UN FUMETTO VIETATO: METRO DI MAGDY EL SHAFEE

Può una graphic novel essere stata ritirata dal mercato, semplicemente perchè accusata di fomentare la rivolta? Intervista a Chiarastella Campanelli della casa editrice il Sirente che ha portato in Italia la graphic novel “Metro”.

 

La copertina di METRO

Metro di Magdy El Shafee è una graphic novel che tratta l’essere disadattati in un mondo che non si riesce ad accettare. Ciò che salta agli occhi è soprattutto il tratto; ben distante da un un modello accademico, è a tratti brusco e/o addirittura violento. Pensate che sia stata una precisa scelta stilistica, oppure è intrinseco al modo di fare novel dell’autore?
Il tratto di Magdy è tagliente, deciso quasi ad incidere nella Cairo dei suoi giorni (2008) delle figure che vogliono con forza entrare nella vita della gente comune, svegliarle da quel torpore, da quell’essere “come anestetizzati” in un mondo che li schiaccia, non li fa sentire liberi eppure ci vivono ugualmente, (giustamente) sempre in cerca di portare a casa il pane giorno per giorno e non in cerca di una rivolta.
Lo stile di Magdy è entrambe le cose. Intrinseco al suo modo di disegnare e anche scelta stilistica: sentiva di imprimere un messaggio forte ai suoi concittadini.

Pur essendo un capace programmatore informatico di un certo successo, il personaggio principale – Mustafà – rimarrà consapevolmente o meno in Egitto. L’ultima carrozza della metropolitana non vede a bordo Shiab e Dina; rimasti sul marciapiede a guardarsi negli occhi.
Tragica fatalità del destino a cui non ci si può sottrarre o eventi necessari affinché venga a maturarsi una consapevolezza nei propri mezzi?
Non dimentichiamo che Metro è anche una storia d’amore, Shiab e Dina rimangono sul marciapiedi a guardarsi negli occhi finalmente consapevoli del loro amore e con un bagaglio di storie ed emozioni forti appena vissute tra le loro mani, troppo concentrati a scorgere nello sguardo dell’altro il loro amore per prendere quella metro.

Metro sembra essere un’opera in cui si cerca di dare una struttura organica di ciò che sarà, senza dimenticare ciò che è stato, tentando di dimenticare ciò che si è. Quale parte di questa affermazione pensate sia corretta e quale invece pensate non corrisponda alla verità?
Penso che la prima parte dell’affermazione non sia vera. Non si cerca di dare una struttura organica per il futuro, bensì si lanciano molti messaggi e stimoli. Le restanti due sono vere. Senza dimenticare ciò che è stato, tentando di dimenticare ciò che si è, oppure lo stato in cui si è.
Senza una lira (ci sono le lire anche in Egitto) e con un governo che costringe il miglior amico a fuggire con la refurtiva e in cui non si può andare al commissariato a denunciare l’assasinio del manager e il coinvolgimento nella corruzione di una importante figura di Stato, perché tanto non verrebbe niente, piuttosto incastrerebbe il povero Shiab.

Il caso Metro – intendendo il ritiro dalle edicole e la condanna del tribunale egiziano – risale al 2008. Possibile fomentare la rivolta, attraverso una graphic nobel?
Fomentare la rivolta forse no, ma invogliare i cittadini a rendersi conto delle ingiustizie, questo si. Ben rappresentativo è il personaggio di Wannas (il personaggio preferito di Magdy), un lustrascarpe che vive la sua vita elemosinando e arrangiandosi in mille piccoli lavoretti. Questo personaggio all’interno della graphic ha una escalation e alla fine morirà in una manifestazione.
L’invito di Magdy è alla dissidenza, vuole portare un esempio di come chiunque può reagire ad uno Stato malato.

Magdy el Shafee

Se la produzione artistica dell’Egitto stava producendo le avvisaglie del moto di rinnovamento, perchè noi occidentali abbiamo continuato ad inscatolare l’Egitto – e il nord Africa in generale – nel ritrito stereotipo nord Africano; sinonimo di miseria, bazar e deserto?
(domanda difficile) In Egitto lo spirito di rivolta non è nato nei primi mesi del 2011, non è stato un avvenimento inaspettato come il caso della Tunisia.
In Egitto le manifestazioni e il malcontento sono inziati nel 2006 dove già si vedevano manifestazioni e movimenti di piazza, sicuramente di carattere quasi privato; un centinaio di manifestanti accerchiati da 300 uomini della sicurezza.
Il movimento Kifayya (“Basta!”) è nato in quel periodo ma ne facevano parte solo persone dell’elite egiziana (intellettuali, letterati..ecc). Il 6 aprile 2008, anno della pubblicazione di Metro c’è stato il clamoroso sciopero del pane, dove chi era al Cairo in quel momento ha assistito ad una città deserta come neanche nei giorni di ramadan (mese santo del digiuno), uno sciopero bianco.
Perché noi occidentali non vogliamo mai accorgerci di quello che succede nel emisfero sud del mondo. Credo che sia un fatto di pigrizia, perché siamo anestezzati dai confort e dalle facilità della vita occidentali. Quello che penso è che la primavera araba che è scoppiata nei paesi arabi in questo periodo non può passare inosservata e forse farà capire e scoprire che il nord Africa non è solo bazar e deserto.

La collana “Altriarabi” della Editrice il Sirente nasce con l’intento di riuscire a scovare quel qualcosa d’altro che è sfuggito del mondo mediorientale. Allo stato attuale quanti encomi e quanti invece moniti avete ricevuto da parte del mondo editoriale e/o artistico istituzionale?
La collana Altriarabi sul panorama letterario italiano, ha un forte valore inedito: cerca di dare a chi già conosce il mondo arabo e ai curiosi un ventaglio di voci nuove, simili a noi più di quanto noi pensiamo, sebbene ricche di tutta la loro particolarità.
Ha ricevuto per il momento tanti encomi e apprezzamenti e nessun monito, ma purtroppo non bastano gli encomi a far funzionare le cose, il problema di tutti i piccoli editori è l’ultima parte della catena: la distribuzione ed essendo fuori dalla grande distribuzione i nostri libri non si trovano in tutte le librerie e sopratutto in quelle più grandi come Mondadori, Mel book e questo molte volte scoraggia gli acquirenti che dopo due tentativi desistono e non comprano il libro, i più tenaci alla fine ci chiamano disperati.

UN LIBRO IN SPIAGGIA: POIROT SUL NILO

Sul lussuoso battello da crociera Karnak, in navigazione sul Nilo il destino ha riunito un eterogeneo gruppo di viaggaitori. Tra di essi la personalità dominante è senz’altro l’affascinante Linnet Ridgeway, la ragazza più ricca d’Inghilterra, abituata a essere sempre al centro dell’attenzione. attorno a lei gravitano un fidanzato respinto e diversi accaniti ammiratori che se ne contendono i favori. Ciascuno dei personaggi ha però una sua storia e un suo segreto da custodire, accuratamente nascosto sotto una inappuntabile facciata di rispettabilità e di perbenismo da mostrare in società. In mezzo ai turisti c’è Poirot, una volta tanto in vacanza, ma anche questa volta il suo ozio è destinato a durare poco. A bordo del Karnak infatti, nel giro di poche ore si consumano ben due delitti e la tranquilla crociera di trasforma in una disperata caccia ad un assassino diabolicamente astuto.

Autore: Agata Christie

Formato: Tascabile
Pagine: 252
Lingua: Italiano
Titolo originale: Death on the Nile
Lingua originale: Inglese
Editore: Mondadori
Anno di pubblicazione 2002
Codice EAN: 9788804510093

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I CINGUETTII DELLA RIVOLUZIONE DIVENTANO UN LIBRO

Non sarà stato solo Twitter ad alimentare le rivoluzioni nordafricane ma di sicuro il sito di microblogging ha saputo raccontarle in presa diretta con un’immediatezza che i media tradizionali non sono in grado di eguagliare. Tanto che ora qualcuno ha deciso di fissare sulla carta quei cinguettii di rivolta e libertà, quanto meno per quel che riguarda l’Egitto. Uscirà infatti il 21 aprile, edito dalla OR Books, Tweets From Tahrir, il racconto delle manifestazioni che, dopo aver invaso la piazza centrale del Cairo, hanno portato alla cacciata del presidente Hosni Mubarak. Tutto rigorosamente a blocchi di 140 caratteri. 

Il volume infatti comprende esclusivamente i messaggi dei manifestanti postati tra gennaio e febbraio, ovvero nel pieno delle dimostrazioni. A curare la raccolta due attivisti, Nadia Idle e Alex Nunns, che hanno proposto l’idea del libro alla casa editrice. “All’inizio ero piuttosto scettico – commenta al New York Times Colin Robinson, responsabile della OR Books – perché pensavo che il materiale sarebbe stato molto frammentario. Invece alla fine dà una rappresentazione molto coerente di quello che stava accadendo”.

Un mosaico fatto dai tanti giornalisti-cittadini (o cittadini-gionalisti) che riferivano online quanto vedevano o provavano in tempo reale. Con frasi anche molto drammatiche. “Siamo a un momento critico. La controrivoluzione sta reagendo con tutta la sua potenza. Se non vinciamo raccoglierete i nostri corpi dalle pattumiere”, scriveva ad esempio @3arabawy, riferendosi alle forze governative mobilitate in piazza il 2 febbraio. O ancora, come pubblica il 25 gennaio TravellerWMohamed: “La polizia ci tira addosso le pietre mentre noi alziamo le braccia. Noi siamo indifesi, loro armati dalla testa ai piedi. Noi siamo forti, loro deboli”.

L’idea di fissare in un “instant book” il magma ancora rovente prodotto dalle rivoluzioni nordafricane sui social media l’aveva già avuta anche una piccola casa editrice italiana, Quintadicopertina, che insieme a Voci Globali recentemente ha pubblicato un libro elettronico sulla rivolta del Gelsomino in Tunisia. “Settanta chilometri dall’Italia” ripercorre gli eventi che hanno portato alla caduta di Ben Ali attraverso le testimonianze online dei tunisini.

Il libro uscirà al momento negli Stati Uniti, ma probabilmente verrà distribuito e tradotto anche in Europa

UN LIBRO IN SPIAGGIA : E DISSE

Erri De Luca è uno dei pochi scrittori italiani a raggiungere sistematicamente, con ogni libro, la cima delle classifiche. I risultati raggiunti in oltre vent’anni con una produzione vastissima che comprende romanzi, racconti, libri di poesie, opere di teatro e traduzioni, gli garantiscono l’incondizionata fiducia dei lettori. E questo vale anche per un’opera non facile, come il recentissimo «E disse» (Feltrinelli), arrivato questa settimana al secondo posto nella graduatoria dei best seller italiani. In un’ottantina di pagine De Luca riscrive la vicenda esistenziale di Mosè con una scrittura intensamente elegiaca che non cerca mai la complicità del lettore ma riesce a risvegliarne le emozioni.
Pur dichiarandosi non credente, non è la prima volta che l’autore napoletano sceglie come protagonisti dei suoi romanzi i personaggi dei testi sacri. Lo aveva già fatto ad esempio in «Penultime notizie circa Ieshu/Gesù» e «In nome della madre». In «E disse» Mosè è «il primo alpinista», colui che salì tre volte sul Monte Sinai. E al di là del significato religioso rappresentato dal Sinai, è evidente la passione quasi fisica di De Luca per la scalate: «Era allenato, rapido, il migliore a salire – scrive -. Il piede umano è una macchina che vuole spingere in su. Scalava leggero, il corpo rispondeva teso all’invito degli appigli, il fiato staccava sillabe di soffio seguendo il ritmo di una musica in testa. Il vento gli arruffava i capelli e sgomberava i pensieri. Con l’ultimo passo toccava l’estremità dove la terra smette e inizia il cielo». Ma nonostante questa abilità di rocciatore, quando viene ritrovato dai compagni Mosè è sfinito, «un corpo vuoto» incapace di ricordare. Ripete: «Chi sono?». Quella fatica, nelle parole di De Luca, assume il significato della sofferenza di un uomo che ha ricevuto il compito di guidare il suo popolo. E ubbidisce, consapevole della grandezza di chi gli impartisce i comandi. «E disse» è il verbo con il quale Dio detta il suo volere: fa, disfà, toglie e dà. Con la sua scrittura Erri De Luca riesce a rendere attuali avvenimenti persi nel tempo, e moderno il personaggio di Mosè, solo davanti alla grandezza di Dio.
E disse – Feltrinelli, pag. 89,  10,00

UN LIBRO IN SPIAGGIA: IL MANOSCRITTO DI SANTA CATERINA

Un mix di fantascienza e thriller esoterico nel romanzo del belga Willy Deweert, professore di retorica e scrittore per la prima volta tradotto in Italia.

Rizzoli propone un romanzo dello scrittore belga Willy Deweert dal titolo Il manoscritto di Santa Caterina (Le manuscrit de Sainte-Catherine, 2010), un thriller esoterico con forti venature di fantascienza. La storia si svolge in un futuro relativamente vicino e narra anche del rapporto uomo — Dio, un Dio che però può rivelarsi collerico e vendicativo.

Tutto inizia nel 2016 presso il monastero di Santa Caterina nel Sinai. Qui Hieronymus, monaco bibliotecario, riordinando una parte della vasta biblioteca trova, tra centinaia li volumi, carte, manoscritti e molto altro, un libro di una trentina di pagine. Rimane meravigliato e affascinato alla lettura del contenuto. Sembra sia stato scritto da Dio in persona. Non fidandosi degli altri confratelli decide di far leggere il manoscritto a un santo monaco copto che vive in un monastero sull’altra sponda del golfo di Suez. Ma durante il viaggio sarà ucciso e del manoscritto non si saprà più nulla. 

Successivamente l’azione si sposta nel tempo e nello spazio. Siamo nel 2018 a Cefalù, dove letteralmente vegeta il dottor Salvo D’Ambrosi. Un anno prima ha avuto un incidente d’auto nel quale è morta l’adorata figlia Flora. Quando però sul suo computer riceve un misterioso messaggio inviato proprio da Flora, si risveglia e, aiutato da una collega della figlia, decide di investigare sulle sue attività di giornalista. Poco prima di morire Flora doveva incontrarsi con un monaco. L’indagine si rivelerà molto pericolosa. I due dovranno affrontare un lungo viaggio alla ricerca della verità, un viaggio pieno di pericoli e di morte. Nel contempo l’umanità sarà terrorizzata da una serie di segni apocalittici, inviati da un Dio collerico e vendicatore…

Un brano dal testo. Dopo quattro giorni di cammino estenuante, nel cuore di un paesaggio frastagliato, la sera di lunedì 26 dicembre decise di passare la notte in una delle tante grotte scavate nella roccia. In tutto il giorno non aveva incontrato anima viva. Si sistemò il più confortevolmente possibile, aprì lo zaino e si rifocillò con un po’ di pane e formaggio. La riserva d’acqua cominciava a scarseggiare; l’indomani avrebbe raggiunto un pozzo dove avrebbe riempito l’otre. Stava per avvolgersi nella coperta quando percepì una presenza. Una sagoma si stagliò all’ingresso della grotta. La illuminò con la torcia: Maximos! Come aveva fatto a seguirlo? Non gli aveva mai visto un viso così astioso. «Allora ce la siamo squagliata!» La familiarità di quell’approccio non augurava nulla di buono. Hieronymos non provò nessuna inquietudine. Fissò il suo collaboratore.
«Cosa vuoi, Maximos?»
«Il tuo zaino.»
«E se rifiutassi?»
«In tal caso, peggio per te. Ne ho già viste abbastanza, provvederò da solo. Quello che hai nascosto sotto la tonaca quando cercavi il Panegirico di Efrem deve essere tanto prezioso, altrimenti non avresti rischiato la vita per portarlo Dio sa dove. Dammelo. Non costringermi a ucciderti.» Stupefatto, Maximos vide i tratti di Hieronymos trasformarsi, irradiare una luce sovrannaturale. Il vecchio bibliotecario sorrise e mormorò: «Sia fatta la tua volontà». Maximos raccolse da terra una pietra pesante e gli fracassò il cranio. Si impossessò del «Libro», afferrò il copricapo di Hieronymos, se lo calcò in testa e fuggì nella notte senza degnare di uno sguardo la sua vittima.

L’autore. Willy Deweert ha insegnato retorica nel collegio gesuita Saint-Michel di Bruxelles e vive in Belgio. Questo è il suo primo romanzo tradotto in italiano. Tra gli altri bestseller in Francia e in Belgio, ricordiamo Les allumettes de la sacristie, Mystalogia e Le prix Atlantis.

La quarta di copertina. Sinai, 2016: padre Hieronymos, il saggio bibliotecario del monastero di Santa Caterina, scopre per caso un antichissimo manoscritto di una trentina di pagine. Non corrisponde a nessuna opera conosciuta, e di lettura in lettura Hieronymos si convince della sua eccezionalità. Intende farlo esaminare a un santo monaco del monastero copto di Sant’Antonio, sull’altra sponda del golfo di Suez, ma non arriverà mai a destinazione. A Cefalù, Salvo D’Ambrosi, celebre chirurgo, vegeta in casa della sorella dopo aver perso la memoria nell’incidente d’auto in cui, un anno prima, è rimasta uccisa la figlia Flora, giornalista investigativa. Quando sul suo computer appare un messaggio lasciato da Flora, Salvo torna improvvisamente alla vita, e si interroga proprio sulla morte della figlia. Si è trattato di un attentato, legato alle inchieste di Flora? Tiziana, una collega giornalista, gli racconta che Flora avrebbe dovuto incontrare un sacerdote riguardo a un misterioso manoscritto. Per una strana coincidenza, anche quel sacerdote è morto. Salvo e Tiziana cominciano così un viaggio insanguinato alla ricerca della verità, tra l’Egitto e Washington, tra Panama e Heidelberg. Intanto, l’umanità è terrorizzata da una serie di segni apocalittici, inviati da un Dio collerico e vendicatore.

Willy Deweert, Il manoscritto di Santa Caterina (Le manuscrit de Sainte-Catherine, 2010)

Traduzione Stefania Ricciardi, Rizzoli, collana Rizzoli best, pagg. 363, euro 18,00

DONNE CUCITE. INCHIESTA SULLA MUTILAZIONE GENITALE FEMMINILE

Donne cucite tratta di storie raccontate direttamente dalle donne che hanno vissuto l’esperienza drammatica dell’infibulazione.

L’opera raccoglie dati e informazioni storiche, forniti delle esperienze soggettive e dagli episodi a cui ha assistito personalmente l’autrice, tali da mettere il lettore nelle condizioni di comprendere meglio l’atmosfera culturale tanto distante e complessa all’interno della quale si compiono dei veri e propri abusi. Le protagoniste principali delle storie sono bambine, mamme, donne e le mammane dell’infibulazione (cioè coloro che la compiono di fatto), persone che Sabrina Avakian ha incontrato nel corso del suo lavoro.

Il libro vuole documentare l’origine dell’infibulazione, ma soprattutto vuole dar voce alle bambine mutilate e deturpate emotivamente per essere accettate dalla famiglia, dalla comunità e dai loro futuri mariti: bambine sane, belle, creative ed entusiaste di vivere, che vengono strappate ai loro giochi e sottoposte a una pratica che invade profondamente la loro intimità.

Nonostante l’esistenza di strumenti internazionali come la Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme d’intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo, basata sul fatto che le credenze culturali e religiose in cui un minore cresce non devono ledere la sua integrità fisica o psicologica, il numero delle bambine infibulate, tutt’oggi, è ancora molto alto.

Un saggio-reportage che è un’accorata denuncia e insieme un tentativo di sensibilizzazione culturale.

Acquista il libro online

Sabrina Avakian

Sabrina Avakian nasce ad Addis Abeba (Etiopia) da madre italiana e padre armeno. La sua appartenenza a un gruppo minoritario decimato da un genocidio dimenticato dal mondo la porta a lavorare nel settore della Giustizia e dei Diritti Umani per dar voce ai più “deboli”. Nel marzo del 1993, dopo la Laurea in Scienze della Formazione e diversi Master e corsi di specializzazione nel settore psico-pedagogico e Diritti Umani svolti in ambito europeo, inizia a lavorare con l’ONU nel settore umanitario. Nel 1989 si dirige come volontaria ai confini con il Sudan, dove si occupa di alfabetizzazione per minori e donne. Successivamente, nel 1995, inizia a operare nelle missioni di pace ONU occupandosi di Diritti umani: si reca in Angola, Mozambico e Capoverde, Tanzania, Ruanda, Darfur, Somalia, Somali Region (Etiopia), Kosovo, Macedonia. In ambito europeo ha lavorato nel settore umanitario anche in Italia, dedicandosi prevalentemente a prevenire la mutilazione genitale femminile e alla tutela dei diritti dei minori.

Tra le sue pubblicazioni: Bambini al Rogo (Salani); UNFPA-FNUAP – The Trajectory of Life as Internally Displaced persons in Angola (Fertility-Mortality-Migration-Gender. etc…), United Nations; UNICRI-COOPERAZIONE ITALIANA – Booklets for children in conflict with the law, United Nations; UNICRI-COOPERAZIONE ITALIANA – Ministry of Justice Angola Technical support for the elaboration of a text book on best practices and international conventions relating to youth and children.

Scrive rubriche su internet per Donna Moderna.

 

Ho parlato in questo blog anche del libro BAMBINI AL ROGO scritto dalla stessa autrice. Leggi qui l’articolo

 

UN LIBRO IN SPIAGGIA: TAXI


Un libro dedicato «Alla vita che abita nelle parole della povera gente». Taxi è un viaggio nella sociologia urbana della capitale egiziana attraverso le voci dei tassisti. Una raccolta di storie brevi che raccontano sogni, avventure filosofiche, amori, bugie, ricordi e politica. I tassisti egiziani sono degli amabili cantastorie che, con disinvoltura, conducono il lettore in un dedalo di realtà e poesia che è l’Egitto dei nostri giorni. «Taxi è un’articolata e divertente critica alla società e alla politica egiziana» dice Mark Linz, direttore dell’Università Americana del Cairo, «è unico nel suo genere perché usa una buona dose di humour per trattare argomenti a cui solitamente gli egiziani  riservano un’estrema serietà».

Primo libro di Khaled Al Khamissi, Taxi, è diventato un best-seller, ristampato 7 volte nell’arco di un anno, oltre 35.000 copie vendute, in un paese, l’Egitto, dove 3000 copie sono considerate un successo.

Giornalista, regista e produttore oltre che scrittore, Khaled è nato nel novembre del 1962. Figlio d’arte, anche il padre era uno scrittore. Al Khamissi è un artista poliedrico, si è laureato in Scienze politiche alla Sorbona di Parigi. Ha lavorato per l’Istituto Egiziano per gli studi sociali. Ha scritto sceneggiature per vari film egiziani quali Karnak, Iside a Philae, Giza e altri. Scrive periodicamente articoli e analisi critiche su politica e società in diversi giornali e settimanali egiziani. E’ il proprietario e direttore della Nile production company, con la quale produce documentari, film, fiction Tv e animazione per bambini.

PER CAPIRE QUALCOSA DEI DISORDINI IN EGITTO

Arabi invisibili

Catalogo ragionato degli arabi che non conosciamo. Quelli che non fanno i terroristi
Autore: Paola Caridi

Contributi: ‘Ala  Al-Aswani
Collana: Serie Bianca
Pagine: 176
Prezzo: Euro 14,00

Premio Capalbio 2008

È probabile che George W. Bush non abbia mai bevuto una limonata alla menta. È probabile, dunque, che Bush così come la maggior parte di chi decide delle sorti del Medio Oriente e del Nord Africa non sia mai entrato attraverso la grande porta della cultura araba. Eppure quella che è una delle bevande tradizionali del mondo arabo è il sunto di una civiltà – a noi legata da intrecci invisibili lanciati lungo il Mediterraneo – che ha nel suo Dna raffinatezze e profondità dimenticate dall’Occidente.
Il mondo arabo continua anche oggi a vivere, oltre il velo dei nostri pregiudizi. In una fascia cangiante che va da Casablanca a Ryiadh si muovono milioni di arabi invisibili, schiacciati dal peso di uno stereotipo ormai imperante in Occidente, per il quale tutti coloro che hanno un passaporto mediorientale o nordafricano sono potenziali terroristi, kamikaze, seguaci di Osama bin Laden.
Il catalogo odierno degli arabi invisibili, invece, è lungo, variegato, sorprendente. Ne fanno parte ragazzi che usano Internet, professionisti educati nelle nostre università, cineasti e fior di scrittori. Se la lista degli arabi che non conosciamo fosse solo questa, però, saremmo al semplice elenco di quelli bravi, buoni e simpatici. Bisogna, invece, superare il muro, e osservare quella lunga teoria di uomini e donne a cui l’Occidente non riconosce volto e fattezze: quelli che si fanno in quattro per mandare i figli a scuola, che inondano la regione delle rimesse del loro lavoro, che fanno cultura tra le maglie della censura e opposizione tra le costrizioni dei regimi.
L’homo arabicus del Terzo Millennio compare, così, in tutta la sua complessità. I seguaci dell’islam politico – ormai la maggioranza degli elettori – chiedono democrazia e diritti civili, appoggiati dai settori laici e liberali. Le femministe più preparate indossano il velo, mentre la cultura pop dei videoclip e dei film incide sui cambiamenti sociali. I nuovi imprenditori non sono più gli sceicchi del petrolio, ma governano telefonini e tv. Finita, dunque, l’era delle odalische, dei beduini, quello che si apre a un occhio attento è un mondo ricco, alla ricerca di un nuovo rinascimento considerato imperativo. Che rifiuta con stizza lezioni di democrazia e civiltà dall’Occidente.