si recherà nella Valle dei Re in Egitto, nella tomba in cui è sepolta la sorella di Nefertiti, per vedere se la dinastia aveva le stesse caratteristiche facciali.
La tomba di Nefertiti non è mai stata trovata. Ma la nuova scoperta sul suo vero aspetto potrebbe permettere di identificarla riesaminando un certo numero di mummie di donne sconosciute che risalgono al suo stesso periodo.
23 settembre 2010 1 commento
1 settembre 2010 Lascia un commento
30 agosto 2010 Lascia un commento
Il nome greco romano di el-Alamein era Locassis, che vuol dire “conchiglia“, e le fu dato a causa del colore bianco della sabbia. Qui veniva adorata Afrodite, la dea dell’amore e le statue della dea ritrovate sul luogo la mostrano mentre emerge da una bianca conchiglia, proprio in riferimento al nome dell’antica città.
30 agosto 2010 Lascia un commento
28 agosto 2010 3 commenti
Uno straordinario porta unguenti in alabastro
25 agosto 2010 3 commenti
24 agosto 2010 Lascia un commento
17 agosto 2010 Lascia un commento
(Clicca sulla cartina per ingrandire l’immagine)
13 agosto 2010 Lascia un commento
13 agosto 2010 1 commento
11 agosto 2010 1 commento
Abu Simbel è una località situata sulle sponde del Nilo, nell’Egitto meridionale, a sud dell’odierna Assuan. Intorno al 1250 a.C. il faraone Ramesse II fece costruire diversi templi, tra cui due particolarmente importanti, scavati nella roccia. L’interno del tempio maggiore, dedicato alle divinità di Eliopoli, Menfi e Tebe (Ra, Ptah e Ammone), è profondo oltre 55 m ed è formato da una serie di ambienti e di camere che conducono al santuario.
Grazie all’orientamento del tempio, due volte all’anno i raggi del sole nascente penetrano a illuminare le statue degli dei Ra-Harakhty, Ramesse e Amon-Ra, lasciando in ombra quella di Ptah. Sulla facciata si ergono quattro statue colossali (di oltre 20 metri di altezza) che rappresentano Ramesse deificato. Tra i numerosi rilievi, una serie raffigura la battaglia tra egizi e ittiti a Kadesh; frequenti pure le iscrizioni, di notevole interesse storico, come quelle che mercenari greci incisero sulla base di due statue di Ramesse nel VI secolo a.C., annoverate tra i più antichi esempi di scrittura greca. Il tempio minore, dedicato alla regina Nefertari e alla dea Athor, presenta sulla facciata statue del faraone e della sua famiglia.
I templi, che si annoverano come i più importanti monumenti dell’antica Nubia, rimasero sconosciuti al mondo occidentale fino al 1812, quando furono scoperti dall’esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt. Nel 1964 fu intrapreso un progetto internazionale per salvarli dall’inondazione del lago Nasser, il bacino che si sarebbe creato dalla diga di Assuan: con una colossale operazione archeologica e ingegneristica promossa dall’UNESCO, cui presero parte anche tecnici italiani.
I templi furono tagliati in blocchi e ricostruiti nel 1968 su un’altura a 64 metri sul livello del mare salvandoli in questo modo dall’inondazione
5 agosto 2010 1 commento
4 agosto 2010 Lascia un commento
2 agosto 2010 Lascia un commento
La cura del corpo era molto importante per gli antichi egizi.
Essi utilizzavano creme, unguenti e profumi per ammorbidire e profumare la pelle.
Le donne si schiarivano la pelle con un composto cremoso ricavato dalla biacca, disponibile in colori diversi, dalla più pallida alla più ambrata generalmente destinata alle labbra.
Evidenziavano il contorno degli occhi con il kohl nero o verde, rispettivamente estratti dalla golena e dalla malachite.
Le unghie venivano tinte così come le palme delle mani e dei piedi e a volte anche i capelli con una pasta a base di hennè.
Utilizzavano specchi, pinzette per la depilazione e attrezzi per la manicure.
I profumi (utilizzati da uomini e donne come le creme), venivano estratti da fiori, fatti macerare e pigiati. Tutte le essenze odorose avevano nel dio Shesmu il loro protettore. Venivano prodotti in laboratori associati ai templi e conservati in vasetti di pasta vetrosa, la faience.